Cinque partiti (Movimento 5 Stelle, Lega, Partito Democratico, Forza Italia e Fratelli d’Italia) si dividono oggi 592 dei 630 seggi della Camera dei Deputati, vale a dire il 94 per cento dei seggi disponibili. I restanti 38 seggi sono divisi tra Gruppo Misto, Leu e altri gruppi assolutamenteminori. Si tratta di una situazione molto diversa da quella alla quale eravamo abituati, con la presenza di una decina di partiti che potevano pesare nei giochi parlamentari e altri gruppi minori che comunque spesso rientravano in gioco in caso di maggioranze risicate (ricordiamo i cosiddetti “Responsabili”?).
Anche il Governo presenta una situazione inedita con due soli partiti. È vero, nella cosiddetta Seconda Repubblica ci sono stati il Partito delle Libertà o l’Ulivo, ma erano coalizioni che all’interno ospitavano posizioni non sempre convergenti.
Da punto di vista dell’Esecutivo la Prima Repubblica conobbe anche la stagione del Pentapartito. È la coalizione che governò il Paese negli anni ’80. Era composta dalla Democrazia Cristiana, dal Partito Socialista, dai Socialdemocratici, dai Repubblicani e dai Liberali. Allora c’erano anche molti piccoli partiti favoriti dalla legge elettorale proporzionale. Era il tempo in cui un partito con il 2-3 per cento dei voti poteva condizionare il governo di turno.
La Seconda Repubblica, all’inizio degli anni ’90, garantì quell’alternanza politica che fino ad allora era mancata. Anche allora, pur con partiti nuovi, la scelta politica non mancava. E anche quando il bipolarismo si consolidò con l’Ulivo da una parte e il Pdl dall’altra, comunque l’offerta politica restava significativa.
Oggi il quadro è totalmente diverso. A fronteggiare in Parlamento le due forze di governo ci sono solo tre partiti: Forza Italia, Fratelli d’Italia e Partito democratico. Le ultime elezioni politiche (fatte con il sistema proporzionale) hanno portato al potere le forze estreme. Oggi nel nostro Paese (e anche in buona parte dell’Europa) sembranoscomparse, o comunque fortemente ridimensionate le forze cosiddette moderate. Ci hanno spiegato che la crisi ha incattivito gli animi, esasperato le posizioni, accentuato le contrapposizioni. Forza Italia continua, senza successo, a inseguire Salvini per convincerlo a ‘tornare a casa’, ma lui non ci sente proprio. Il partito di Berlusconi,
per giunta, continua ad essere il partito di Silvio Berlusconi e questo oggi rappresenta il suo limite maggiore (vista anche l’età del suo leader), che gli impedisce di riproporsi come forza moderata credibile e alternativa ai populismi.
Fratelli d’Italia ha un piede dentro e un piede fuori dal Governo e trepida per poter convolare a nozze con la Lega salviniana con la quale spera di approdare al governo.
Il Partito Democratico, impegnato in quella che hanno definito la ‘ripartenza’, fatica a trovare una strategia e una proposta politica capaci realmente di metterlo in condizione di allargare sufficientemente il bacino elettorale da ambire a diventare maggioranza. Le categorie di ‘destra’ e ‘sinistra’, poi, sono più deboli.
In tutto questo la cultura politica cattolica sembra essersi presa una pausa. Antonio Polito recentemente sul Corriere scriveva al riguardo, in modo interessante, “Quest’area ha smesso di far politica, forse bruciata dalle troppe delusioni del passato”.
La sensazione complessiva è che siamo di fronte a una scarsità di offerta politica (nel senso di numero di proposte e soggetti). Un sistema politico non può stare a lungo senza uno o più soggetti che si rifanno a una cultura moderata e, aggiungiamo, senza una presenza politica dei cattolici significativa. Certo per far nascere una nuova formazione politica ci vuole coraggio, un progetto, soldi, dei leader e molto altro. E poi oggi i partiti non vanno di moda, la rappresentanza è in crisi… Eppure, non hanno inventato niente di meglio.