Stephen Hawking: un disabile? Ricordiamo prima di tutto un uomo

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Stephen Hawking ha lasciato il consorzio umano e ci piace considerarlo tra le stelle in attesa del suo destino finale. Lo scienziato è stato noto per le sue teorie astronomiche e fisiche, riconosciute in tutto il mondo. La sua biografia ci aiuta a comprendere chi è e quale la sua importante ricerca, egli ha tentato di comprendere i buchi neri e di unificare le due grandi teorie della fisica del Novecento, la relatività generale e la meccanica quantistica. Stephen Hawking nasce ad Oxford, Inghilterra, nel 1942.
Durante l’infanzia, negli studi scolastici non è eccellente, anzi si dimostra spesso pigro e svogliato. Da ragazzo, invece, è interessato ad argomenti molto diversi come la religione, la fisica e la costruzione di modellini, su cui discute con gli amici.
Si laurea, però, a pieni voti a soli vent’anni e intraprende subito la carriera universitaria: a ventitré anni ottiene il dottorato a Cambridge, dove continua ad effettuare le sue ricerche. Cerca di dimostrare, Insieme a Roger Penrose, che la relatività generale di Einstein implica che lo spazio e il tempo siano iniziati con il Big-Bang e che la loro fine sarà nei buchi neri. Questi risultati comportano che la Relatività generale debba essere unificata con la fisica quantistica. Si occupa, quindi, principalmente della forza di gravità e di come questa possa essere unificata con le altre forze fondamentali. Durante la formulazione delle sue teorie introduce nuovi concetti, come evaporazione dei buchi neri e mini-buco nero.
Per i suoi studi ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui la Medaglia Pius XI dell’Accademia Pontificia delle Scienze nel 1975, la nomina di Commander of the British Empire (CBE) e di Companion of Honour nel 1989. Gli sono stati conferiti anche diversi premi e lauree honoris causa.
La sua vita è stata tormentata fin dalla giovinezza da una grave malattia: il morbo di Lou Gehrig, la sclerosi laterale amiotrofica, che progressivamente provoca la distruzione delle cellule nervose. Combatte ancora contro questo male, diagnosticatogli quando aveva appena ventuno anni, riuscendo a sopravvivere molto più del previsto. Fu costretto a comunicare attraverso un congegno costituito da un computer parlante che si è servito di un apparecchio applicato ai suoi occhiali che emette raggi infrarossi in base ai movimenti dell’occhio e delle palpebre.
Una persona con disabilità che nessuno ha mai trattato da “ragazzo”, o avrebbe osato, senza il suo consenso, chiamare per nome oppure, come certi “burocrati”, riconoscergli il diritto al nome, alla stanza e non che cosa altro ancora. Tutti nel mondo, dal compianto papa Giovanni Paolo II, alla Regina d’Inghilterra, Sua Maestà Elisabetta II, dal mondo accademico a quello scientifico-culturale, dal Sindaco di Padova e di qualsiasi altra città o paese al Magnifico Rettore dell’Università di Padova, il chiarissimo professor Vincenzo Milanesi hanno avuto grande attenzione e rispetto per la sua dignità di uomo e di scienziato. È facile, si dirà, è un grand’uomo, ma come non ricordare che quello che si compie anche a favore del più piccolo, del più inabile, del più povero è egualmente grande eppure… Eppure si fa differenza, si trattano coloro che hanno disabilità spesso come “eterni ragazzi”, non si considerano le loro abilità, si hanno occhi solo per le loro difficoltà e ci si preoccupa di quanto costano. Mai, dico mai di quello che producono, di quello che sanno fare, di quanta ricchezza producano e di quante persone vivano grazie a loro.
Abbiamo bisogno di cambiare strada, di considerare ogni persona con disabilità come Stephen Hawking e così scopriremo che c’è sempre qualche cosa d’importante, qualche cosa che vale la pena di evidenziare e dalla quale anche ricavare soddisfazione vitale e anche qualche conoscenza.
Il cielo stellato sopra di noi è stato indagato da Stephen Hawking, ma proprio lui nell’ultima conferenza tenuta vicino a noi, alla Sala della Ragione a Padova, richiamò proprio il grande filosofo Kant sia per la sua teoria del big-bang (esplosione della nebulosa originaria) che ipotizza l’origine dell’universo, sia per la legge morale che è in ciascuno di noi e ci spinge a riconoscere che ogni nostra azione è azione anche per tutti gli altri esseri umani, se è volta al bene… fatto bene.