È andata bene anche a Salerno. Un ottimo pareggio (1-1) sul campo di una squadra di rango più altolocato, che il Vicenza è riuscito a domare senza eccessivi patemi e giocando una buona partita. Questo risultato tranquillizza dopo la sconfitta con il Monza (a proposito: visto che figuraccia ha fatto con il Pisa?) e si inserisce coerentemente in un contesto stagionale ormai delineato per i biancorossi.
Per valutare il percorso del Vicenza in questo primo campionato in Serie B, è una prospettiva sbagliata però l'analisi partita per partita. Ormai, infatti, si può ragionare fondatamente sul rendimento a medio e lungo termine e quindi può essere fuorviante disquisire sulla prestazione nella tal partita, sul rigore che c’era o forse no, sulla sfortuna e sugli infortuni.
Siamo alle soglie della parte cruciale del campionato, che da sempre si avvia a marzo, e, dopo ventitre partite più due in Coppa Italia, l’identikit del Lane è sufficientemente delineato. La prima constatazione è che il rango dei biancorossi è quello di squadra di classifica medio-bassa e che l’obiettivo stagionale è la salvezza.
Quindi c’è corrispondenza del livello tecnico con quello gestionale. La società, passata l’euforia di inizio stagione per cui proclamava un ruolo ben più importante, ha ridimensionato le mire e si è adeguata alla realtà predicando il mantenimento della categoria come target. La componente tecnica (ds, allenatore e squadra) ha finora rispettato le consegne e la classifica dei biancorossi si è stabilizzata nella posizione di competenza.
Le statistiche confermano che il rendimento consolidato potrebbe essere sufficiente, alla 38a giornata, ad assicurare un altro campionato fra i Cadetti. I punti immagazzinati sono 26 in 23 gare: la media è di 1,13 a partita. Mantenendola fino in fondo si arriverebbe a 42,95 punti. La media per la salvezza diretta è 1,17 e quella per accedere ai play out è 1,15. Quindi il Vicenza sarebbe, seppur di poco, sotto media in entrambi i conteggi. Per salvarsi direttamente, in realtà mancherebbe qualcosa, non molto a dire il vero e niente di sovrumano.
Difficile prevedere se il rendimento attuale possa comunque bastare perché va rapportato con quello delle concorrenti alla salvezza e si sa che alcuni allenatori preparano la stagione puntando a dare il massimo nel finale. Può darsi, però, che sia così anche per il Vicenza.
Un’altra linea di tendenza ormai chiara è che la squadra allenata da Di Carlo non ha nelle sue corde la vittoria facile. Lo dice la classifica: i successi sono stati solo cinque e undici i pareggi (di più ne ha collezionati solo il Cosenza: 13). È in conseguenza ridotto il numero delle sconfitte (sette), un dato – questo – indubbiamente molto positivo.
Il Vicenza non ha perso, diciamo così, con gran parte delle squadre top (vittoria sul Brescia e pari con Salernitana, Empoli, Frosinone, Chievo, Venezia nel ritorno). Delle grandi o presunte tali, solo SPAL, Cittadella, Lecce, Venezia (andata) e Monza (nel ritorno) sono riuscite a battere i biancorossi. Con quelle che stanno nel lato destro della classifica, hanno diviso la posta (Pisa, Cosenza, Reggina), sono stati sconfitti da Entella e Reggiana, hanno pareggiato però la media battendo Cremonese, Pescara e Ascoli.
Il quadro che ne risulta è un andamento discontinuo, in cui prevalgono comunque i pareggi intervallati da rari exploit e da alcune inspiegabili cadute. L’unica partita perfetta è stata quella vinta a Brescia (3-0).
La spiegazione di questo rendimento incostante la si trova ancora nelle statistiche: il Vicenza ha incassato ben trentun gol (quasi uno e mezzo a gara) collocandosi fra le difese più battute del girone. Da sottolineare che è la squadra che ha subìto più gol di testa. Sono state, infine, solo quattro le clean sheet, cioè le partite chiuse senza prendere gol.
È evidente che un miglioramento difensivo è la chiave per aggiungere quel poco che manca per un rendimento me-dio che assicuri la salvezza. Le difficoltà non sembrano legate al modulo, anche se ultimamente Di Carlo non si è tirato indietro nello schierare addirittura cinque o sei difensori puri. I problemi sono quindi individuali, come dimostra la tendenza dell’allenatore a ricorrere al turn over e non solo per dare un turno di riposo a chi ha giocato di più. Lo spostamento di Cappelletti, ad esempio, dal ruolo di difensore centrale a quello di esterno destro sembra motivato dalla necessità di dar maggiore copertura a quella fascia.
È però davvero inspiegabile come non sia ancora stato possibile risolvere il problema di piazzamento sui pal-loni alti. Non mancano ai difensori le doti acrobatiche sugli spioventi: si è ben visto che, quando sono chiamati in area avversaria per i corner, hanno spesso buon gioco sugli avversari. Come mai in fase difensiva non ci arrivano?
Certo anche segnare qualche gol in più sarebbe utile alla causa. Anche sotto questo profilo il problema è individuale. Si è detto e ripetuto che in rosa non ci sono goleador e questo deficit strutturale ormai resterà tale fino al fine campionato. Di Carlo ha ovviato, almeno finora, trasformando in uomini gol difensori e centrocampisti. Delmonte, Da Riva e, nelle partite più recenti, Giacomelli hanno risposto molto positivamente segnando gol importanti. Però bisogna pensare a qualche alternativa perché gli avversari non stanno a guardare e non capiterà ancora tanto facilmente che il capitano riesca ad arrivare tanto facilmente al tiro.
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