Steve Witkoff, ovvero come la diplomazia è diventata una trattativa commerciale

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Steve Witkoff
Steve Witkoff con il presidente eletto Donald Trump a Mar-a-Lago il 7 gennaio. Carlos Barria / Reuters

Gli accordi internazionali non sono mai stati così “business-like”: Steve Witkoff, un ex magnate immobiliare di New York è ora l’inviato speciale di Trump e sta rivoluzionando il modo di fare diplomazia, trasformando ogni trattativa in una transazione commerciale. 

Un imprenditore fuori dagli schemi

Steve Witkoff ha 67 anni e non è il solito diplomatico, la sua carriera è nata nel mondo degli affari, tra i palazzi di New York dove era solito girare con una pistola sulla caviglia (almeno nel Bronx). Witkoff ha il compito di creare le condizioni per una nuova stabilità in Ucraina e nel Medio Oriente, condizioni soprattutto economiche. Dall’arte degli affari a quella della diplomazia Per Trump, la politica è business. E chi meglio di un imprenditore come Steve Witkoff, per mettere sul tavolo le “condizioni economiche” di ogni accordo? Così, prima del segretario di Stato Marco Rubio – che ha definito Putin un “macellaio” – a Mosca ci va Witkoff. Il segnale è chiaro: prima si parla di soldi, poi di politica.

Ucraina: un affare in fase di trattativa

Nel cuore della crisi Ucraina, il suo intervento è stato decisamente di tipo imprenditoriale. In un incontro durato tre ore e mezza con il presidente russo Vladimir Putin, Steve Witkoff ha cercato di instaurare un rapporto personale e commerciale, utile a negoziare la tregua di 30 giorni di cui si parla nell’ultima settimana. L’obiettivo è ambizioso: Witkoff vuole creare le condizioni per una pausa nel conflitto, scambiando informazioni e segnali economici che possano, da un lato, dare fiducia al Cremlino e, dall’altro, garantire una stabilizzazione temporanea. Il Cremlino si è detto interessato alla tregua e ha dichiarato di aver fornito “informazioni e segnali aggiuntivi” alla Casa Bianca, ma la strada per una pace duratura passa per le condizioni che verranno richieste da Putin. 

Gaza: negoziazioni tra ostaggi e aiuti umanitari

Il teatro di Doha è il palcoscenico di un’altra importante negoziazione, quella che coinvolge Israele e Hamas. In questo contesto, la proposta di Witkoff si presenta come una sorta di contratto commerciale, in cui il prolungamento del cessate il fuoco oltre la pasqua ebraica diventa l’elemento chiave per consentire a Israele di mantenere le sue truppe nella striscia e allo stesso tempo permettere ad Hamas di guadagnare tempo senza riconsegnare tutti gli ostaggi. Secondo il piano, Israele si impegna a consentire nuovamente l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, mentre Hamas dovrebbe liberare immediatamente cinque ostaggi vivi, tra cui l’ostaggio israelo-americano Idan Alexander, e restituire i resti di altri 9 sequestrati. Hamas ha accettato le condizioni, affermando però che rilascerà solo 4 salme. Bisognerà attendere per capire se questa soluzione sia accettabile anche per il primo ministro Netanyahu, che dovrebbe consentire l’accesso dei camion di aiuti. 

Iran: un messaggio cifrato in una lettera

Non meno delicata è la trattativa sul fronte iraniano. Prima di dirigersi a Mosca, Witkoff ha fatto tappa negli Emirati Arabi per consegnare una lettera di Trump a un diplomatico del paese che dovrebbe consegnarla al leader supremo iraniano, l’Ayatollah Khamenei. Il documento conteneva i termini di una proposta in merito al programma di arricchimento dell’uranio dell’Iran, che non sta bene agli Usa. 

Il nuovo volto della diplomazia americana

Con un approccio tutto da business, Witkoff sta riscrivendo le regole della diplomazia. Le trattative, sia in Ucraina che a Gaza, vengono condotte come se fossero vere e proprie transazioni commerciali, dove ogni concessione ha un prezzo e ogni accordo è calcolato nei minimi dettagli. Resta da vedere se questo mix tra affari e politica riuscirà a portare risultati concreti o se, come in ogni grande trattativa commerciale, i numeri parleranno più delle parole. Nel frattempo, il mondo osserva con curiosità e un pizzico di scetticismo il “negoziatore dei due mondi” e la sua scommessa sul potere del business.