“E’ evidente. Se vogliamo salvare il tessuto imprenditoriale veneto dedito al turismo, quasi 16mila 500 imprese solo nell’artigianato, da qui a fine anno dobbiamo attivare tutti gli strumenti utili ad intercettare il maggior numero possibile dei 12,7 milioni di nostri connazionali che lo scorso anno sono andati in vacanza all’estero tra giugno e dicembre e che, molto probabilmente rimarranno in Italia per le vacanze. Dobbiamo puntare sulla qualità con un ragionamento analogo all’export: la desiderabilità dell’esperienza italiana” lo afferma Agostino Bonomo Presidente Confartigianato Imprese Veneto a commento delle risultanze sui flussi turistici elaborati dall’Ufficio Studi Confartigianato.
I 100 giorni di lockdown hanno lasciato, in regione Veneto, un “buco” da 4,5 milioni di arrivi e 12,5 milioni di presenze (il 67,4% stranieri). A tanto infatti ammontavano, nel 2019, arrivi e presenze (i pernottamenti) nelle cinque destinazioni, mare, città d’arte, lago, montagna e terme, nei mesi di marzo, aprile e maggio. Un blocco che ha fatto venire meno 4 miliardi di fatturato e mandati in fumo almeno 3 miliardi di consumi turistici.
Ora che, con cautela, si torna a viaggiare: la Ue ha fissato due date simboliche, per la riapertura delle frontiere: il 15 giugno per i Paesi membri e 1° luglio per gli altri, è bene cercare di analizzare cosa potrà succedere. Molte sono le incognite sulla ripresa del turismo in vista della stagione estiva.
Dalla fotografia sul turismo in Veneto scattata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Veneto emerge che il periodo da giugno a dicembre vale circa il 76,7% del movimento turistico complessivo regionale: oltre 14 milioni di arrivi e 54milioni e mezzo di presenze. Il 68,7% delle quali imputabili a stranieri (37milioni e mezzo) e quindi in forte dubbio, considerando l’estrema incertezza della situazione. 15 milioni e mezzo erano state le presenze di stranieri al mare (41,4%), 11 milioni e mezzo nelle città d’arte (30,6%) e 9 milioni nei laghi. Un milione e mezzo infine tra montagna e terme. Nello stesso periodo 12,7 milioni di italiani, la gran parte tra città d’arte e mare (82%), hanno trascorso le loro vacanze all’estero.
Uno scenario complesso e preoccupante che impatta direttamente sulla vita di 16 mila cinquecento imprese artigiane venete, quelle coinvolte più direttamente dal turismo (Abbigliamento e calzature, Agroalimentare, Altre industrie manifatturiere, Attività ricreative, culturali e intrattenimento, Bar, caffè e pasticcerie, Carta, Giornali, guide, editoria, Orafo e argentiero, Ristorazione, Strumenti musicali, Trasporto persone). Si tratta del 13,2% del totale artigianato che, nei primi tre mesi del 2020, hanno fatto registrare ben 521 cessazioni (pari al 14,3% del totale chiusure), quasi 6 al giorno.
“Mi ha colpito di recente la notizia -afferma Bonomo – che in un noto campeggio del Cavallino, al ponte del 2 giugno, hanno soggiornato 1.300 veneti. Una quota mai raggiunta a detta degli stessi titolari. Ci sono grandi margini di crescita di turismo domestico se miglioriamo la conoscenza dei veneti e degli italiani sulle bellezze della nostra regione. In questo anno di scarsa movimentazione dobbiamo intercettare il maggior numero possibile dei nostri connazionali. Dobbiamo puntare sulla qualità con un ragionamento analogo all’export la desiderabilità dell’esperienza italiana. Dobbiamo rafforzarci come meta esperienziale unendo ambiente, patrimonio culturale e produzioni, agendo sulla leva della desiderabilità e non sull’offerta a basso costo. Il turismo è un «di cui» dell’export il cui consumo si realizza sul territorio. La differenza è che a spostarsi è il consumatore e non il prodotto. Bisogna rilanciare il Veneto come destinazione esclusiva”.
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