Anche in appello sono state respinte le richieste di risarcimento di Sviluppo Cotorossi, la s.p.a. controllata da Codel.Ma. (i cui soci sono Codelfa e ICM, acronimo del vecchio Gruppo Maltauro ora, appunto, Impresa Costruzioni Maltauro) nei confronti di Paolo Crestanello, rappresentante del Comitato contro gli abusi edilizi e ambientali e per la tutela dell’ambiente, e di Giovanna Dalla Pozza Peruffo, all’epoca presidente della sezione vicentina di Italia Nostra.
La società attrice li aveva accusati di diffamazione a mezzo stampa all’epoca della costruzione del complesso residenziale Borgo Berga nell’area in cui era in precedenza lo stabilimento Cotorossi nell’ambito di un P.I.R.U.E.A. approvato dal Comune di Vicenza nel 2003.
Sviluppo Cotorossi, che ha sede a Vicenza in viale dell’Industria, nel 2017 aveva avviato in primo grado una causa civile sia contro Crestanello e Dalla Pozza Peruffo che contro Luigi Lazzaro e Adriano Battagin, legali rappresentante di Legambiente Veneto e del Circolo Legambiente di Vicenza, chiedendone la condanna in via solidale o disgiunta al pagamento di un risarcimento di 3 milioni di euro: mezzo milione per danno non patrimoniale per le diffamazioni e 2,5 milioni per danno patrimoniale da lesione di chances per la mancata e/o ritardata alienazione degli immobili residenziali.
I fatti a cui si riferiva la citazione di Sviluppo Cotorossi risalgono al 2013: il 18 luglio il Comitato contro gli abusi e Legambiente Vicenza avevano pubblicato un comunicato stampa congiunto, sottoscritto da Crestanello e da Lazzaro e a cui si era associata la Sezione di Vicenza Italia Nostra, in cui davano notizia del deposito di un esposto al Nucleo Investigativo della Polizia Ambientale e Forestale di Vicenza, in cui denunciavano il mancato rispetto da parte, nel complesso Borgo Berga, della fascia di inedificabilità di 10 metri dalla sponda dei fiumi.
Il 18 dicembre 2013, il Comitato e Legambiente avevano diramato un ulteriore comunicato stampa nel quale Crestanello e Lazzaro affermavano di essere “convinti dell’illegittimità dell’opera e determinati a chiedere la sospensione dei lavori per evitare una colata irrimediabile di cemento sulle sponde dei fiumi Bacchiglione e Retrone”, chiedevano il sequestro preventivo dei cantieri e diffidavano il sindaco a rilasciare permessi di costruzione. Il dirigente del Dipartimento Territorio del Comune di Vicenza chiedeva, di conseguenza, di fermare preventivamente la costruzione delle 14 palazzine residenziali a picco sul fiume.
Sviluppo Cotorossi, negli atti del giudizio, aveva lamentato soprattutto di essere stata diffamata con l’accusa (di fatto infondata nei termini prospettati) dei convenuti di aver commesso un abuso edilizio.
La vicenda si era protratta e complicata nell’arco di alcuni anni e le indagini avevano accertato che le irregolarità denunciate ed anche altre erano effettivamente presenti nel cantiere di Borgo Berga anche se non erano qualificabili come abusi.
Il Tribunale di Vicenza (giudice Stefania Capparello) con la sentenza n. 927 del 2020 aveva dato torto a Sviluppo Cotorossi, rigettando l’accusa di diffamazione e in conseguenza anche la richiesta di risarcimento dei danni e riconoscendo il rispetto da parte dei convenuti dei limiti del diritto di cronaca e di critica. La società attrice era stata condannata a rifondere le spese di lite (25.000 ciascuno a Crestanello e a Dalla Pozza Peruffo, 30.000 a Battagin e Lazzaro).
Nel 2020 Sviluppo Cotorossi aveva appellato la sentenza di primo grado nei confronti solo di Crestanello e Dalla Pozza Peruffo (essendo nel frattempo stato raggiunto un accordo stragiudiziale fra la società attrice e gli altri due convenuti Lazzaro e Battagin), modificando la richiesta formulata al Tribunale di risarcimento dei danni di 3 milioni in quella di una somma non determinata da liquidarsi in via equitativa.
La Quarta Sezione Civile della Corte d’Appello di Venezia (presidente Marco Campagnolo, consiglieri Giovanna Sanfratello e Gianluca Bordon), con sentenza in data 8 settembre 2022 ha bocciato tutte le censure di Sviluppo Cotorossi alla sentenza di primo grado, allineandosi in fatto e in diritto alle motivazioni della stessa, e aveva condannato a sua volta la appellante alla rifusione delle spese processuali, liquidate per ciascuna parte in 13.560 euro.
Entrambe le sentenze hanno, in sostanza, riconosciuto la correttezza del comportamento di tutti i convenuti che avevano esercitato (come si legge in quella del Tribunale di Vicenza) “il diritto di liberamente manifestare il pensiero e il conseguente diritto di critica e/o di cronaca, quale espressione e sviluppo della garanzia di libertà presidiata dalle previsioni di cui all’art. 21 Costituzione”.
La sentenza, infatti, riconosce che “dalle dichiarazioni rilasciate dai convenuti secondo varie modalità (anche come filmato di intervista), non emergono affatto espressioni denigratorie verso la società Sviluppo Cotorossi”. La Corte d’Appello ha ritenuto complessivamente corrette le conclusioni del giudice di primo grado e ha confermato la sua decisione.
Sviluppo Cotorossi non ha ancora comunicato se intende impugnare la sentenza in Cassazione.