Tutto il potere alla Casa Bianca, Donald Trump scatenato

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di Stefano Vaccara

NEW YORK (STATI UNITI) (ITALPRESS) – In pochi giorni, l’amministrazione Trump è piombata in un nuovo vortice di caos istituzionale: informazioni militari classificate lasciate fuori controllo e senza responsabilità, attacchi alla magistratura, proteste universitarie e libertà di pensiero represse, tensioni con l’ONU e una guerra commerciale rinforzata con dazi sulle auto straniere.

Tutto è esploso il 13 marzo, quando il Consigliere per la Sicurezza Michael Waltz ha creato una chat su Signal per coordinare un attacco contro i ribelli Houthi in Yemen. Tra i partecipanti: il vicepresidente J.D. Vance, il Segretario alla Difesa Pete Hegseth, il Segretario di Stato Marco Rubio, il direttore della CIA John Ratcliffe, la direttrice dell’intelligence Tulsi Gabbard e altri membri del gabinetto.

Ma Waltz, incredibilmente, ha incluso anche Jeffrey Goldberg, direttore di The Atlantic. Ignari della presenza del giornalista, i funzionari hanno discusso liberamente dettagli operativi, con Hegseth in particolare che ha condiviso target, armamenti e tempistiche. Goldberg ha pubblicato parte della conversazione, omettendo ciò che riteneva “top secret”. Ma quando l’amministrazione ha cercato di screditarlo, sostenendo che la chat non contenesse materiale classificato, The Atlantic ha pubblicato nuovi estratti, smentendo la Casa Bianca.

L’uso di un’app commerciale per un’operazione sensibile ha fatto esplodere la polemica. Senatori di entrambi i partiti parlano ora di “gestione arrogante e caotica” della sicurezza nazionale. E il paradosso non sfugge: gli stessi che attaccarono Hillary Clinton per email private, oggi minimizzano un errore ben più grave.

Il Congresso ha convocato in audizione, a porte chiuse, figure centrali come Kash Patel, John Ratcliffe e Tulsi Gabbard. I toni sono stati tesi. Waltz è al centro della bufera, ma è soprattutto Hegseth, che ha postato le informazioni più delicate, ad essere considerato il vero responsabile.

I messaggi rivelavano dettagli dell’attacco fino a due ore prima dell’azione, mettendo a rischio la vita di piloti americani. Ora, su Hegseth pende anche una denuncia legale da parte di una ONG, per aver violato le norme federali sull’uso di canali non protetti. Il giudice sorteggiato per il caso? James Boasberg, lo stesso che ha bloccato le deportazioni dei venezuelani.

Intanto, i tribunali federali hanno bloccato gli ordini esecutivi di Trump sulle deportazioni immediate di migranti senza udienza. Trump ha reagito accusando i giudici di sabotaggio. Ma a dar man forte alla Casa Bianca è stato lo Speaker Mike Johnson, che ha detto: “Il Congresso controlla i fondi dei tribunali. Se continuano così, possiamo chiudere interi distretti”. Una minaccia senza precedenti all’indipendenza della magistratura, che ha scatenato l’allarme anche tra giuristi conservatori. Sempre più voci parlano di una crisi costituzionale imminente.

Ma la tensione non si ferma a Washington. Alla Tufts University, una studentessa turca, Rumeysa Ozturk, è stata arrestata da agenti in borghese, dopo che mesi fa sul giornale dell’università aveva firmato un articolo che attaccava la politica israeliana a Gaza considerandola “genocida”.

Le autorità parlano di “retorica antisemita”, ma testimoni e avvocati smentiscono. Le proteste si sono estese a Columbia, Stanford e Chicago, dove sono stati fermati altri studenti. Organizzazioni civili parlano di violazione del Primo Emendamento e denunciano un clima da repressione autoritaria. Anche l’ONU ora prende precauzioni. I dipendenti delle Nazioni Unite a New York sono stati invitati a uscire sempre con tesserino e visto diplomatico ben visibili, per evitare possibili fermi o interrogatori da parte dell’ICE.

Al briefing, si sparge la voce che qualcuno ha visto un furgone dell’ICE – la forza di polizia che si occupava dei migranti illegali, ma che con Trump ora va a caccia anche di stranieri con visto e residenti – nei pressi del Palazzo di Vetro. E proprio mentre la tensione con l’ONU cresce, Trump ha ritirato la nomina della congresswoman di New York Elise Stefanik come ambasciatrice. L’annuncio, via Truth Social, ha motivazioni esclusivamente interne: evitare di perdere il suo seggio alla Camera, dove i repubblicani hanno una maggioranza risicata. Stefanik aveva già concluso le audizioni al Senato.

Una mossa che conferma lo snobismo di Trump per l’ONU e il suo disprezzo per il multilateralismo: da quando è tornato alla Casa Bianca, non ha ancora mai parlato con il Segretario Generale António Guterres.

Infine, Trump ha riacceso la miccia del protezionismo economico, annunciando dazi del 25% sulle auto importate da Europa e Canada. L’UE e Ottawa hanno risposto minacciando misure speculari su settori strategici americani, dall’agricoltura alla tecnologia. Dai cieli dello Yemen alle aule universitarie, dai tribunali federali al Palazzo di Vetro, la strategia di Trump è chiara: ridurre ogni contrappeso, alzare la voce, concentrare sempre più il potere alla Casa Bianca. Gli Stati Uniti si avvicinano così a una linea rossa storica e il prezzo da pagare potrebbe essere l’equilibrio stesso della democrazia americana.

-Foto IPA Agency-
(ITALPRESS).