Tra precarietà non solo giovanile e Coronavirus Covid 19

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Coronavirus e lavoro, la precarietà aggravata dalla quarantena
Coronavirus e lavoro, la precarietà aggravata dalla quarantena

La precarietà è quella situazione di lavoro nella quale non hai nessuna certezza di cosa sarà di te. Contratti a tempo determinato che si susseguono uno dopo l’altro, senza la sicurezza di essere continui nei rinnovi. Un termine temporale sempre in testa, con calcoli mentali che si susseguono basandosi sulla eventuale disoccupazione e sullo spazio temporale concesso dalla stessa per trovarsi un altra occupazione.

La certezza quasi matematica di finire a fare “nero” per molti: babysitting, badanti, o accompagnatori per i cani sono i più gettonati e “facili”, ma poco pagati. Ripetizioni a studenti, continue e diffuse, si guadagna già meglio. Oppure lavorare nei bar, nei negozi e nei ristoranti o addirittura in fabbriche e laboratori si guadagna qualcosa in più. E queste ultime tra il “nero” e un contratto precario sono quasi sempre un bel dubbio amletico su cosa convenga (leggasi: cosa fa morire meno di fame e di fatica) effettivamente al lavoratore. Una situazione che è giusto rendere col termine corretto: ricatto. Hai fame? Ti attacchi o te ne vai e ciao. Come te ce ne sono altri mille.

Provate adesso ad immaginare quelli che lavorano coi bambini, nei bar, nei negozi, nei ristoranti, insomma quasi tutti i lavori sopra elencati, ora che c’è la quarantena: tutti a casa ovviamente, senza nessuna tutela e garanzia, senza nessuna entrata.

Quelli che invece lavorano in fabbrica e nella logistica, dato che le industrie praticamente non chiudono? Perlopiù li stanno sì facendo lavorare, ma in situazioni tendenzialmente a rischio e senza protezioni dal contagio. Alcuni si arrabbiano e vogliono lottare, sapendo che saranno licenziati. Altri abbassano la testa, non vogliono o non possono permettersi di dire nulla, e pregano la dea bendata perché il contagio non li tocchi.

Non sono solo ragazzi di vent’anni, sono persone di tutte le età. E anche qui sfatiamo il mito: solo perché una persona è giovane, non vuol dire possa sopportare tutto, come molti superficiali pensano. L’unico “vantaggio” nel suo essere precario, in una situazione non a rischio malattia, rispetto a quello di persone in età più avanzata è che solitamente non ha la preoccupazione di mantenere dei figli. Ma la disperazione a monte è uguale.

Sapete quanti bed and breakfast sono stati aperti? Quanti studi indipendenti di liberi professionisti preparati che offrono servizi di tutti i tipi? O quanti magari si buttano nell’insegnamento privato? Di solito sono secondi lavori, o non l’unico impegno lavorativo svolto da chi lo avvia. Un’attività creata da coloro che possono farlo per cercare di arrotondare le entrate. Sapete quanto stanno lavorando queste attività in questo periodo di quarantena? Zero.

Senza l’epidemia di solito tutto questo mondo sopra descritto è in eterna lotta per la sopravvivenza, anche al naturale senza rischi di virus mortali. Tira avanti a fatica. Adesso tutti tirano avanti a fatica, i precari peggio che mai. La precarietà è una delle peggiori piaghe che esistano, anche senza un’ulteriore sfortuna che colpisce tutta la società globale.

Per questo in molti vogliono che la precarietà venga eliminata dal mondo del Lavoro. Per questo sarebbe il caso che tutti volessero eliminare la precarietà dal mondo del Lavoro.