Successo per il Lago dei Cigni. Ma è il pubblico a “dare spettacolo”…

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Il Lago dei Cigni in scena al Teatro Comunale di Vicenza
Il Lago dei Cigni del The State Ballet of Georgia, in scena ieri al Comunale di Vicenza

Pienone ieri sera al Teatro Comunale di Vicenza in occasione del Lago dei Cigni messo in scena dalla compagnia The State Ballet of Georgia. Una versione sontuosa del celebre balletto di Tchaikovsky, con un corpo di ballo impeccabile, solisti di solida preparazione (nel ruolo principale del principe Sigfrido c’era un danzatore italiano, Filippo Montanari), costumi meravigliosi, dai classici tutù bianchi dei cigni ai raffinatissimi abiti delle danze di carattere e degli invitati al ballo nel terzo atto, scenografia perfetta e suggestiva.
Insomma, uno spettacolo promosso sotto tutti i punti di vista, con il solo rimpianto della base registrata anziché l’orchestra dal vivo, perché è un po’ triste avere il golfo mistico se poi l’orchestra non c’è. Purtroppo è la solita storia della coperta corta, i soldi per la cultura sembrano sempre non bastare mai, per cui o si risparmia sui balletti o si risparmia sull’orchestra…
Ma pazienza, per fortuna la compagnia si è dimostrata di alto livello e tutti i ballerini hanno ballato nella musica senza perdere una battuta, compresi i 32 fouettes del cigno nero nel terzo atto. E chi ama la danza sa di che parlo.

Teatro comunale Città di Vicenza Gran Concerto di San Silvestro a
Foto d’archivio del pubblico al Teatro Comunale

Ecco, a proposito di chi ama la danza, se c’è qualcosa, a mio avviso, da bocciare nello spettacolo di ieri è il pubblico vicentino. Ieri ad un certo punto avrei voluto alzarmi, mettermi davanti all’uscita e prendere a cuscinate (così mi sfogavo senza fare troppo male) tutte le persone che si alzavano.
“Ma se uno ha un’urgenza, che deve fare?” Vi chiederete. Giusto, uno può avere un’urgenza, un malore, un problema. Ma un caso ci può stare. Non un via vai continuo di persone che camminano sui calli della fila (non capita mai che debbano uscire quelli seduti ai lati), si fanno luce col telefono per non cadere, si fanno aprire la porta dalla pazientissima maschera, poi rifanno il percorso al contrario. Questo è davvero fastidioso.
Che poi ieri sera è stato così dall’inizio: lo spettacolo doveva iniziare alle 20.45 e, con una puntualità degna del Covent Garden di Londra, alle 20.46 è salito sul palco a sipario chiuso il responsabile della stagione teatrale per salutare ed anticipare il programma di Danza in Rete, ha parlato due minuti, ha detto “buon divertimento” poi si sono abbassate le luci e sono sprigionate le note dell’overture del primo atto. Ed ecco che, alla spicciolata come i cagnolini coperti di fuliggine nella Carica dei 101, sono entrate almeno una ventina di persone. Troppo buone le maschere a lasciarle passare. Se lo spettacolo inizia alle 20.45 tu devi essere lì alle 20.45. Anzi, meglio alle 20.40. Il ritardo o l’arrivo all’ultimo è concesso solo se hai appena finito il turno di lavoro e ti sei scapicollato in teatro senza nemmeno passare da casa per andare in bagno, ma, e forse lo avete già intuito, i ritardatari e le ritardatarie non erano certo persone trafelate dall’aspetto scarmigliato.
Altro elemento interessante sono stati i bambini. Per un attimo mi sono chiesta che cosa ci facessero fanciulli e fanciulle in età scolare alzati dopo le nove di sera a metà settimana, poi mi sono ricordata che siamo in piene vacanze di carnevale. Quindi ottima cosa che fossero a teatro a vedere da vicino un balletto classico. Soprattutto per chi va a scuola di danza è bello poter vedere a quali risultati potrebbero portare le faticose lezioni (in realtà uno su mille ce la fa, ma non si può impedire di sognare). Però è sufficiente avere il minimo indispensabile di infarinatura sui balletti di repertorio per sapere che il Lago dei Cigni si compone di quattro atti da mezz’ora circa ciascuno. Un po’ più lunghi il secondo e il terzo, un po’ più breve il quarto. Quindi se la capacità di attenzione media di una creatura dura quanto un episodio di Peppa Pig, portarla a vedere il Lago dei Cigni non è una buona idea. Infatti tra “devo dare pipì” e noia, non si contavano i bambini vaganti. Certo, almeno i pargoli vedono al buio quasi come i gatti, quindi se devono uscire sanno come muoversi, ma quasi nessuno si arrangia da solo, e in ogni caso, sono a teatro, non al parco giochi. Per abituarli a seguire uno spettacolo meglio cominciare con cose più semplici e magari in orario pomeridiano.
Il meglio comunque il pubblico vicentino lo dà alla fine. Cioè la grande fuga al calar del sipario. Succede ad ogni spettacolo. E la serata di ieri non ha fatto eccezione. Manco il tempo che scendesse il velluto rosso sulla coppia felicemente riunita (il Lago dei Cigni può finire o con la morte della coppia o con la morte del cattivo e l’amore che trionfa, e questa è stata la scelta coreografica della compagnia georgiana) che, con uno scatto da far invidia a un ghepardo in piena caccia, una parte consistente di pubblico ha guadagnato l’uscita. Manco un applauso agli artisti, niente.
“Eh ma abito lontano” “Eh, ma uscire dal parcheggio ci vuole tempo” “Eh, ma poi recuperare il cappotto al guardaroba è un’operazione lunga”. A parte che l’ultima frase non è vera, le ragazze addette al guardaroba sono gentilissime e rapidissime, e che comunque i fuggitivi di solito hanno portato il cappotto in sala, se ti sei preso la serata per andare a teatro, non saranno dieci minuti in più di tempo a cambiarti la vita. È successo ieri, ma a Vicenza succede sempre. Più che in tutte le altre città dove sono stata a teatro.
Unico lato positivo, non c’è stata la solita serie di colpi di tosse, starnuti o schiarimenti di gola che accompagna l’inizio di molti spettacoli. Forse è ancora l’effetto post covid. Dopo il lockdown non siamo diventati migliori, ma almeno abbiamo imparato a non andare a teatro se abbiamo problemi alle vie respiratorie…