Turismo, Nicola Piccolo (Confcommercio Vicenza): “Settore che regge bene, ma serve ridare capacità di spesa ai consumatori”

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L’andamento dell’inflazione e il conseguente aumento delle spese si è fatto sentire, sia per le imprese che per i consumatori, ma il turismo vicentino ha comunque vissuto una buona estate, con una significativa percentuale di imprese dell’alloggio e della ristorazione che hanno registrato un aumento della clientela rispetto all’anno scorso, ma anche nel confronto con il 2019.

È quanto emerge dai circa 200 questionari compilati da strutture ricettive e pubblici esercizi della provincia, analizzati da Confcommercio Vicenza che ha voluto monitorare l’andamento della stagione, specificatamente nel periodo giugno-agosto.

“Il 2023 era partito molto bene, con ottimi risultati certificati dalla crescita di arrivi e presenze in provincia nei primi 5 mesi dell’anno, ma c’era un po’ di preoccupazione per l’estate per un sentiment non proprio positivo sulla capacità di spesa dei consumatori – è l’analisi del presidente provinciale di Confcommercio Vicenza Nicola Piccolo -. Possiamo dire che il turismo in provincia ha retto bene, con imprenditori sostanzialmente soddisfatti e fiduciosi anche per il futuro, pur in una situazione economica generale che ha probabilmente frenato in parte la spesa.  Se è pur vero che la crescita dei servizi e del turismo potrebbe riportare quest’anno i consumi, che valgono il 60% del Pil, ad un livello di normalità, è chiaro che tutto questo è possibile se ci saranno segnali forti da parte del Governo di rilancio dell’economia e interventi per ridare potere d’acquisto agli italiani”.

Crescono i clienti in alberghi e ristoranti, ma sono più prudenti
Andando più nello specifico dei risultati del questionario, per quanto riguarda il settore ricettivo l’andamento della stagione (da giugno ad agosto) è stato giudicato discreto dal 35% dei rispondenti, buono dal 53% e ottimo dal 6%  e infine pessimo per un altro 6%.
Per il 22% delle imprese l’arrivo dei clienti è stato stabile rispetto allo stesso periodo del 2022, ma è invece aumentato per il 41%, percentuale che sale al 56% se il confronto è fatto al periodo giugno-agosto del 2019. Meno positivo il giudizio, rispetto alla media provinciale, in Altopiano di Asiago che ha probabilmente risentito di una situazione climatica altalenante: qui il 50% delle strutture ricettive che hanno risposto al questionario hanno notato una diminuzione di arrivi rispetto a giugno-agosto 2022 (per il 20% sono rimasti invariati e per il 30% aumentati), anche se poi il confronto con lo stesso periodo del 2019 rimane assolutamente positivo, con un 63% di imprese che hanno dichiarato un aumento degli arrivi rispetto al periodo pre-covid.

Focalizzandosi sulla città di Vicenza (e comuni limitrofi), spicca il fatto che il 50% delle strutture ha notato, tra giugno e agosto, un aumento dei turisti stranieri rispetto allo stesso periodo del 2022, a conferma di una sensazione che si poteva già avere girando per la città in piena estate.

Anche per quanto riguarda i pubblici esercizi (ristoranti, pizzerie, bar), il questionario ha restituito una situazione positiva: per il 36% la stagione (sempre riferita al trimestre giugno-agosto) è stata discreta, per il 40% buona e per l’11% ottima, mentre è stata una stagione negativa per il 14%. Il 44% delle imprese rispondenti ha registrato un aumento dei clienti rispetto allo stesso periodo del 2022 (percentuale che passa al 49% nel confronto con giugno-agosto 2019), mentre sono stati stabili per il 27% .
Probabilmente, però, gli operatori vicentini del turismo si aspettavano un po’ di più da questa estate. Alla domanda specifica se l’effetto dell’inflazione ha portato ad una diminuzione dei clienti, il 55% degli imprenditori turistici del vicentino interpellati hanno risposto sì. Ma ancor più, alla domanda se l’inflazione ha portato anche ad una diminuzione delle spesa media del cliente, a rispondere di sì sono stati il 75% degli operatori del settore ricettivo e il 78% della ristorazione.

I costi aumentano più dei prezzi
Altro capitolo sondato dal questionario di Confcommercio Vicenza è stato quello dell’aumento dei costi. Anche qui strutture ricettive e pubblici esercizi sono sulla stessa linea d’onda: i costi, nel periodo giugno-agosto, sono aumentati per l’89% dei rispondenti al questionario, con incrementi che si collocano, per la maggior parte delle imprese (il 60%) dall’11% in su, con picchi anche sopra il 30% (segnalati dal 7% dei rispondenti).
Così, se da un lato almeno un’impresa su 3 ha lasciato comunque i listini bloccati (sia nell’alberghiero che nei pubblici esercizi), le altre hanno deciso di aumentare i prezzi nei mesi estivi del 2023. Però, solo il 3% degli alberghi e il 13%  dei pubblici esercizi che hanno risposto al questionario hanno aumentato i listini con percentuali superiori all’11%. Il resto delle imprese ha risposto dichiarando di essere rimaste al di sotto di questa soglia, con la percentuale più significativa (il 36% degli alberghi e il 33% dei ristoranti) che ha ritoccato al listino fino al 5%.
“Nessuno aumenta i prezzi a cuor leggero, soprattutto le nostre imprese che si fondano non solo sulla qualità di ciò che offrono, ma anche sulla relazione con il cliente – interviene su questo punto Gianluca Baratto, presidente di Fipe-Confcommercio Vicenza, che rappresenta il settore bar-ristorazione -. Per questo chi ha potuto, ha cercato di stare fermo con i prezzi o contenerli il più possibile per venire incontro al consumatore e sperando che l’impennata dei costi si sgonfi. Ma poi bisogna fare i conti con il mercato e con la redditività e dunque l’auspicio è che l’inflazione reale rientri in fretta e che si recuperi potere d’acquisto”.
“Non dimentichiamoci – ribadisce a questo proposito il presidente Nicola Piccolo – che le imprese stanno ancora sostenendo dei costi per le forniture energetiche che, se anche sono minori rispetto al 2022, sono di gran lunga superiori rispetto agli anni pre covid”. Secondo i dati elaborati da Confcommercio Vicenza, se prendiamo, ad esempio il valore del PUN medio mensile dell’energia elettrica, nei primi 8 mesi del 2023 si colloca a 129,75 euro/Mwh a fronte di un valore medio degli anni 2013-2019 di 53,96 euro/Mwh. Per quanto riguarda il gas, l’indice di riferimento, il PSV, nei primi sette mesi del 2023 ha un valore medio di circa 48 centesimi di euro al metro cubo, a fronte di un valore medio nel periodo 2017 /2019 di circa 21 centesimi al metro cubo.

Moderato ottimismo per il futuro
Nonostante la situazione ancora difficile sul fronte dei costi, però, le imprese sono moderatamente ottimiste. Alla domanda sulle prospettive di lavoro nelle prossime settimane, il 47% dei pubblici esercizi e il 58% delle strutture ricettive hanno risposto “discrete”; rispettivamente il 38% e il 39% le ritengono buone, mentre sono ottime per il 6% dei pubblici esercizi e il 3% degli alberghi; pessime solo per l’8% dei pubblici esercizi.


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