Il primo libro di Gianmarco Mancassola, “Trentaseicento. Piccolo Atlante dei Luoghi Smarriti”, si presenta come una delicata opera di riscoperta e celebrazione della Vicenza nascosta, quella che vive nella memoria collettiva e personale di chi l’ha attraversata. Giornalista con una lunga esperienza presso Il Giornale di Vicenza e oggi direttore di Tva Vicenza, Mancassola offre ai lettori un mosaico di emozioni e ricordi legati alla sua città natale.
Mi ero riservato di andare martedì 5 novembre alle Gallerie d’Italia a Palazzo Leoni Montanari per assistere alla presentazione del libro, con Daniela Caracciolo alla “console” della serata griffata Baldi Libri, anche per distrarmi un po’ e continuare a scoprire la Vicenza degli anni in cui non ero qui. Ma un ritardo, abituale, nell’impaginazione del numero di novembre di VicenzaPiù Viva mi ha costretto a rimanere davanti al computer. Il libro, comunque, lo avevo già acquistato e, dopo averlo letto tra un atto quotidiano e l’altro da direttore tutto fare, mi piace condividere con voi qualche sensazione che mi ha donato l’opera prima di Giancarlo.
Il titolo, Trentaseicento, richiama immediatamente il codice di avviamento postale di Vicenza, simbolo di un’identità che resiste al tempo. Mancassola lo trasforma in una lente attraverso cui esplorare dieci luoghi emblematici della città, accompagnati da altrettanti racconti che oscillano tra poesia e cronaca, nostalgia e riflessione. I luoghi perduti di Vicenza — i cinema del centro, gli storici negozi di dischi come Gianni Beni e Radio Varsavia, le boutique che animavano un centro città vivace e sofisticato — diventano scenari per storie intrise di sentimenti universali.
Mancassola non si limita a descrivere il cambiamento urbano, ma lo intreccia con frammenti di vita, rievocando momenti di bellezza, crescita e decadenza e, come meglio di me, scrive nella prefazione Antonio Di Lorenzo, la chiave di lettura non sta nel riconoscere i personaggi o i loro legami con l’autore, ma nel lasciarsi trasportare dal contesto che emerge dai dialoghi, dalle atmosfere e dai ricordi.
E questo per me è stato il vero dono del libro: anche se già arrivato a Vicenza nel 1992, ben diverse erano le mie frequentazioni negli anni Novanta fino ai primi anni Duemila, quelli che sono la filigrana del testo, per cui, non conoscendo e, quindi, non potendo riconoscere i protagonisti velati del libro, li ho scoperti completamente dalla lettura di Trentaseicento grazie alla capacità dell’autore di evocare immagini e sensazioni tutte sue, ma rese familiari ai lettori.
Quello di Giancarlo è, infatti, un viaggio nel tempo che attraversa quegli anni, riportando alla luce ciò che è andato perduto, ma che ancora vive nei suoi ricordi: relazioni, luoghi, suoni e silenzi che hanno segnato la formazione di un’intera generazione. E se oggi Vicenza appare sempre più proiettata verso un futuro tecnologico, Mancassola ci invita a fermarci e riflettere sull’importanza dei legami, delle radici e della memoria.
La narrazione non si limita alla nostalgia, ma si apre a una riflessione più ampia sull’evoluzione della città e dei suoi spazi simbolici. Campo Marzo, ad esempio, è descritto come un luogo trasformato dal tempo e dalle scelte dell’uomo, mentre il capitolo dedicato alla presenza americana offre un’analisi lucida su un tema spesso lasciato ai margini.
Tra le righe si intravedono anche numerosi riferimenti letterari, cinematografici e musicali, che arricchiscono l’opera e ne fanno un atlante culturale oltre che geografico tanto che Antonio Di Lorenzo, nella presentazione pubblica fatta a Isola Vicentina (qui il video integrale, ndr), invita (sfida?) il sindaco locale a offrire una cena a chi tra gli spettatori concittadini presenti in sala dovesse dimostrare di conoscere tutte quelle citazioni, esplicite o implicite. Tra queste quella di Robert Louis Stevenson, «non c’è miglior materia per i sogni che una mappa», sembra riassumere l’essenza del libro: un invito a esplorare e riscoprire ciò che ci circonda, ricordando che i luoghi, come le persone, evolvono, ma non cessano mai di raccontare storie.
Con Trentaseicento, Gianmarco Mancassola ci regala una testimonianza preziosa, capace di toccare corde profonde e di stimolare riflessioni sulla memoria, sull’identità e sulla trasformazione di una città che, come scrive l’autore, «è sempre in gioco». Un libro da leggere per chi ama Vicenza, per chi l’ha vissuta e per chi vuole scoprirla attraverso gli occhi di chi l’ha raccontata con sensibilità e passione.
Ripongo, quindi in libreria, “Trentaseicento. Piccolo atlante dei luoghi smarriti”, che merita le vostre librerie dopo i vostri divani di comoda lettura cartacea, con un augurio autorefenziale e interessato. Quello di essere capace, nel tempo, di contribuire alla conoscenza di questa splendida anche se controversa città, scoprendola io prima ancora di farla scoprire ai lettori della collana Vicenza Popolare, che curo in parallelo alle nostre testate.
Dopo il nostro “Vicenza. Città (quasi) bellissima” di Tommaso De Beni è, infatti, in arrivo prenatalizio “Quella strada per il lago 1980 – 2023”, una “Storia vicentina di amore e demoni al tempo dei boomers”, come recita il sottotitolo del debuttante in assoluto Massimo Parolin.
Se l‘augurio è quello di cui vi ho detto, il sogno è che Gian Marco Mancassola provi a leggere anche questo libro e ci confermi che, oltre ai sentimenti e ai ricordi da lui sapientemente evocati in Trentaseicento, anche qualcuno di quelli di Massimo Parolin faccia vivere la carta di cui, tutti, siamo ancora innamorati. Anche lui, direttore di TVA.
“Trentaseicento. Piccolo atlante dei luoghi smarriti”, di Gian Marco Mancassola, 136 pagine, 14 euro.
Gian Marco Mancassola, nato ad Arzignano e residente a Vicenza, è giornalista e direttore di TVA Notizie dal 2022. Con una lunga esperienza a *Il Giornale di Vicenza*, si è dedicato alla cronaca cittadina e allo sviluppo digitale, curando il blog “La spunta blu”. Padre di due figlie, appassionato di corsa e lettura, esordisce nella narrativa con *Trentaseicento*, una raccolta di racconti che esplora memoria e trasformazioni urbane.