Trump e il caos dazi: perché lo fa? Ci sono quattro letture

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di Stefano Vaccara NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – Il 2 aprile 2025, il Presidente Donald Trump aveva proclamato il suo “Liberation Day“, annunciando tariffe generalizzate su quasi tutte le importazioni. Un 10% fisso, ma con eccezioni esplosive: 34% alla Cina, 46% al Vietnam, 20% all’Unione Europea. Una guerra commerciale globale, dichiarata in un giorno solo. La reazione dei mercati è stata istantanea.

Wall Street è crollata: S&P giù del 4,8%, Nasdaq a -6%, 2,5 trilioni di dollari bruciati in pochi giorni. Ma non è finita lì. Anche il mercato dei titoli di Stato americani – i famosi Treasury Bonds – ha cominciato a tremare. Gli investitori hanno iniziato a vendere in massa. I rendimenti sono schizzati in alto. Tradotto: il mondo stava perdendo fiducia nella solidità economica degli Stati Uniti.

E così, solo sette giorni dopo, il 9 aprile, Trump ha fatto una clamorosa marcia indietro: sospensione per 90 giorni delle tariffe – tranne alla Cina, le cui tariffe sono salite al 125%. E pensare che, pochi giorni prima, durante una cena di gala a New York, parlando di dazi Trump aveva detto che “ora tocca ai paesi del mondo baciarmi il culo…”. Ma dopo la svendita dei bond americani, sembrerebbe che sia stato lui, in fretta e furia, a dover baciare il pavimento.

Come interpretare questa politica del rompo tutto con i dazi ma ora non posso? Ci sono almeno quattro letture. 1. Il redentore populista. Trump si presenta come il difensore della classe lavoratrice americana, colpita da decenni di delocalizzazioni e globalizzazione selvaggia. Le tariffe, in questa visione, sarebbero una “medicina amara” ma necessaria per far rinascere la manifattura USA e riprendere il controllo sull’economia nazionale.

2. Non ha alcuna strategia! C’è anche l’ipotesi opposta: Trump non ha alcuna strategia. È impulsivo e le sue radici nel mondo dell’edilizia in cui è fallito più volte non lo hanno mai preparato a comprendere la complessità del commercio globale. La marcia indietro? Una reazione di panico a conseguenze che non aveva previsto.

3. Il Don del racket commerciale. Don Donald crea il problema e poi ti offre la soluzione…al suo prezzo. Impone dazi per destabilizzare, poi riceve “visite” di leader stranieri che vogliono negoziare. Il 17 aprile, Giorgia Meloni volerà a Washington per chiedere cosa? 4. Il manipolatore del mercato. E se tutto questo caos fosse stato in realtà calcolato per creare onde sui mercati? Annunci improvvisi, reazioni prevedibili, speculazione finanziaria. C’è chi, con informazioni privilegiate, potrebbe aver guadagnato miliardi cavalcando volatilità creata ad arte.

Ma alla fine, la vera miccia che ha fatto esplodere tutto è stata la vendita massiccia dei Treasury Bonds. Come ha scritto The Economist, “le convulsioni del mercato obbligazionario appaiono estremamente pericolose”. I rendimenti dei titoli decennali sono saliti oltre il 4,5%: un campanello d’allarme globale. Quando vendi bond americani, non stai solo mandando un messaggio di sfiducia: stai colpendo al cuore la macchina economica degli Stati Uniti. Trump lo ha capito. E da lì la frenata.

Ora è il Congresso che vuole vederci chiaro. Non solo per il disastro economico, ma per le tempistiche sospette. Il senatore della California Adam Schiffer ha chiesto un’indagine formale su possibili casi di insider trading legati agli annunci tariffari: “Non possiamo ignorare l’eventualità che qualcuno abbia giocato con i mercati grazie a informazioni riservate. Serve trasparenza”.

Con la Borsa a montagne russe e il mercato dei bond nel caos, la possibilità che qualcuno vicino all’amministrazione abbia fatto profitti personali diventa più di una semplice teoria. A oggi, dopo appena 80 giorni dal suo ritorno alla Casa Bianca, l’economia globale è già ostaggio di Trump II. Con un tweet può far crollare non solo Wall Street. Con una frase a caso, far tremare la fiducia nel debito americano. Con una minaccia, mettere a rischio intere catene di approvvigionamento.

Eppure, questa volta, ha trovato il limite. Non nei politici. Non nei sindacati. Ma nel mercato dei titoli di stato. Perché puoi intimidire un leader straniero. Puoi umiliare un alleato. Ma non puoi costringere gli investitori globali a comprare i tuoi bond se non si fidano più di te. Trump voleva che il mondo si inginocchiasse davanti a lui. Ma stavolta, è stato lui a dover fare un passo indietro.

– Foto IPA Agency –

(ITALPRESS)