Meno civico, più politico. Il rucchismo come stile di governo in questi tre anni ha fatto i conti con una mutazione genetica che ha trasformato una candidatura e un progetto amministrativo nati sotto il segno del civismo di centrodestra in una coalizione a trazione Lega-Fratelli d’Italia. Il peso specifico dei partiti è cresciuto, mentre il serbatoio di energie e idee che aveva animato “Idea Vicenza” e le altre associazioni che per prime avevano scommesso sulla stella di Rucco hanno perso il centro della scena. Di questa metamorfosi sono testimoni le porte girevoli di palazzo Trissino, che si sono rapidamente aperte per far uscire leader civici come Lucio Zoppello e Claudio Cicero, o per far entrare alfieri di partito come Mattia Ierardi e Marco Zocca. L’idealismo iniziale ha lasciato il posto al pragmatismo attuale: in fondo civismo o partitismo sono soprattutto bandiere e spillette, ma alla fine contano i risultati. Sotto questa luce, il Rucco style appare oggi una sintesi dei suoi predecessori. Da Enrico Hüllweck, con cui condivide il milieu culturale e politico, ha imparato la lezione dei progetti che lasciano il segno: la grande biblioteca all’ex tribunale, il quartiere verde intorno a Campo Marzo, l’acquisizione di palazzo Thiene. Da Achille Variati l’equilibrio in un’emergenza come la pandemia e la moderazione nel tessere relazioni e rapporti, come certificato dalla gestione dei progetti ereditati, dal parco della Pace alla Tav, ma anche nell’operazione di palazzo Thiene, portata a casa con larghissime intese. Tre anni fa le urne avevano disegnato una maggioranza che molti osservatori avevano etichettato di destra-centro più che di centro-destra. Messa la giusta distanza tra campagna elettorale e attività di governo, il rucchismo ha saputo smussare angoli, temperare tentazioni populiste, sgonfiare pose trumpiste, nonostante almeno fino all’apparizione del virus fossero la moda se non la regola nel teatro della politica italiana. Civico o partitico, Rucco ha comunque dimostrato di conoscere il dna di una città dalla vocazione moderata, per non dire centrista, allergica agli estremismi. A due anni dalle prossime elezioni, tocca al centrosinistra costruire un progetto e una leadership che sembrano smarrite dopo la fine del variatismo: per essere competitiva l’opposizione deve ritrovare il suo centro di gravità permanente, che sia civico o partitico, poco importa.
Gian Marco Mancassola sul Giornale di Vicenza