Il nostro tour per la Tuscia romana, luogo d’elezione della civiltà etrusca, cominciato la scorsa settimana con Civita di Bagnoregio e Celleno, continua alla scoperta delle Perle d’Italia e, anche se ufficialmente non inserito nella lista borghi più belli, noi riteniamo che San Martino al Cimino meriti di essere visitato e apprezzato per l’ottimo stato di conservazione della sua Abbazia e per la storia che lo caratterizza.
San Martino al Cimino dista circa 5 km in direzione sud dalla città di Viterbo, di cui è attualmente una frazione, sin da quando in epoca fascista, nel 1928, perse lo status di comune autonomo. Grazie all’ottima posizione strategica, risulta un ottimo punto di riferimento logistico per visitare tutti gli altri borghi più belli della Tuscia e poi, con i suoi 560 metri di altitudine e la freschezza del Lago di Vico alle
spalle, qui la permanenza risulta davvero piacevole.
Il centro storico del borghetto risale al XII secolo e si snoda a partire da una sola strada principale centrale, via Andrea Doria Pamphili, che parte dalla zona più bassa del paese con la Porta Viterbese e giunge fino alla Porta Montana in direzione Roma, passando attraverso l’Abbazia di San Martino con annesso complesso monastico cistercense. Il complesso fu costruito proprio intorno al 1150, ristrutturato da papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini, ma effettivamente recuperato intorno al 1600 da Olimpia Maidalchini, cognata di papa Innocenzo X, la quale fece addirittura giungere da Roma l’architetto Francesco Borromini per recuperare la chiesa e ravvivare il borgo, considerato quasi una prelatura personale.
L’Abbazia è dedicata a San Martino di Tours, da cui il nome dello stesso borghetto, e venne costruita dai monaci cistercensi di Bernardo di Chiaravalle, infatti l’architettura risulta tipicamente cistercense, nonostante l’imponenza dei due alti campanili del Borromini sulla facciata anteriore dell’abbazia, che fungono principalmente da contrafforti.
A buon diritto tra i borghi più belli d’Italia vi è, invece, Vitorchiano, altro famoso set cinematografico situato ad una decina di km a nord-ovest della città di Viterbo. La spettacolarità del borghetto è tutta nella sua architettura e nel suo paesaggio, infatti la parte più antica del paese è costruita sopra una rupe, costellata da numerose abitazioni una accanto all’altra scavate nella roccia, destinate perlopiù a funzionare come strutture ricettive per un turista che cerca essenzialmente la pace.
Il sito pare essere stato abitato sin dall’età del bronzo, ma poi in epoca etrusca venne votato alla dea Norzia, alla quale si risalirebbe dal nome Vicus Orclanus, cioè vico legato al borgo di Orcla, luogo sacro alla dea citata. Come la maggior parte dei borghi della zona, anche Vitorchiano subisce passivamente nel corso dei secoli le conseguenze delle scaramucce feudali tra i signori di Viterbo e quelli romani con altalenanti sorti per il recupero e il restauro necessario di molte strutture pubbliche e private.
Per l’ora dell’aperitivo si è pensato di allungarsi di circa una ventina di chilometri e raggiungere Montefiascone, non foss’altro che è terra di produzione di vini DOC. Il paese è collocato sopra una rocca ed è il punto geografico più alto della provincia di Viterbo, superando i 600 metri sul livello del mare, in teoria siamo in montagna! Conviene lasciare le auto nel parcheggio in basso e avventurarsi a piedi, dopo aver ridotto il dislivello per mezzo di un ascensore. Si raggiunge così la cima della Rocca dei Papi, un esemplare di architettura civile in posizione assolutamente strategica, da cui si può ammirare l’incantevole panorame del Lago di Bolsena.
Il tour della Tuscia romana non può non concludersi con qualche interessante ricordino della zona e poiché siamo un po’ golosi e molto goduriosi, non può mancare un salto alla cantina sociale Montefiascone per caricare qualche bottiglia di ottimo EST! EST!! EST!!!, il classico DOC bianco della zona collinare viterbese, che aveva attirato in questi territori papi e sommelier tedeschi, le cui caratteristiche sono state già esaltate dalla Wine Specialists Council. Ma per non restare con la pancia vuota, noi consigliamo di attrezzarsi con dei salumi, una Susianella di cinghiale, una porchetta, delle coppiette di lombo di suino, un capocollo di suino della Tuscia, magari dallo spettacolare Salumificio Coccia a Viterbo, un vero e proprio santuario per gli ultimi esponenti della resistenza al veganesimo!