Adesso si fa dura. Lo pensano e lo dicono più o meno tutti tra i giallorosa, quando in mattinata leggono del segretario dell’Udc Lorenzo Cesa indagato per associazione a delinquere con aggravante mafiosa, e delle sue immediate dimissioni. Una tegola che può complicare la difficile strada verso i tre voti degli ex Dc in Senato.
Mentre non si registrano gli esodi sperati da Italia Viva, il tempo corre, precipita verso il mercoledì della possibile vendetta di Matteo Renzi, quando in Senato si voterà sulla relazione della Giustizia del Guardasigilli, il 5Stelle Alfonso Bonafede, e la linea di Iv è votare no per mandare sotto il governo, nonostante Renzi ieri su La7 abbia ricordato che l’astensione dell’altro giorno in Senato era una “mano tesa al compromesso”.
Giuseppe Conte ai tanti parlamentari che incontra a Palazzo Chigi o che sente via telefono dice: “Io sono ottimista”. Però vuole tempi stretti. Una settimana o giù di lì, per costruire due nuovi gruppi centristi di sostegno alla maggioranza, a Montecitorio e in Senato, “l’unica via per attirare altri eletti ed evitare guai nelle commissioni, perché è lì che Renzi può davvero intrappolarci” riflette un grillino di rango. Ma bisogna correre, anche perché il Quirinale è inquieto. Dalla maggioranza raccontano che Sergio Mattarella mercoledì abbia manifestato a Conte grande preoccupazione per i rischi di un voto anticipato. La certezza è che il premier lo ha detto a diversi interlocutori: “La gente non vuole le elezioni e dobbiamo fare di tutto per evitarle”. Ma è proprio al voto che si finirà se non si trova in fretta una nuova maggioranza, dicono dal Pd e ammettono con terrore dal M5S. Un incubo che l’indagine su Cesa rende più concreto. È finito in una maxi inchiesta sulla ’ndrangheta, l’ormai ex segretario dell’Udc. Impossibile da reggere per il Movimento, come dice all’AdnKronos Alessandro Di Battista: “Con chi è sotto indagine per associazione a delinquere nell’ambito di un’inchiesta di ’ndrangheta non si parla, punto”. Un intervento fatto dopo aver consultato Palazzo Chigi e Luigi Di Maio, che infatti conferma: “Mai dialogo con chi è indagato per reati gravi”. Certo, qualcuno spera ancora di recuperare almeno il voto di Paola Binetti, ma la strada è assai stretta. E allora come si fa? “Il Pd deve assolutamente recuperare gente da Iv” ripetono dal M5S, dove è ancora forte il sospetto che i dem non stiano facendo abbastanza. Ma dal Pd replicano che l’impegno è massimo e che Dario Franceschini ormai non si occupi d’altro che dell’allargamento della maggioranza. Come Goffredo Bettini, in costante contatto con Gianni Letta. Perché l’altro forno essenziale è quello con Forza Italia. “Molti forzisti si sono mangiati le mani dopo aver letto del sì di Renata Polverini” assicura Bruno Tabacci in un vertice di maggioranza. E di certo è a FI che i giallorosa si aggrappano in vista del voto di mercoledì su Bonafede, chiedendo che un po’ di forzisti restino a casa. Sarà un’altra votazione senza l’obbligo dei 161 voti, cioè della maggioranza assoluta, ma si rischia, tanto. “Vedremo se davvero alcuni di Iv non vogliono finire all’opposizione” dicono dal governo. Ergo, si spera anche nell’astensione di qualche renziano. Non a caso, si vedono entrare a Chigi anche alcuni ex M5S.
Da recuperare come si è fatto con il senatore Ciampolillo, a cui qualche giorno fa aveva telefonato anche Beppe Grillo. Conte invece si fa dare informazioni sullo stato dei numeri in Senato. “Ma il presidente non sta chiamando nessuno” assicurano. Ieri ha ripetuto che bisogna chiudere i tavoli di programma. Vuole dare l’immagine di un governo che lavora a pieno regime. Anche per questo ha convocato un Consiglio dei ministri per assegnare la delega ai Servizi segreti, pare a Piero Benassi, suo consigliere diplomatico.
di Luca De Carolis e Paola Zanca sul Fatto Quotidiano