Conosciamo a memoria il percorso per andare al centro commerciale, l’incrocio che porta al vicoletto dove c’è quel negozietto che ci piace tanto e persino gli itinerari più assurdi per evitare traffico e semafori. Ma difficilmente ci soffermiamo a pensare a quanta antica maestria ci stiamo letteralmente perdendo per strada con il progresso tecnologico. Quanti lustrascarpe incontriamo nelle stazioni? Quanti ombrellai conosciamo? Molte famiglie non hanno nemmeno più il classico calzolaio di fiducia che, un tempo, riparava a prezzi stracciati le costosissime scarpe che, di certo, non potevano essere buttate nell’immondizia per dei semplici problemi legati all’usura.
Tra gli antichi mestieri che rischiano l’estinzione, con l’avvicendarsi delle generazioni, c’è anche il tombolo aquilano. Un’arte quasi dimenticata, poco conosciuta a livello non solo internazionale, ma anche nazionale. Una tradizione che affonda le radici nel passato più lontano del nostro Abruzzo e che speriamo non diventi solo materiale da fotografie ingiallite per chi verrà dopo di noi.
Un merletto senza uncinetto – Uno degli strumenti più conosciuti ed utilizzati per lavorare e realizzare merletti è sicuramente l’uncinetto: la sua sagoma si materializza immediatamente nella nostra mente non appena viene nominato. Ma quel bastoncino con la punta ricurva non è l’unico attrezzo che la tradizione lega a queste creazioni tessili: ne esiste anche un altro, anzi, un altro paio. I fuselli, infatti, vengono sempre adoperati in coppia e, nel mondo, ne esistono tantissimi tipi diversi.
Il nome indica proprio la sagoma che è, appunto, molto affusolata, in genere diversificata a seconda dell’uso (i fuselli possono lavorare anche il filo metallico o forgiare il macramè). Si tratta di un manufatto in legno (anche se versioni moderne sfruttano più tipi di materiali) simile a una bacchetta la cui lunghezza può variare tra i 4 e i 16 centimetri e che ha, sulla sommità, una zona adibita allo stoccaggio del filo (tipo rocchetto) e, nella parte inferiore, la solida impugnatura che garantisce la lavorazione. Spostando i fuselli, in pratica, si crea l’intreccio dei fili che sarà matrice del merletto.
Ogni fusello ligneo, a sua volta, è stato ricreato al tornio in una filiera completamente artigianale fatta di unicità e maestria. Ne esistono anche di rari e pregiati che sono da esposizione o collezione.
E il tombolo, invece, cos’è?
L’unicità del tombolo aquilano – Il termine ha cominciato a rappresentare il particolare merletto a cui è associato ma, in realtà, non è altro che il nome di quel cilindro pieno di paglia su cui si poggia un disegno realizzato su carta da riprodurre in maniera tessile. Una sorta di grande e morbido cuscino, ovviamente anch’esso ricreato da una lavorazione manuale.
Il merletto che viene fuori da questo tipo così specifico di lavorazione è unico nel suo genere anche per un altro motivo: viene forgiato in una sola volta, senza mai tornare indietro sui filamenti già creati; un dettaglio che, anche metaforicamente, dice molto.
Le prime testimonianze storiche che accreditano la presenza del tombolo nell’aquilano (da cui il nome) risalgono al Quattrocento: pare che sia stata la famiglia d’Este di Ferrara a commissionare per la prima volta una striscia a 12 fusi per un lenzuolo (1476) e che Isabella d’Aragona, durante una sua visita alla regione nel 1493, si sia innamorata di quei merletti tessuti dalle donne pescolane (cioè, di Pescocostanzo).
Nel Cinquecento, L’Aquila ospitava già una scuola dedicata: è stato, infatti, rinvenuto un corredo incompiuto realizzato da una scuola di Pescocostanzo (dove la tradizione viene fatta risalire al XVI secolo con una commissione di Caterina de’ Medici del 1547) e si è appurato che, nel 1550, questa tecnica si era pienamente diffusa nel circondario e oltre.
Non ci volle molto perché il tombolo travalicasse i confini regionali: quando le donne del nord arrivarono in Abruzzo per seguire i mariti impegnati nella ricostruzione post-terremoto, il passaggio fu naturale. E di occasioni di questo tipo, nell’arco dei secoli, ce ne sono (purtroppo) state tante, a partire dal grande sisma del 1703.
Oggi – Il tombolo aquilano ha decorato gli abiti nuziali delle spose e i polsini eleganti degli uomini, tramandandosi di generazione in generazione ma anche in maniera più professionale attraverso le maestre merlettaie che, nel contesto di incontri e spazi pomeridiani, insegnavano alle proprie alunne quest’antica tradizione; senza mai rischiare che venisse dimenticata.
Con il passare del tempo e l’avvicendarsi delle generazioni, però, questi appuntamenti sono diminuiti sempre di più: il Comune di Scanno, nel 2019, ha stanziato addirittura dei fondi per ridare linfa vitale a quest’arte abruzzese, istituendo un bando volto a promuovere iniziative per valorizzare e riscoprire il tombolo. Oggi non sono tantissime le donne che lo praticano ma, se c’è un merito della modernità, è quello di averci spinto nuovamente verso uno stile di vita rurale, naturale, essenziale; e, così, quest’arte si è ritrovata citata nei racconti delle nonne e ripercorsa attraverso le mani delle giovanissime che stanno riuscendo a coltivare ancora questa passione. Basta fare un giro sui social e nelle botteghe online per trovare tutorial e creazioni, anche su commissione.
Il museo del merletto a tombolo – A Pescocostanzo, l’arte del tombolo aquilano rivive in un museo dedicato che espone un’infinità di lavori e collezioni che inglobano anche prodotti dell’artigianato artistico locale, tra cui tappeti, pietra lavorata, ferro battuto e legno intagliato. Il progetto, che prende vita all’interno di Palazzo Fanzago, comprende anche una scuola.