ThyssenKrupp, PCI e FGCI del Veneto: i condannati in Italia Espenhahn e Priegnitz non passeranno un giorno intero in carcere in Germania

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I morti alla ThyssenKrupp di Torino
I morti alla ThyssenKrupp di Torino

Era il 6 dicembre 2007 quando le fiamme avvolsero sette persone che stavano lavorando alla ThyssenKrupp di Torino. Fu un massacro. Morirono tutti dopo atroci sofferenze.

Il processo evidenziò che (secondo la ricostruzione de ilfattoquotidiano.it) “Prima del rogo, i vertici dell’azienda avevano stabilito che l’impianto di Torino doveva chiudere, ragione per cui vennero diminuite le spese per le misure antinfortunistiche.” Per la morte dei sette lavoratori della ThyssenKrupp furono condannati, per omicidio colposo, anche i due manager tedeschi Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz.

Come qualcuno ricorderà secondo la sentenza definitiva emessa dai magistrati italiani Espenhahn fu condannato a 9 anni e 8 mesi, Priegnitz a 6 anni e 10 mesi di carcere. La pena. Per gli accordi tra Italia e Germania, poteva essere scontata nel paese natale dei due condannati. Così, visto che la legge tedesca prevede, per l’omicidio colposo, un massimo di 5 anni di detenzione, i due manager tedeschi avrebbero scontato questa pena. Ma c’è dell’altro perché fino ad oggi Espenhahn e Priegnitz, a piede libero in attesa di ulteriori decisioni, non passeranno neppure un giorno intero in carcere.

Ieri, infatti, sul sito di Ansa si poteva leggere: “La comunicazione sulla concessione della semilibertà, in Germania, per Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager tedeschi condannati per il rogo alla Thyssenkrupp di Torino che nel 2007 uccise sette operai, è arrivata alla procura generale di Torino.

Questa notizia ha, sicuramente, accresciuto il dolore e l’indignazione dei parenti delle vittime alle quali va tutta la solidarietà, l’affetto e il nostro impegno a non rassegnarsi e continuare la lotta.

In silenzio, almeno fino ad oggi, sono rimasti la stragrande maggioranza dei parlamentari italiani impegnati evidentemente in altre cose e confindustria che esige sempre attenzione e risorse per le imprese ma che, spesso, si dimentica delle condizioni reali di lavoro (pensando che siano questioni che devono interessare altre organizzazioni). Purtroppo anche i maggiori sindacati sembrano più attenti ad altre questioni e molto “prudenti” riguardo notizie come quella comunicata alla procura generale di Torino.

La legge potrà essere “uguale per tutti” (le condanne inflitte dal tribunale italiano in questo caso lo confermerebbero) e la semilibertà può essere considerata comunque una pena. Ma come viene scontata sembra proprio fatta su misura per i condannati “eccellenti”. Ed è, a nostro avviso, un insulto non solo alle vittime e ai loro familiari. Riteniamo anche che la giustizia italiana sia stata, per molti aspetti, umiliata.

A noi resta solo il dove di ricordare i lavoratori uccisi alla ThyssenKrupp, i loro nomi: Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco MarzoBruno Santino. Loro non sono numeri di una statistica infame o pezzi di ricambio di una macchina infernale. Sono Persone che sono state uccise e che, dopo questa decisione, continuano a morire.

E deve aumentare in ognuno di noi la necessità di lottare con tutte le forze e le nostre capacità perché si faccia giustizia vera e perché la questione della sicurezza nel lavoro non venga derubricata a costo che si può tagliare o contenere ma sia veramente un diritto inalienabile di ognuno.

per PCI  e FGCI del Veneto

Giorgio Langella e Pietro Agnelli