Appartengo a una generazione che si è “formata” sui libri di Ulderico Bernardi ((Oderzo, 15 gennaio 1937 – Treviso, 7 aprile 2021) da “Le mille culture” a “Le radici dei giorni” a “Paese veneto” a “Culture locali” (nel quale ritrovo proprio adesso la dedica “A Ettore con antica amicizia e condivisione) a “Abecedario dei villani” a tante altre preziose ricerche e testimonianze.
Ci eravamo conosciuti in Istria, quella terra straordinaria che amava tantissimo e alla quale ha dedicato tanto studio e tanta passione, in un convegno organizzato da un carissimo amico, Marino Vocci, che ci ha lasciato qualche anno fa; Ulderico era già un sociologo affermato e un docente prestigioso ma la cosa che più mi colpì fu la sua estrema modestia e affabilità, sapeva mettere tutti a suo agio, evitando da far pesare la sua preparazione e il suo spessore … e non è cosa da poco in certi ambienti…
Ci ritrovammo qualche anno più tardi, quando organizzai a Vicenza un convegno incentrato sull’Istria, alla quale partecipò anche la vice presidente della Regione Istriana, Loredana Bogliun, e anche quella volta incantò la platea con la sua dialettica e con la sua profondità.
Nel frattempo ero diventato assessore regionale ai rapporti con i Veneti nel mondo e organizzai una serie di relazioni, tenute da più docenti di Cà Foscari, presso l’Università di Caxias do Sul (Rio Grande do Sul) per illustrare ai brasiliani di origine veneta il Veneto di fine novecento: fu un successo straordinario, ma la parte più esaltante fu quando, fra una relazione e l’altro, andammo assieme a Serafina Correa, la capitale del talian.
Fummo travolti entrambi da un’accoglienza straordinaria, da un calore e da una amicizia che solo che è stato laggiù può capire. Ricordo un altro aspetto di Ulderico Bernardi: era instancabile, aveva una capacità incredibile di appuntarsi tutto, non gli sfuggiva proprio nulla … Fu una esperienza incredibile, e anche nel corso della nostra ultima telefonata, quattro-cinque mesi fa, mi ricordò quei momenti, chiedendomi se avevo ancora rapporti con Paolo Massolini che ci aveva “costretto” ad essere ospiti a casa sua.
Il prof. Bernardi fu ancora uno dei protagonisti dell’ultima iniziativa che ho messo in cantiere come assessore: il progetto dell’euroregione “Alto Adriatica” che fu nobilitato da una sua splendida relazione.
Era il marzo del 1995 e dopo di allora le occasioni di ritrovarci furono meno frequenti, ma quando potevo, cercavo sempre di essere presente agli incontri pubblici che lo vedevano protagonista; ricordo, per esempio, qualche anno fa, una sua magistrale relazione in occasione dell’incontro sul tema “San Martino, capodanno dell’economia veneta” nella sede del Consiglio Regionale del Veneto o quando, a Vicenza, mi allungò, sorridente come sempre, la copia di un prezioso volume “Dominium Venetum” del quale aveva curato i testi.
E proprio in virtù di questo rapporto che ci legava gli chiesi di curare la presentazione al mio “La Repubblica Settinsulare”, con un po’ di timore perché avevo capito che non era più in splendida forma … “A ti no posso dirte de no” mi disse e così dopo pochi giorni mi arrivo la sua email, un’ulteriore dimostrazione di amicizia che in questi giorni assume, ancora di più, un significato del tutto particolare.
Un ultima considerazione che nasce da un foglio ingiallito che trovo nel mio archivio; è un articolo pubblicato sul “Mattino” il 5/7/1983, qualche settimana dopo il primo trionfo della Liga Veneta alle politiche del maggio 1983: mentre gli intellettuali, i politici e il mondo dell’informazione facevano a gara a chi la sparava più grossa contro di noi, Ulderico Bernardi uscì nella pagina della cultura con “La Liga Veneta non ci sorprende” nella quale analizzò i motivi del successo lighista “L’universalizzazione porta con sé il bisogno di radici” parlando di “Il bisogno di riconoscersi nella propria specificità rifiutando l’omogeneizzazione”. E ancora “Ci sarà dunque il trasferimento di un modello veneto sul piano Nazionale? Le riforme istituzionali che i grandi partiti avvieranno in questi giorni dovranno tenerne conto o ci si limiterà a salvaguardare il potere centrale?”
Grazie di tutto, caro Ulderico, e grazie soprattutto per aver nobilitato la nostra Terra, per averci aiutato a capire le profonde trasformazioni del nostro Veneto, per averci aiutato a riscoprire l’orgoglio di parlare la nostra lingua e a studiare la nostra storia, per averci fatto capire che l’enorme patrimonio culturale della nostra civiltà non è un vecchio arnese arrugginito ma una chiave preziosa per guardare al futuro.
Ettore Beggiato