Tabagismo

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Malattia mortale, non solo fattore di rischio

Il termine ‘tabagismo’ indica il consumo abituale e prolungato di tabacco; quando vi è l’intenzione di interromperne l’uso, ma anche l’incapacità di darvi seguito, si ha una dipendenza.

L’OMS stima in circa un miliardo i fumatori di tutto il Pianeta. Di questi, l’80% vive in Paesi a basso/medio reddito; il 70% inizia a fumare prima dei 18 anni, e il 94% prima dei 25.
In base ai dati Istat, nel 2021, in Italia, i fumatori tra la popolazione dai 14 anni in poi erano poco meno di 10 milioni, con un alto gap di genere (22,9% uomini e 15,3% donne) e una diffusione maggiore nella fascia di età compresa tra i 25-44 anni.

Il tabagismo presenta le caratteristiche proprie di ogni altro disturbo derivante da una dipendenza da sostanze tossiche, compresa la crisi di astinenza a fronte della sospensione dall’assunzione di nicotina.
Il fumo comporta tra l’altro, a livello fisico, alterazione del polso, disturbi respiratori (laringite o bronchite), disturbi digestivi (bruciori di stomaco, gastriti, vomito o diarrea), vertigini, febbre, freddo agli arti. Nei grandi fumatori è facile riscontrare patologie ben più gravi, come malattie cardiovascolari (arteriosclerosi o angina pectoris) e cancro al polmone.
La gravità di tali sintomi e patologie è strettamente correlata alla quantità di tabacco consumato, alle sostanze in esso contenute, agli additivi utilizzati per la concia e alla carta delle sigarette.

Sempre secondo i dati dell’OMS, ogni anno nel mondo più di 8 milioni di persone muoiono a causa del consumo di tabacco (700.000 in Europa); in pratica, esso provoca un numero di decessi più elevato di alcol, droghe, Aids, incidenti stradali, omicidi e suicidi messi insieme, rappresentando uno dei più grandi problemi di sanità pubblica a livello mondiale.
In Italia, gli ultimi dati attribuiscono al fumo oltre 93.000 morti all’anno (con una percentuale più alta negli uomini), di cui 43.000 per tumori.

Ben noti anche gli effetti nocivi del c.d. fumo passivo (quello inalato involontariamente stando a contatto con uno o più fumatori ‘attivi’), che, sempre su base annua, causa 1,2 milioni di morti.
Durante il XIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Tabaccologia (SITAB) è stato ribadito che il tabagismo deve essere considerato una malattia mortale e non soltanto un fattore di rischio.

Una specificità clinica è quella dei fumatori resistenti (coloro che non riescono proprio a smettere) e meritano riguardo gli stili di vita, i sentimenti e i comportamenti legati al primo approccio al fumo di tabacco da parte degli adolescenti. Su quest’ultimo aspetto, influiscono molti fattori di rischio ambientali, sociodemografici e comportamentali individuali (basso livello di scolarizzazione, bassa autostima, abitudini familiari, ecc.). Attraverso uno studio di ricercatori dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, inoltre, è stato possibile individuare le caratteristiche genetiche individuali che influenzano il rischio di sviluppare una dipendenza da tabacco e la difficoltà di smettere di fumare, anche con l’aiuto di una terapia farmacologica. Ciò consentirà di mettere a punto un test genetico per attuare percorsi terapeutici personalizzati.

Esistono diversi programmi intesi ad aiutare il tabagista motivato a smettere di fumare, come, ad esempio, quello che prevede la somministrazione di nicotina in dosi via via sempre più ridotte o la terapia sostitutiva di nicotina (con vareniclina e bupropione cloridrato,) in pazienti con elevata dipendenza fisica.
Altri farmaci impiegati per contrastare la dipendenza sono il topiramato e la clonidina (utilizzati anche per altre forme di dipendenza) e la nortriptilina cloridrato, antidepressivo utile a ridurre la depressione da astinenza.

L’idea diffusa che, per smettere di fumare, basti la sola buona volontà si scontra con la chiarezza dei dati scientifici. Provare a smettere da soli è il metodo più diffuso, ma anche il meno efficace; i trattamenti farmacologici amplificano le percentuali di successo.

Sul mercato esiste da tempo la nota ‘sigaretta elettronica’, dispositivo che permette di inalare vapore, in genere aromatizzato e contenente quantità variabili di nicotina (alcuni modelli ne sono privi), e immetterlo nel sistema respiratorio senza che si generi combustione di tabacco con i danni correlati. Può essere utile per favorire la disassuefazione dal fumo, con il beneficio di prevenire migliaia di casi di cancro ogni anno.
Recentemente, poi, è stata introdotta la ‘sigaretta con tabacco riscaldato’, consistente in una piccola sigaretta di tabacco da inserire all’interno di un apparecchio che lo scalda senza bruciarlo. È considerata meno nociva per la salute.

Viste l’entità del fenomeno e la difficoltà nello smettere di fumare, per contrastare il tabagismo la comunità scientifica raccomanda programmi di prevenzione rivolti sia alla collettività nel suo complesso, sia alla popolazione ‘sana’, sia a gruppi e individui a rischio.
Sarebbe auspicabile, in questa direzione:
– incentivare programmi di prevenzione efficaci già in età scolastica (che coinvolgano famiglie e contesto sociale di appartenenza), attraverso interventi partecipativi, che informino sui rischi e sui danni provocati da un uso eccessivo di tabacco, facilitando scelte consapevoli riguardo la propria salute;
– sensibilizzare la collettività attraverso più decise ‘campagne Antifumo’, anche con l’ausilio dei medici di base;
– sollecitare la definizione di standard per l’accreditamento dei servizi sul territorio nazionale, come i Centri Antifumo;
– definire linee guida sui trattamenti e sugli strumenti formativi in tabaccologia;
– incentivare la cooperazione tra specialisti per fare fronte comune alla lotta contro il fumo.

Fonti:
www-topdoctors-it.cdn.ampproject.org
salute.gov.it/portale/fumo/dettaglioContenutiFumo
www.notiziariochimicofarmaceutico.it/2017/12/07/tabagismo-e-dipendenza-da-fumo/


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Fonte: Tabagismo

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