
Due gatti che giocano con il topo, lo buttano per aria e lo riprendono. Il paese che ha inventato Mickey Mouse e Speedy Gonzales, il piccolo che vince contro il più grosso, ha capovolto la favola, ci ha riportato con i piedi per terra, anzi con le zampe, che rende meglio. Abbiamo visto in diretta tv qual è il trattamento riservato ai deboli nell’era di Trump e di Putin.
Questi due almeno li conoscevamo: Putin, un presidente a vita che non bisogna chiamare dittatore, i cui oppositori muoiono assassinati; Trump, un tycoon che ha scansato i processi grazie all’elezione ed è tornato alla Casa Bianca per regolare i conti con gli oppositori interni e il resto del mondo.
Giove li fa e poi li accompagna, sarà ancora vero?
Quello che sorprende, almeno me, nell’agguato al povero Zelensky, è il vicepresidente americano. J.D. Vance non corrisponde all’idea che ha dato di sé, o che io mi ero fatto, nel libro autobiografico “Elegia americana” (titolo edulcorato dell’edizione italiana, l’originale è “Hillbilly Elegy”, dove hillbilly vuol dire montanaro ma in senso dispregiativo, buzzurro).

Vance proviene da una famiglia disastrata, abbandonato dal padre quand’era ancora piccolo, madre drogata che passava da un compagno all’altro e negli intervalli finiva ricoverata per disintossicarsi. Cresce con la nonna materna, un tipetto che girava con la pistola nella borsetta e la tirava fuori quando gli argomenti non bastavano.
L’ambiente sociale è quello del Kentucky e dell’Ohio anni Ottanta-Novanta, aziende in crisi, lavorazioni dismesse, occupazioni precarie, gente senza equilibrio che tirava a campare con sussidi di stato. Da adolescente i suoi compagni finivano morti per overdose. Se non ha fatto la stessa fine JD lo deve alla nonna, ad una buona stella e al corpo dei Marines dove si arruola. Ci passa quattro anni che sono la sua formazione. Poi ha la fortuna di trovare una fidanzata di classe sociale elevata che lo traina durante il periodo all’università di Yale, dove si laurea in legge. Ed eccolo qui, avvocato d’affari, politico di successo.
Ma l’orgoglio che traspare dalle pagine di quel libro fa a pugni con il JD Vance visto in tv. Un uomo dall’animo piccolo, che va in soccorso petulante del suo capo. Prima di parlare JD si liscia la cravatta, segno ben noto di egocentrismo, poi con il dito indice proteso apostrofa il povero Zelensky: «Hai mai detto grazie in tutto questo incontro, hai mai detto grazie a questo presidente che cerca di salvare il tuo paese?».
Zelensky cerca di rispondere sì, che ha detto grazie un sacco di volte. «No», gli obietta Vance, «lo scorso ottobre sei andato in Pennsylvania a fare campagna elettorale per gli oppositori di questo presidente».
Se fossimo a scuola si direbbe il primo della classe che fa il lecchino dando ragione al professore, il quale non ha bisogno di sentirsela dare per definizione. Questa venatura servile di Vance era l’ultima cosa che, date le premesse del libro, io mi sarei aspettato. E dire che la pubblicità esortava a leggerlo perché così si capiscono davvero gli Stati Uniti di oggi. Parole diverse ma il senso era questo. Dimostrazione invece di come, ancora una volta, la letteratura e la vita non coincidano.
Ad un certo punto Trump arriva anche a motteggiare Zelensky facendogli il verso: «Non voglio un cessate il fuoco, non voglio il cessate il fuoco, voglio questo, voglio quello. Ma prendi il cessate un fuoco, se c’è l’occasione, ti dico io, così i soldati e la gente del tuo paese finisce di farsi ammazzare». E Vance subito di rincalzo: «Ringrazia questo presidente e ammetti di aver torto, perché noi sappiamo che hai torto».
Avevano cominciato a prenderlo in giro per com’era vestito. É vero che Zelesnsky potrebbe portarsi anche camicia e cravatta quando va agli incontri internazionali, ma è sempre il capo di un Paese in guerra. Vance ha visto la guerra in Iraq, anche se non dalla prima linea, perché faceva l’addetto stampa. Trump invece la guarda in tv perché non ha fatto neanche il militare. O meglio, a 18 anni era nella squadra degli atleti dell’esercito e ha scansato il Vietnam per un “infortunio grave”, scrivono i suoi biografi. Infortunio grave e provvidenziale.