Summit per il clima del Vaticano, anche la Santa Sede suona l’allarme

85

(Adnkronos) – “Non c’è più tempo: mentre il riscaldamento globale corre verso il paventato traguardo dell’1,5 gradi in più entro la prima metà del 2030, gli effetti sono già evidenti e affliggono gravemente porzioni sempre più ampie della popolazione mondiale”.  L’allarme, questa volta, arriva dal Summit sul clima del Vaticano, che ammonisce le istituzioni e invita ad agire subito per contenere il surriscaldamento climatico come testimoniano le parole riprese da vaticavnews.va. File rouge dei tre giorni (15-17 maggio) è la stretta interconnessione tra la sostenibilità ambientale e quella sociale: spesso sono le popolazioni più povere (e per di più meno responsabili delle emissioni inquinanti) a subire le conseguenze più gravi del cambiamento climatico, a partire dai fenomeni estremi come alluvioni e siccità.  Nel Summit per il Clima al Vaticano è emerso inoltre come il cambiamento debba seguire la direzione locale e quella nazionale per avere un concreto vantaggio a livello globale.  Il Summit si è aperto presso la Casina Pio IV in Vaticano, sede delle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, dal titolo “From climate crisis to climate resilience”: tre giorni di lavoro cui hanno partecipato rappresentanti di organizzazioni internazionali, ricercatori, leaders religiosi, esperti e amministratori locali per stipulare un impegno condiviso. I lavori del summit si sono articolati attorno a quattro elementi chiave della crisi climatica: l’acqua, l’aria, il cibo e l’energia, e prevedono anche l’esame delle best practices già messe in campo dagli amministratori locali. Al termine del Summit, il risultato concreto sarà il Protocollo di resilienza climatica planetaria che sarà firmato da tutti i partecipanti. Modellato sulla falsariga di quello Montreal, il protocollo fornirà le linee guida per rendere tutti resilienti al cambiamento climatico. Il protocollo sarà sottoposto alla United Nations Framework Convention on Climate Changes (Unfccc) dove sarà sottoposto a tutti gli Stati.  Il Vaticano richiama la fatidica soglia degli Accordi di Parigi: “Quando il riscaldamento supererà la soglia di 1,5° entro il 2030, il protocollo potrà essere modificato per includere norme rigorose al fine di piegare drasticamente la curva delle emissioni e aumentare la spesa per le misure di adattamento”. L’ambizione del Vaticano è che il protocollo venga adottato universalmente sotto l’egida delle Nazioni Unite, rappresentando un faro di speranza e un modello per la cooperazione internazionale. In questo spirito di solidarietà globale, il Protocollo di Resilienza Climatica Planetaria del Vaticano si fa portavoce di un impegno condiviso, una sorta di patto morale che oltrepassa i confini e le differenze, nella consapevolezza che, quando si parla di pianeta, il futuro è uno e riguarda tutti allo stesso modo. L’approccio olistico con cui il Vaticano vuole affrontare l’emergenza climatica trova la sua più grande espressione nell’iniziativa Mast (Mitigation, Adaptation, Social Transformation), un approccio integrato con cui il Vaticano mira a rispondere alla crisi climatica attraverso tre pilastri fondamentali: mitigazione, adattamento e trasformazione sociale. Mast si propone di creare un tessuto sociale più resiliente e giusto, in cui ogni individuo, indipendentemente dalla propria situazione economica o dal livello di istruzione, possa partecipare attivamente alla lotta contro il cambiamento climatico e ai suoi effetti. Si tratta dunque di un’iniziativa che riconosce l’interdipendenza tra l’ambiente, la società e l’economia in piena ottica Esg: – Mitigazione: questo aspetto si concentra sulla riduzione delle emissioni di gas serra e sul rallentamento del riscaldamento globale. Si tratta di interventi volti a limitare l’impatto umano sull’ambiente, come le politiche di decarbonizzazione e lo sviluppo di tecnologie pulite; – Adattamento: l’adattamento si riferisce alle strategie e alle azioni intraprese per minimizzare i danni causati dai cambiamenti climatici. Ciò include la modifica delle infrastrutture, la protezione delle risorse idriche e la pianificazione urbana resiliente al