Prosegue l’esperimento “Suture in Space” dopo che i responsabili sono arrivati sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) lo scorso 26 novembre.
Il progetto è coordinato dall’Università di Firenze e curato da Monica Monici, responsabile del Laboratorio Congiunto ASAcampus, a sua volta nato dalla partnership tra la divisione ricerca di ASA Srl di Arcugnano, in provincia di Vicenza, e il Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche “Mario Serio” dell’Università di Firenze (leggi qui).
Suture in Space è ora pronto per la seconda fase. I risultati del progetto, volto a studiare i meccanismi di riparazione dei tessuti e di guarigione delle ferite in condizioni di assenza di gravità, avranno ricadute di estrema utilità anche nella quotidianità terrestre.
“In una prima fase – spiega Monica Monici, Responsabile Scientifico del progetto selezionato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) – abbiamo sviluppato dei modelli di ferite suturate basati, per la prima volta a nostra conoscenza, su colture ex-vivo di tessuti umani, cute e vasi sanguigni.
Per mantenere a lungo la loro sopravvivenza e funzionalità, abbiamo sviluppato una tecnica di coltura in-vitro che ne preserva la vitalità per 5 settimane. Anche sulla Terra, questa specifica tecnica si può prestare a molte applicazioni nei campi del Tissue Engineering e della Medicina Rigenerativa, oltre che negli studi preliminari sugli effetti di farmaci. Il tutto evitando, per alcuni test, di usare i modelli animali.
Una volta preparati, i campioni sono stati inviati nello Spazio con uno scopo chiaro: aiutare a capire alcuni aspetti del processo di recupero delle ferite e di riparazione dei tessuti che gli studi ad oggi fatti sulla Terra non hanno ancora completamente chiarito.
Suture in Space ci può supportare nel comprendere meglio quali sono le disfunzioni di questi processi e, quindi, guidarci nello sviluppare nuove strategie terapeutiche che possano essere applicate nella nostra quotidianità”.
Un esempio per tutti: questo studio potrebbe aiutare a identificare le ragioni alla base del ritardo nella guarigione delle ulcere croniche oppure della fibrosi, patologie molto diffuse e con un costo estremamente elevato per i Sistemi Sanitari Nazionali.
La seconda fase dell’iniziativa consterà proprio nell’analisi dei risultati ricavati dai campioni che, dopo essere stati congelati sulla Stazione Spaziale, verranno rimandati a Terra nella prima parte del mese di gennaio.
Per avere tutti gli esiti bisognerà però attendere almeno un anno, essendo questa seconda parte a sua volta articolata in diversi passaggi: non solo dovranno essere svolti una serie di esperimenti di controllo a Terra, ma tutti i campioni biologici dovranno essere anche divisi e condivisi con i diversi gruppi di ricerca italiani ed europei coinvolti nel progetto.
“Ogni gruppo – conclude Monici che ha curato l’esperimento negli ultimi 7 anni insieme alle ricercatrici di ASAcampus Francesca Cialdai e Chiara Risaliti – ha delle
analisi specifiche da compiere su queste porzioni di tessuto. Dovremo poi raccogliere tutti i dati e creare un quadro di insieme dei risultati”.