Da Re: “Lega sull’Aventino, noi proponiamo la guerra”. Nel partito di Salvini dichiarazioni inquietanti

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Da Re con Salvini e Zaia
Da Re con Salvini e Zaia

Il Corriere del Veneto di giovedì col titolo “Da Re: Lega sull’Aventino via tutti dal parlamento” riporta alcune dichiarazioni di esponenti della Lega relative al nascente probabile governo M5S-PD.

Sono dichiarazioni inquietanti che esplicitano le pulsioni che circolano nel partito di Salvini. Nelle parole di esponenti della Lega citati nell’articolo c’è tutto il livore contro le regole costituzionali del nostro paese che, lo ricordiamo a chi l’avesse frainteso, è un sistema democratico parlamentare. È nel Parlamento che si formano le maggioranze di governo e non qualcuno che si arroga il diritto di essere “l’eletto” da qualche sondaggio o da qualche entità divina (alla quale, per altro e indegnamente, si appella troppo spesso). Del resto è successo poco più di 14 mesi fa quando fu formato un governo tra M5S (risultato il partito più votato) e Lega (risultato il terzo partito e facente parte di una coalizione subito sciolta dallo stesso partito di Salvini che, evidentemente, aveva una grande voglia di “occupare” qualche ministero).

Ma torniamo alle dichiarazioni di Toni Da Re riportate virgolettate nell’articolo sopra citato. Gianantonio Da Re (definito “ex segretario nathional”)  dichiara “il presidente della Repubblica deve capire che questo non è il governo votato dagli italiani”. Ebbene, forse Da Re non è a conoscenza che gli italiani non votano un governo ma i membri di Camera e Senato e che è a questi che viene chiesta la fiducia al governo (nuovo o in carica che sia).

Ma non basta, sempre Da Re dichiara “Noi proponiamo la guerra. Dalla piazza, dai territori”. Ora, le parole hanno il loro significato e un conto è promuovere manifestazioni di dissenso (sempre legittime) combattive e pacifiche, altra cosa è proporre una guerra. Quelle di Da Re non sono iperboli lessicali, sono chiari attacchi alla forma della nostra Repubblica e alle istituzioni democratiche. Configurano una volontà di cancellare la Costituzione  trasformando la nostra democrazia parlamentare in qualcosa d’altro. Un sistema presidenziale, magari autoritario? Ricordiamo che, subito dopo aver sfiduciato di fatto Conte nel noto comizio dell’8 agosto a Pescara, Salvini chiedeva i pieni poteri dimostrando una pericolosa propensione autoritaria non al governo ma al comando del nostro paese. E ricordiamo che questi “schiaffi” alle Istituzioni democratiche (indice di una profonda ignoranza delle regole costituzionali o, peggio, di quel “me ne frego” i mussoliniana memoria) sono stati, fortunatamente, fermati dal Parlamento che, bene o male, è riuscito a riappropriarsi del proprio ruolo.

Non si sa ancora se il preannunciato governo “Conte bis” potrà essere formato e se otterrà la fiducia del Parlamento ed è difficile prevedere se, ottenuta l’eventuale fiducia” sarà un governo mediocre o discreto. Se farà cose apprezzabili o ignobili. Personalmente nutro grandi perplessità sui risultati che potrà ottenere ma ho la certezza che, comunque, sarà (sempre se verrà formato ed otterrà la fiducia) un governo legittimo, così come lo fu il primo governo Conte, quello al quale Salvini ha “tolto la spina”.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.