“Bper Banca non sta comprando filiali, ma clienti, e questo è il punto cruciale dell’accordo”. L’amministratore delegato della Popolare dell’emilia romagna, Alessandro Vandelli ha messo subito le mani avanti. Sa bene che il suo accordo con Intesa SanPaolo per rilevare fino a 500 sportelli di Ubi per un miliardo (circa il 40% dell’intera capitalizzazione dell’istituto) va controcorrente rispetto alla rotta dei gruppi bancari di tutto il mondo, che stanno da tempo chiudendo uno sportello dopo l’altro. “Anche Bper sta chiudendo filiali: nel nostro progetto abbiamo pianificato di chiuderne 230”, si è giustificato il manager mentre in scia all’assalto di Intesa a Ubi, il titolo della Popolare precipitava in Borsa. “Parliamo di 1,2 milioni di nuovi clienti che era impossibile raggiungere in un altro modo e agli stessi costi. Così non dobbiamo comprare una banca o una compagnia, ed è il miglior modo di ottenere crescita”.
Sarà anche vero, ammesso che i clienti non decidano di migrare altrove, ma Vandelli dovrà spiegare le ragioni della costosa operazione agli investitori perplessi (ieri il titolo ha chiuso a -10%), tanto più che quel miliardo di euro verrà speso per comprare una rete di filiali che Intesa invece paga ai soci Ubi in azioni e che molto probabilmente nel tempo verrà poi ridimensionata.
Il tutto mentre Bper deve ancora digerire l’acquisizione di Unipol Banca, fatta nel 2019, sgravando la compagnia assicurativa bolognese di una vera e propria spina nel fianco. E chissà se comprare gli sportelli di Ubi era esattamente l’operazione che Vandelli aveva in mente solo una manciata di giorni fa: presentando i risultati del gruppo, il numero uno della banca aveva lasciato intendere che ormai erano maturi i tempi per un nuovo risiko bancario per il quale “Bper si farà trovare pronta”. Parole che hanno generato indiscrezioni e ipotesi di lavoro come quella prospettata dagli analisti della banca francese Kepler Cheuvreux, pronti a scommettere sulle nozze con Ubi, la quale a sua volta è stata a lungo promessa sposa del Banco Bpm, mentre tutti e tre gli istituti, quattro contando anche Unipol Banca, sono stati associati ora a Mps ora a Carige. Tutti istituti che certo non brillano.
I salvataggi in extremis e le nozze alla pari non sono mai facili. E così, con la complicità del rodato legame tra il numero uno di Unipol, Carlo Cimbri e l’amico Alberto Nagel di Mediobanca – Bper ha dovuto ridimensionare le sue ambizioni, finendo per fare da spalla a un’operazione più grande di lei che trova il suo architetto in Piazzetta Cuccia alla sua prima assoluta al fianco di Intesa Sanpaolo. La finanziaria delle coop dovrà fare la sua parte nella ricapitalizzazione da quasi un miliardo della Popolare emiliana di cui è il primo socio con quasi il 20 per cento. D’altro canto se le nozze tra Intesa e Ubi andranno in porto, il secondo boccone più prelibato sarà tutto per Unipol che rileverà, a pagamento, le attività assicurative del gruppo popolare lombardo.
Questa volta, insomma, Mediobanca, che al tavolo è anche garante della ricapitalizzazione di Bper, ha fatto i conti alla perfezione. Poco conta il prevedibile sacrificio della popolare emiliana, che in scia alla notizia è crollata in Borsa perdendo quasi l’11 per cento. Chi ha invece moderatamente festeggiato a Piazza Affari (+1,4%) è stato il socio Unipol. Bene anche Mediobanca che porterà a casa laute commissioni dopo che, in una sorta di grande compromesso storico, a vent’anni dalla morte di Enrico Cuccia è riuscita a trovarsi nella posizione di tirare le fila della finanza cattolica e a chiudere il cerchio grazie alla pronta risposta di Bologna, delle coop e delle popolari. Un po’ come se avesse messo a tavola Peppone e don Camillo.