La recente convergenza dei rendimenti tra Francia e Grecia nei titoli di stato decennali rappresenta un momento storico che non può passare inosservato. In passato, i bond francesi erano considerati un rifugio sicuro dell’Eurozona, mentre quelli greci incarnavano l’epicentro della crisi del debito sovrano europeo. Eppure, oggi, i due paesi si trovano curiosamente appaiati, con i rendimenti dei titoli decennali che viaggiano attorno al 3%.
Francia sotto pressione: il segnale di una crisi strutturale?
Negli ultimi mesi il rendimento dei bond francesi ha visto un costante incremento, trainato dalle incertezze politiche interne e dalle difficoltà nel bilancio pubblico. Il governo guidato fino ad ora da Michel Barnier si è trovato a fronteggiare una crescente sfiducia da parte degli investitori, complicata dalle tensioni con il partito di estrema destra (RN) che ha promosso una mozione di sfiducia a causa del disaccordo in merito alla legge di bilancio per il prossimo anno. È proprio di ieri la notizia che il Parlamento ha sfiduciato il governo di Michel Barnier.
Questo contesto, unito alla necessità di concessioni sul bilancio per il 2025, ha fatto emergere un quadro di fragilità economica che richiama alla mente i momenti più cupi della crisi greca del 2010-2012. Tuttavia, il ministro delle finanze francese Antoine Armand ha sottolineato con forza che “la Francia non è la Grecia”, rimarcando le superiori capacità economiche e demografiche del paese. Ma queste parole, come spesso accade, sembrano non bastare a rassicurare i mercati.
Un confronto inevitabile: Grecia, un passato difficile, Francia, un futuro incerto
Se la Grecia, dopo anni di austerità e difficili riforme, è riuscita a riconquistare un minimo di fiducia da parte degli investitori, la Francia sembra percorrere la strada opposta. I rendimenti greci si sono stabilizzati grazie a un percorso di consolidamento fiscale e a una crescita economica moderata ma sostenibile. Al contrario, la Francia appare in difficoltà, non solo per questioni interne, ma anche per le crescenti pressioni esterne legate alla politica monetaria della BCE e alla volatilità globale uniti anche alla crisi del settore del lusso.
L’Italia: un osservatore non distante
Mentre Francia e Grecia si contendono i titoli dei giornali, anche l’Italia osserva con attenzione. I titoli di stato italiani stanno subendo un aumento del rischio percepito, legato alla crescente apparente instabilità politica interna, conseguente alle sempre più frequenti dispute all’interno della maggioranza, e ai dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico a lungo termine. Con un rapporto debito/PIL tra i più alti d’Europa, l’Italia rimane un gigante dai piedi d’argilla, che potrebbe essere coinvolto in dinamiche simili a quelle francesi qualora non venissero adottate riforme strutturali che potrebbero essere proposte con la manovra 2025.
Una lezione dalla storia
La convergenza tra i rendimenti francesi e greci è un monito che richiama gli eventi del passato, come le crisi debitorie del XIX secolo, quando nazioni apparentemente solide si trovarono sull’orlo del default a causa di instabilità politiche e fiscali. Per l’Europa, è un ulteriore segnale della necessità di rafforzare le fondamenta dell’unione economica e monetaria, per evitare che un singolo anello debole possa compromettere l’intera catena.
Mentre la Francia cerca di distinguersi dalla Grecia, la realtà dei mercati racconta una storia diversa. Per l’Eurozona il messaggio è chiaro: nessun paese è immune e la stabilità economica richiede uno sforzo collettivo e un’attenzione continua.
Detto questo: siete ancora sicuri che i titoli di Stato siano la forma di investimento migliore e con meno rischio?