Per gentile concessione degli autori, tra cui la scledense Silvia Saccardo, Assistant Professor al Department of Social and Decision Sciences della Carnegie Mellon University of Pittsburgh, e un altro italiano, Osea Giuntella, Assistant Professor of Economics alla University of Pittsburgh, pubblichiamo un Abstract divulgativo della pubblicazione scientifica sui Proceedings of the National Academy of Scinges of the United States of America “Lifestyle and mental health disruptions during COVID-19″.
Stili di vita e salute mentale durante la Pandemia Covid-19 – Lifestyle and mental health disruptions during COVID-19
Gli effetti del coronavirus sulla salute mentale sono stati pesantissimi, in particolare su giovani e adolescenti, che hanno subito più di tutti il distanziamento sociale a causa dell’interruzione dell’insegnamento in presenza, e che potrebbero soffrire ancora a lungo le conseguenze mentali, oltre che economiche, di questa pandemia.
Un nuovo studio appena pubblicato online (10 Febbraio 2021) sulla prestigiosa rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) esamina l’effetto della pandemia sugli stili di vita e il benessere dei giovani. Lo studio osserva 682 studenti universitari tra la primavera del 2019 e l’estate del 2020, analizzandone l’attività fisica e il sonno – i partecipanti allo studio indossavano un fitbit – e misurandone la salute mentale e l’uso del tempo durante i vari semestri. Lo studio compara i dati degli studenti prima e durante la pandemia.
Numero di passi prima e dopo l’inizio del COVID-19
A Marzo 2020, quando nella gran parte degli Stati Uniti sono iniziati il lockdown e la didattica a distanza, il numero medio di passi è crollato da una media di 10,000 a circa 4,600 per giorno, il che significa una riduzione di più del 50%. L’attività fisica in generale è crollata di un terzo, mentre gli studenti hanno iniziato a dormire 25-30 minuti in più, svegliandosi più tardi al mattino. Drammatica la riduzione del tempo trascorso con altri studenti (2/3 in meno del normale) e l’incremento dell’uso della didattica online.
Per misurare la condizione psicologica degli studenti è stata utilizzata la CES-D, una scala di autovalutazione pensata per effettuare uno screening della depressione nella popolazione generale. È una scala che misura la frequenza di sintomi quali il senso di solitudine, l’umore depresso, la perdita della speranza nel futuro, l’infelicità. Punteggi superiori a 15 indicano presenza di depressione.
Le rilevazioni effettuate dimostrano che i cambiamenti nelle abitudini e negli stili di vita degli studenti sono stati accompagnati da un drammatico aumento dei problemi di salute mentale. La frequenza di sintomi depressivi è aumentata del 60% durante la pandemia. Ad Aprile 2020, il 61% dei partecipanti allo studio riportava sintomi di depressione clinica, con un CES-D score superiore a 15, oltre quindi la soglia di attenzione. I sintomi che hanno subito il peggioramento più marcato sono stati il senso di solitudine, la perdita di speranza nel futuro, la difficoltà di concentrazione, la continua presenza di pensieri negativi.
Lo studio illustra anche che chi è riuscito a mantenere i propri stili di vita, ad esempio effettuando un’attività fisica regolare, ha presentato minori sintomi depressivi. Motivati da questi risultati, i ricercatori hanno provato a convincere una parte degli studenti del loro campione ad incrementare la loro attività fisica, incentivando economicamente chi riusciva a compiere almeno 10.000 passi in un giorno. L’esperimento è durato due settimane. Gli studenti che hanno ricevuto l’incentivo hanno aumentato considerevolmente la loro attività fisica, tornando a un numero medio di passi simile a quello fatto prima dell’inizio della pandemia. Tuttavia, l’incremento dell’attività fisica non si è tradotto in un miglioramento della loro salute mentale.
Questi risultati evidenziano quindi delle contraddizioni: da un lato il mantenere una regolare attività fisica è fortemente associato alla probabilità di diminuire i sintomi depressivi, dall’altro l’incremento dell’attività fisica non è bastato a migliorare la salute mentale, alquanto provata dalla pandemia e dal distanziamento sociale che ne è conseguito. Si aprono quindi nuovi scenari di ricerca, valutando il ruolo di altri importanti fattori, quali l’interazione sociale e la resilienza.
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