Oggi, nella suggestiva cornice della Sala Stucchi di Palazzo Trissino a Vicenza, affollata da ascoltatori attenti, il professor Emilio Franzina, già professore ordinario di Storia Contemporanea e docente di Storia del Giornalismo e di Storia delle Americhe presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Verona, ha presentato il suo nuovo libro, Triveneto migrante. Il racconto dell’antica migrazione dalle Venezie (504 pagine, Ronzani Editore, 30 euro), un’opera che offre una prospettiva unica sulle dinamiche migratorie storiche del Nordest italiano.
Accanto all’autore c’era il professor Gianpaolo Romanato a “pungolarlo” sul racconto di alcuni passaggi del libro e della storia delle migrazioni venete.
Romanato, già docente di Storia contemporanea nell’Università di Padova e Presidente del Comitato scientifico della Casa-Museo G. Matteotti di Fratta Polesine, ha guidato un dialogo ricco di approfondimenti storici, aneddoti e riflessioni su un fenomeno che ha segnato profondamente il destino del Triveneto e su cui Emilio Franzina (tra le nuove firme illustri anche della testata VicenzaPiù Viva) è stato e sarà, da sempre attento studioso, prolifico di pubblicazioni, essendo uno dei massimi esperti sui migranti in uscita (e in entrata) dal Veneto e dall’Italia.
Quest’ultima pubblicazione, ricca anche di foto d’epoca, che concentra l’attenzione sul Triveneto, arriva in occasione dei 70 anni di fondazione dei Vicentini del mondo e vicinissima al 150° dell’emigrazione veneta in Brasile, che, però, cadrà storicamente nell’anno prossimo, non nell’attuale come vuole la vulgata, ha chiosato l’accademico “perché nel 1874 i primi ad emigrare furono i trentini mentre solo l’anno dopo cominciò l’emigrazione in massa dei veneti”.
Il libro procede per capitoli raccontando diversi tipi di emigrazioni, legate a diverse ragioni. Di base spesso c’è la necessità di sopravvivere, magari perché la campagna non dà i frutti sperati o il lavoro nel proprio paesino non basta, e non basta nemmeno il lavoro in città; a volte a spingere ad andare altrove è la prospettiva di migliorare la propria situazione, l’occasione di uscire da un mondo che sembra troppo chiuso; altre volte sono situazioni contingenti, situazioni improvvise.
Tutte le migrazioni sono accomunate da una caratteristica: dal Triveneto si emigrava per andare a lavorare. Più o meno duramente, in ambienti più o meno difficili o accoglienti, ma il sogno di trovare una vita migliore poggiava sempre sulle solide basi del lavoro. Il libro accompagna il lettore a conoscere sia le diverse ondate migratorie, verso paesi lontani ma anche vicini (in alcuni casi i Veneti migrarono anche semplicemente verso altre parti d’Italia, come la pianura pontina), sia a scoprire vicende particolari di singoli protagonisti, a ricordare che la Storia con la s maiuscola è sempre fatta di tante piccole storie personali.
La presentazione di “Triveneto migrante”
Ad iniziare l’incontro è stato l’autore stesso, dopo un suo momento di sconcerto perché Franzina si aspettava un “saluto” ufficiale e introduttivo di un rappresentante istituzionale mentre c’era in sala solo il capo di Gabinetto Sandro Pupillo, che, però, si era occupato solo di verificare che la sala fosse fruibile anche per il suo impianto fonico. L’assenza potrebbe essere stata imputabile anche a qualche passaggio mancante di chi ha organizzato l’evento, presumibilmente lo staff dell’Editore Ronzani, che, comunque, Franzina ha convintamente ringraziato per aver pubblicato l’opera.
Un libro che racconta storie di vita e di popoli
“Triveneto migrante” di Franzina, pubblicato da Ronzani Editore, raccoglie 8 saggi che coprono un arco temporale dal XVIII al XX secolo, raccontando i flussi migratori che hanno coinvolto le Venezie, con un’attenzione particolare alle cause, ai percorsi e agli effetti sociali ed economici delle partenze. Attraverso 500 pagine, il libro accompagna il lettore in un viaggio che esplora le diverse ondate migratorie verso mete lontane, come il Brasile e l’Argentina.
Franzina, uno dei massimi esperti di migrazioni italiane, non si limita a una narrazione generale, ma dà voce alle storie individuali, utilizzando lettere, diari e documenti per restituire la complessità e l’umanità del fenomeno. Ha sottolineato che le migrazioni del Triveneto, pur avendo motivazioni diverse – dalla ricerca di lavoro alla fuga dalla povertà, dall’avventura personale al desiderio di una vita migliore – hanno un comune denominatore: il lavoro come fondamento del sogno di una vita migliore.
“Gli uomini non hanno radici, hanno piedi che camminano”, ha dichiarato Franzina in polemica con certe frasi salviniane e ribadendo che il movimento umano non è solo una necessità economica, ma una costante della storia.
