
ROMA (ITALPRESS) – I traumi ortopedici rappresentano una delle principali cause di disabilità temporanea o permanente, con un notevole impatto sulla qualità della vita dei pazienti e sul sistema sanitario. Incidenti stradali, infortuni sportivi, cadute e traumi sul posto di lavoro sono tra le cause più comuni di fratture, lussazioni, distorsioni e lesioni muscolo-tendinee: l’incidenza di questi traumi è in costante crescita, a causa dell’aumento della pratica sportiva ma anche per l’invecchiamento della popolazione e la trasformazione della mobilità urbana. L’approccio terapeutico dopo un trauma dipende dalla gravità della lesione e può variare da trattamenti conservativi, come la fisioterapia e l’immobilizzazione, a interventi chirurgici-ortopedici.
“E’ vero che le attività traumatiche aumentano, si fa molto più sport e attività all’aria aperta e gli incidenti le favoriscono”, ha dichiarato Lorenzo Di Mento, specialista in Ortopedia e Traumatologia e responsabile dell’unità operativa di Traumatologia presso l’istituto Humanitas di Rozzano, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.
D’altro canto, spiega Di Mento, “non tutte le fratture vengono operate: quelle articolari si operano quasi sempre, altri tipi come quelle all’omero prossimale o alla clavicola invece hanno maggiori possibilità di trattamento conservativo. Su certe fratture l’approccio chirurgico è molto limitato: siamo noi che comandiamo, non è la natura che fa il suo corso e il paziente non viene immobilizzato a lungo, perchè nell’immobilizzare l’articolazione sia a monte che a valle rischiamo di avere rigidità e bisogna prevenire il danno dell’allettamento, fondamentale da evitare sia negli anziani che nei giovani; siamo più aggressivi, ma a vantaggio di un recupero funzionale più rapido”.
Le cause per cui in determinate situazioni si opera in più tempi, prosegue, “possono essere diverse: negli arti inferiori, con traumi ad alta energia, chi comanda sono i tessuti molli e se qualcuno ha una pelle che sta soffrendo aggiungere un ulteriore intervento chirurgico non è possibile, serve un fissatore esterno oppure si aspetta e si opera in seconda battuta. Le fratture ad alta energia al femore, a prescindere dal fatto che coinvolgano giovani o anziani, vengono sempre operate: la grande differenza è che nei giovani si vuole essere sempre più perfetti, quindi per alcune fratture si scelgono trattamenti più difficoltosi a causa di un’aspettativa di vita più lunga e di un recupero funzionale che deve essere il migliore possibile, mentre negli anziani soprattutto over 80 si ha un solo colpo e si punta a sistemare tutto in una volta sola”.
Per quanto riguarda i casi più urgenti, sottolinea Di Mento, ci sono “quelli legati alle fratture esposte, ovvero quando c’è una comunicazione tra l’esterno e l’osso: in questi casi prima si chiude, poi magari si opera in modo grossolano; tutto si può fare, il problema è che organizzare il trasporto non sempre è facile. Per gli sportivi più uno è bravo, più il medico pressa per farlo tornare velocemente: a quel punto non ci si può basare solo sulla natura, ma il gesto chirurgico ha un ruolo determinante”.
L’ultimo aspetto su cui si sofferma il responsabile di Traumatologia all’Humanitas riguarda il futuro della disciplina di sua competenza: “Siamo molto più avanti rispetto a 25 anni fa, figuriamoci tra 25 anni cosa potrà esserci: è uno scenario sempre più in divenire, legato ai materiali di cui si dispone. La chirurgia traumatologica del futuro me l’aspetto con un’attenzione sempre maggiore non tanto ai tagli piccoli, quanto al rispetto della biologia: è quello che fa guarire le fratture”.
– foto tratta da Medicina Top –
(ITALPRESS)