Turchia, raid contro il Pkk in Iraq e Siria dopo l’attacco: la risposta di Ankara

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(Adnkronos) –
Raid aerei nel nord dell’Iraq e in Siria. Il Pkk nel mirino della Turchia. Non c’è ancora una rivendicazione, ma subito dopo l’attacco armato contro la sede delle Turkish Aerospace Industries, alle porte di Ankara, Ankara ha parlato di “terrorismo”. Due assalitori sono stati identificati, secondo il ministero degli Interni, come membri del Pkk. “Infliggiamo la punizione necessaria agli ignobili del Pkk”, ha ben presto assicurato il ministro della Difesa, Yasar Guler. E poco dopo sono scattati raid aerei contro obiettivi del Pkk, considerato organizzazione terroristica dal governo di Ankara, nel nord dell’Iraq e in Siria. “Quarantasette obiettivi terroristici distrutti”, hanno detto dal ministero della Difesa di Ankara. E “59 terroristi neutralizzati”, compresi due “leader”. Le Forze democratiche siriane (le Fds) parlano dell’uccisione di 12 civili, compresi due minori, e del ferimento di 25 persone in raid nel nord e nell’est della Siria. A guida curda, con una componente araba e sostenute dagli Usa) le Fds sono state cruciali nella lotta all’Isis. Ma per la Turchia, alleata Nato, le Ypg che ne fanno parte sono organizzazione terroristica al pari del Pkk.  La Turchia effettua regolarmente raid aerei contro il Pkk in Iraq e Siria. Operazioni contro cui in passato hanno protestato puntualmente le autorità del Kurdistan iracheno e di Baghdad. Il leader turco Recep Tayyip Erdogan, da Kazan (in Russia) per il summit dei Brics, ha parlato di un “attacco efferato” che ha “rafforzato la determinazione della Turchia”, che vuole “eliminare il terrorismo”. E’ lo stesso leader turco che ad aprile è sbarcato a Baghdad per la prima visita nel Paese negli ultimi 13 anni. La tabella di marcia per la dichiarata volontà di cooperazione tra Baghdad e Ankara – dopo anni di controversie – si chiama ‘Development Road’, un ‘ponte’ tra infrastrutture e politica. L’attacco armato alle porte di Ankara è arrivato all’indomani delle dichiarazioni di Devlet Bahceli, leader del partito del movimento nazionalista (Mhp, alleato di Erdogan), che ha invitato Abdullah Ocalan, in carcere dal 1999, a parlare in Parlamento per annunciare le fine del “terrorismo” e del Pkk. E pochi giorni dopo le elezioni legislative di domenica scorsa nel Kurdistan iracheno, celebrate con due anni di ritardo rispetto alla data prevista. I risultati non ancora definitivi assegnano la vittoria al Partito democratico del Kurdistan (Pdk), la forza politica dei Barzani, già al potere nella regione. —internazionale/esteriwebinfo@adnkronos.com (Web Info)