Se c’è un onnivoro per eccellenza forse è proprio l’uomo, che può cibarsi di ogni specie dai vegetali, agli insetti, ai mammiferi, fino a casi estremi di cannibalismo (l’articolo sul trasformismo è del 31 agosto 2019 ma, cambiando l’ordine e, talvolta, i nomi dei politici, alcuni, pochi, scomparsi, altri, molti, ricomparsi, e le narrazioni dei loro show, il “succo” non cambia, ndr).
Pur potendo mangiare di tutto l’uomo però, fin dall’antichità, sceglie di cosa cibarsi: ogni cultura infatti seleziona nella vasta gamma di alimenti potenzialmente disponibili quelli da includere nella propria alimentazione e quelli che invece sono tabù.
Questa scelta non corrisponde per forza a motivazioni di reperibilità o maggiore funzionalità degli alimenti, ogni cultura ha un suo modello alimentare in cui certe categorie di cibo sono approvate e desiderabili, certe altre invece sono rifiutate e provocano disgusto; le ragioni di queste scelte vanno cercate nella struttura sociale e gerarchica di ogni comunità e rimandano a precisi significati antropologici, psicologici e sociologici, in cui si è sempre intrisa la politica.
Il cibo e la simbologia politica contemporanea
Il cibo ha sempre avuto una valenza simbolica nella politica, dagli albori della civilta’ ai giorni nostri. “Datemi da mangiare bene e vi farò buona politica”, diceva LUIGI XIV . Nell’Italia repubblicana, chi non ricorda, l’attore Francesco Nuti, con il suo giochino tratto da Caruso Paskowsky, in pieno pentapartito che classificava i partiti associandoli ai salumi dove ”la mortadella è comunista, il salame socialista, il prosciutto democristiano, la coppa liberale, le salciccee repubblicane, il prosciutto cotto è fascista…”
Un po’ di recente memoria storica ci permette di ricostruire famosi passaggi gastro-politico, come il patto delle sardine, con cui D’Alema (poi diventato produttore di vino) e Buttiglione convinsero Bossi a dare l’appoggio esterno al governo Dini. Le sardine, narrano le fantasie giornalistiche, erano l’unica cosa rimasta nel frigorifero del Senatùr. Niente di meglio per celebrare la (presunta) frugalità padana contro la Roma del magna magna. A testimonianza della valenza simbolica, e quindi spesso fallace, del connubio cibo-politica, si scoprì poi che la Lega era ampiamente dentro il magna magna che oggi si riassume in una cifra :49 milioni, indebitamente estorti da Bossi e amici, ai cittadini italiani, da restituire in 70 anni ,in comode rate:a dispetto del più becero condono tombale.
Non possiamo tralasciare, in piena saturazione video, da master chef, il patto della crostata al risotto ai funghi di D’Alema con lo chef dei vip Vissani, all’olio della masseria di Di Pietro alla birra di Bersani, alla bufala di Mastella, alla mortadella di Prodi, ai prodotti Eataly apprezzati da Renzi alle diete vegane e fruttariane dei grillini , fino alla pizza di Obama e alla cucina light e trendy di Michelle.
L’abbinamento cibo-politica sembra ormai un dato acquisito con tutto il senso un po’ vanaglorioso e costantemente populista, presente in tutte le feste di partito, in cui sudaticci ed eccitati volontari stringono mani e abbondano in sorrisi al politico di turno per cui diventa obbligatorio da parte di quest’ultimo soffermarsi negli stand in cui si cucina. Dagli stand di partito alle feste del capo “Silvio” a base di piatti raffinati in cui il “piacere” era presente dentro e fuori il menu’, fino ai drink estivi, sul bagnasciuga, del ex longobardo, Salvini.
Cibo e le raffigurazioni della politica nella nostra vita quotidiana
Questa metaforica sazietà del cibo abbinato alla politica si conclude con una riflessione e una raffigurazione di una realtà socio culturale nazionale determinata. E’ da tempo immemorabile che c’è il detto “sei quello che mangi“. Che si potrebbe estendere in “sei dove mangi“. Le cronache politiche di questi giorni, dalla citazione “della politica dei due forni”, elaborata da Andreotti, al recentissimo “tonno pentastellato“ rientrato nella scatola, della Meloni, ci danno molti spunti per una riflessione in merito, anche se sotto forma di un giochino estivo, della stessa attendibilità delle previsioni zodiacali.
Basti ricordare il “patto della carbonara“, siglato a suo tempo da 28 senatori della minoranza Pd, resistenti all’alieno Renzi siglati in una trattoria di qualità, ma non alla moda, in centro a Roma fino alla pizza, cibo nazional-popolare, consumata dopo Ferragosto, dal “democratico” Zingaretti e il “cittadino” Di Maio.
Una cena che oggi (eravamo al 31 agosto 2019, ricordiamolo come in premessa, ndr) ha permesso la celebrazione, con l’incarico bis a Conte (in attesa di quello a Draghi o a un suo clone?; ndr 2022), non solo di un quasi certo ed inedito governo “giallo-rosso” ma del nuovo “trasformismo” dell’era digitale, in cui uno vale …nessuno.