La cornice storica e il ruolo del Triveneto
Il dialogo con Romanato ha permesso di contestualizzare storicamente il fenomeno dell’emigrazione “il tema più rilevante della storia italiana dal punto di vista demografico, sociale e politico”. Dal 1876 al 1913, anno di massimo esodo, l’Italia ha visto partire, per lo meno ufficialmente, 26 milioni di persone, un numero impressionante che testimonia l’impatto epocale del fenomeno.
Romanato ha elogiato Franzina come uno dei pionieri dello studio delle migrazioni in Italia. “Quando ci siamo laureati, negli anni Settanta, questo tema era ignorato dalla storiografia ufficiale. Franzina ha avuto il merito di portarlo al centro del dibattito accademico e culturale”, ha dichiarato, mentre l’autore ricordava anche di essersi impegnato anche nella divulgazione di questo argomento attraverso opere teatrali, canzoni e spettacoli.
Tra i punti affrontati, un posto centrale è stato riservato al caso del Brasile, in particolare al Rio Grande do Sul, dove ancora oggi si parla un dialetto veneto influenzato dal portoghese. Franzina ha spiegato come i migranti veneti abbiano contribuito alla creazione di comunità che, sebbene ormai integrate nella cultura locale, mantengono un legame affettivo con la loro origine. Tuttavia, ha anche ricordato episodi controversi, come il coinvolgimento di alcuni immigrati veneti nei conflitti distruttivi con le popolazioni indigene, coinvolgimento molto limitato, però, rispetto a quello che è stato (“ed è pensando all’azione di Netanyahu a Gaza”, ha detto lo storico vicentino) il comportamento tipico di eliminazione sistematica dei nativi da parte dei cosiddetti “coloni” in Sud America e in USA.
Storie di emigrazione: tra eroismo e contraddizioni
La narrazione di Franzina non si limita a celebrare il fenomeno migratorio, ma ne esplora anche le contraddizioni. Ad esempio, ha ricordato che molti italiani emigrati negli Stati Uniti così come i latinos, pur avendo subito al loro arrivo discriminazioni, hanno poi adottato atteggiamenti ostili nei confronti di nuove ondate migratorie di quelli che sarebbero i loro emulatori attuali provenienti oggi dagli stessi Paesi. “È emblematico che molti discendenti di immigrati bbiano sostenuto politiche anti-migratorie negli USA, dimostrando una scarsa consapevolezza delle loro stesse radici”, ha osservato.
L’autore di Triveneto migrante ha poi illustrato la varietà dei flussi migratori, soffermandosi anche sui “professionisti dell’emigrazione”, come i friulani, abituati da secoli a spostarsi per cercare lavoro, o sui migranti temporanei, che tornavano periodicamente in Italia. Particolarmente significativo è stato il caso dei veneti che, durante la Prima guerra mondiale, tornarono dall’America Latina per arruolarsi nell’esercito italiano.
Romanato ha sollevato il tema del rapporto tra emigrazione e politica, citando figure come Alessandro Rossi, imprenditore e politico vicentino, che cercò di indirizzare i flussi migratori verso progetti coloniali italiani. Franzina ha risposto descrivendo i limiti e le ambiguità di questi tentativi, evidenziando come spesso i migranti fossero strumentalizzati per fini politici.
L’attualità del fenomeno migratorio
Nel corso della presentazione di Triveneto migrante, non sono mancate riflessioni sull’attualità. Franzina ha sottolineato le similitudini tra le migrazioni storiche e quelle contemporanee, invitando a superare pregiudizi e stereotipi. Ha criticato le narrazioni politiche che dipingono i migranti come una minaccia, ricordando che gli italiani furono a loro volta vittime di discriminazione.
“La storia delle migrazioni è una storia universale. Non possiamo ignorare che anche oggi, come ieri, il desiderio di un futuro migliore spinge milioni di persone a partire. È nostro dovere accogliere e comprendere, non giudicare”, ha affermato.
Un evento culturale e umano
La presentazione si è conclusa con un momento di confronto con il pubblico, che ha posto domande sul ruolo dell’emigrazione nell’identità veneta e sulle implicazioni sociali e culturali di questi flussi confermando l’importanza di opere come “Triveneto migrante. Il racconto dell’antica migrazione dalle Venezie” per mantenere viva la memoria di un fenomeno che ha trasformato il volto del Triveneto e dell’Italia.
Il professor Romanato ha chiuso l’evento, complesso da raccontare qui in poche righe quando riguarda 504 pagine di approfondimenti storici e sociali, elogiando la capacità di Franzina di coniugare rigore accademico (“le sue citazioni sono storicamente complete e ineccepibili”) e sensibilità narrativa, offrendo un’opera che non è solo un testo storico, ma anche un tributo alle persone comuni che hanno costruito la storia con il loro coraggio e la loro resilienza.
Un lungo applauso ha salutato l’autore, che si è trattenuto per firmare copie di “Triveneto migrante” e scambiare impressioni con i presenti, confermando il successo di una serata che ha saputo intrecciare passato e presente, ricerca storica e riflessione civile.