clima; – Trasformazione sociale: la trasformazione sociale è forse l’elemento più innovativo dell’iniziativa Mast. Riguarda il cambiamento dei comportamenti, della governance e dei sistemi socioeconomici per promuovere una conversione ecologica e uno stile di vita sostenibile. Questo pilastro enfatizza l’importanza di interventi sociali urgenti, specialmente a livello locale, per consentire anche a chi ha meno risorse economiche e meno istruzione di rispondere ai danni climatici. In quest’ottica viene riconosciuto il ruolo centrale delle amministrazioni locali per trasformare il cambiamento climatico in resistenza climatica, come indicato dal nome stesso dell’incontro.  Al summit è intervenuto anche Housung Lee, presidente per il 2023 dell’Ippc (Integrated Pollution Prevention and Control), che ha evidenziato come la lotta al cambiamento climatico sia quanto mai complessa.  Lee ha sottolineato un aspetto poco conosciuto del climate change: gli effetti delle politiche di decarbonizzazione potrebbero essere resi vani dal contemporaneo e massiccio aumento dell’uso di dispositivi digitali che generano emissioni inquinanti. La ragione di questa preoccupazione risiede nel fatto che i dispositivi digitali richiedono un costante assorbimento di energia per funzionare, per essere prodotti e, infine, per essere smaltiti.  Lo stesso Papa Francesco si è schierato fortemente contro la “cultura dello scarto” nell’Enciclica Laudato si’ del 2015, dove viene data molta importanza al cambiamento climatico. In quella occasione, Bergoglio aveva messo in guardia sulle gravi conseguenze dell’inquinamento e sulla trasformazione del pianeta Terra in un “immenso deposito di immondizia”.
 Se l’energia utilizzata non proviene da fonti rinnovabili, l’uso crescente di dispositivi digitali può portare a un aumento delle emissioni di gas serra. Da considerare inoltre che la produzione di dispositivi digitali comporta l’emissione di gas serra durante l’estrazione e la lavorazione delle materie prime, così come durante il processo di produzione stesso e il delicato tema delle terre rare, la cui estrazione non è quasi mai sostenibile sia da un punto di vista sociale che ambientale. Un altro aspetto è il cosiddetto “effetto rebound”: miglioramenti nell’efficienza energetica possono portare a un aumento del consumo complessivo di energia a causa di una maggiore accessibilità e uso dei dispositivi. Questo fenomeno può annullare i benefici ottenuti dalla riduzione delle emissioni per unità di prodotto. Allo stesso modo, durante il Summit sul clima del Vaticano, il presidente dell’Ipcc ha spiegato che le misure per la mitigazione del riscaldamento potranno cominciare ad avere effetto, molto limitato, solo a partire dal 2030, con effetti concreti addirittura rimandati al 2100.  Da quando è stato eletto nel marzo 2013, Papa Francesco ha più volte sottolineato la necessità di salvaguardare la natura “il Creato” e le persone più deboli. Questo impegno si è concretizzato in diverse encicliche e dichiarazioni e ha preso forma nel concetto di “Casa comune” che ormai tutti associano al pontefice argentino. Una espressione che sintetizza perfettamente l’approccio olistico ricercato da Bergoglio e dal Summit sul clima del Vaticano. In base a questo concetto, la Terra non è solo un posto in cui vivere tra esseri umani, ma un luogo condiviso da tutti gli esseri umani e da ogni forma di vita. Non è solo un luogo fisico, ma anche uno spazio di relazioni, responsabilità e solidarietà.  Pensare però che l’allarme ambientale sia scattato solo negli ultimi anni sarebbe errato.  La prima menzione del rischio di una “catastrofe ecologica” da parte di un Papa compare nella dichiarazione di Paolo VI nel suo discorso presso la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) nel 1970. In quel momento, Paolo VI segnò una svolta nell’insegnamento dei Papi, introducendo una prospettiva ecologica che oggi definiamo come “ecologia integrale”, un concetto che sottolinea l’indissolubilità dell’uomo dal suo ambiente e l’importanza di considerare l’ambiente come parte integrante della nostra vita e del nostro sviluppo, poi ripreso da Bergoglio con l’enciclica del 2015. —sostenibilitawebinfo@adnkronos.com (Web Info)