Trojan per “Spazzacorrotti”, Zanettin in Parlamento: “questo captatore informatico è più di un’intercettazione ambientale”

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Personalmente – afferma nel suo discorso in Parlamento il deputato Pierantonio Zanettin del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente – non sono nello spirito giusto per affrontare queste tematiche oggi, perché il pensiero, necessariamente, corre ai tanti amici, amministratori locali e operatori sanitari, che nella mia provincia, in queste ore, si stanno prodigando a sostegno e aiuto delle popolazioni locali, che si trovano in questa situazione davvero preoccupante.

Però abbiamo un dovere – e ritengo di avere un dovere anche di coscienza – di fare alcune considerazioni su questa materia, che reputo così delicata e nella quale intravedo delle implicazioni addirittura di sistema, che cercherò, pur brevemente, in questa mia illustrazione, di illustrare in modo adeguato.

Ecco, io credo, Presidente, che, come Parlamento, noi tutti stiamo proprio sbagliando tutto. Il primo grave errore è stata la legge “Spazzacorrotti” e aver eliminato il cosiddetto doppio binario. Il doppio binario era quel principio giuridico, in base al quale la legislazione si differenziava a seconda della gravità dei reati. Per i reati davvero gravi – ma parliamo di mafia e terrorismo – si potevano adottare discipline particolarmente invasive della privacy e dei diritti individuali.

Si giustificavano, certo, perché si trattava di aggressioni allo Stato, portate avanti da organizzazioni criminali: le une facevano saltare per aria i viadotti che su cui transitavano i giudici, le altre minacciavano e realizzavano attentati terroristici, con l’intento di destabilizzare i nostri sistemi economici e politici.

In questi ambiti si poteva accettare il trojan. Entriamo subito nel tema che voglio affrontare in questo mio intervento: il trojan, questo captatore informatico, che può infettare gli smartphone, ma non solo gli smartphone (le smart TV, i tablet, il computer fisso) e che ha un carattere particolarmente intrusivo; è una cosa completamente diversa dalle intercettazioni telefoniche, perché ha un carattere pervasivo della privacy individuale.

Il soggetto, che viene fatto oggetto di una captazione, viene registrato in ogni suo aspetto. È più di un’intercettazione ambientale: viene registrata la vita privata, i gusti commerciali, l’orientamento sessuale, le preferenze sessuali, tutta questa serie di dati viene immagazzinata. Mi domando: ne vale la pena? Ripeto, ne vale sicuramente la pena per mafia e terrorismo.

Personalmente non ritengo che ne valga la pena quando questo tipo di strumento venga utilizzato, invece, per fattispecie di reato meno gravi, tra le altre, per esempio, che so, il traffico di influenze o altri reati di questa natura. Chi conserverà questi dati? Che uso ne farà? Quali garanzie avranno i cittadini di un utilizzo corretto di questi dati? Non è dato sapere, rimangono dei seri dubbi.

Come sempre, colleghi, è solo l’esperienza concreta, quella che ci fa comprendere fino in fondo la portata di uno strumento. Io vi confesso che il significato di questo strumento l’ho capito soltanto qualche mese fa, dopo aver letto sulla stampa i resoconti del caso Palamara. Qui ritengo di dover mettere dei punti fermi, che magari non sono condivisi da tutti, ma che, secondo me, sono indubitabili su un piano di giustizia e di diritto. In quel caso le captazioni sono intervenute in relazione ad una ipotesi di reato, quella della corruzione, che la stessa procura ammette e assume avvenuta molto tempo fa.

Rispetto a quella ipotesi di reato, fino ad oggi, non ha avuto luogo l’udienza preliminare e neppure il rinvio a giudizio. Tuttavia, le trascrizioni di quelle intercettazioni, di quelle captazioni, che dovevano rimanere segrete, sono invece finite su tutti i giornali – le abbiamo lette tutti, con più o meno curiosità – e, in conseguenza di quelle intercettazioni, ben sei componenti dell’organo di autogoverno della magistratura, sotto una pressione mediatica e in taluni casi, almeno a mio giudizio – modesto, ma a mio giudizio – per comportamenti che reputo veniali, sono stati costretti alle dimissioni.

La composizione di quell’organo è stata alterata, anche, se vogliamo, sotto il profilo politico. Ecco, quella del Consiglio superiore della magistratura in carica è, se vogliamo, una vicenda piccola, circoscritta, ma, a mio giudizio, può essere paradigmatica di quali effetti distorsivi negli assetti democratici può avere l’utilizzo di metodi così invasivi. Io credo, colleghi, che un mezzo così pervasivo andrebbe utilizzato con la massima cautela e per questo ritengo che il Parlamento abbia sbagliato a introdurre l’utilizzo del trojan anche per i reati contro la pubblica amministrazione e allargare a dismisura l’utilizzo in generale di questo strumento.

I Parlamenti, colleghi, anche storicamente, hanno avuto la funzione di arginare l’arbitrium principis; il principio dell’habeas corpus – che è stato introdotto, ce lo ricordiamo, nella Magna Charta Libertatum da Carlo II d’Inghilterra – proprio questo sancisce: prevedeva di limitare, ove possibile, al massimo il potere invasivo dell’autorità centrale. È per questo che trovo assurdo, incomprensibile, illegittimo, che un Parlamento intervenga ampliando e non mettendo un freno al limite dell’intervento.

E trovo fuori posto che il Parlamento – e lo dico senza infingimenti -, anche stimolato da un autorevole componente attuale del Consiglio superiore della magistratura come il consigliere Cascini, il quale ha invitato il Ministro Bonafede ad intervenire perché si vada a limitare la portata di una sentenza della Suprema corte di cassazione, la n. 51 del 2020, che una volta tanto aveva sancito dei principi di garantismo nell’utilizzo delle cosiddette intercettazioni a strascico; non è compito del Parlamento ampliare, anzi noi dovremmo tutelare il Parlamento, i parlamentari, i cittadini da questo potere pervasivo. Per questo io credo che noi stiamo vivendo una notte della ragione, una notte dello Stato di diritto, in ordine alla quale io vi invito a meditare.

Non ci resta che sperare in un intervento della Corte costituzionale, che al momento rappresenta l’ultimo baluardo delle guarentigie costituzionali dei cittadini; è già intervenuta relativamente sempre allo “Spazzacorrotti” e alle modifiche dell’articolo 4 della legge Gozzini, e io credo che dovrà intervenire anche con riferimento all’utilizzo di questo trojan. Perché vedete, colleghi, io temo che, se questo è lo spirito con il quale questa norma è stata varata, se le finalità sono quelle che abbiamo letto sui giornali e che vengono sbandierate dal Ministro Bonafede in ogni occasione, temo che troverà conferma nella testa di chi questa legge ha voluto e continua a difendere il teorema davighiano, per cui non esistono politici innocenti, ma colpevoli su cui non sono state raccolte le prove.

Forse, con l’estensione dell’utilizzo del trojan, indagando dal buco della serratura ogni più intimo aspetto di un politico, si potranno raccogliere le prove per incastrarlo e che mancavano all’epoca in cui il consigliere Davigo pronunciò quelle sue parole. Ma come scegliere i politici da indagare rimarrà un punto di domanda, un punto interrogativo grande come un macigno, che inquieta il futuro di questa nostra democrazia.

Di fronte a situazioni così potenzialmente devastanti di equilibrio dei poteri, gli spiriti forti e liberi hanno il dovere, a mio giudizio, di alzare la voce e di ammonire rispetto ai rischi che stiamo correndo.

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