I risultati della ricerca, che dimostra come i Pfas interferiscano direttamente nella fecondazione, verranno presentati al Convegno di Endocrinologia e medicina della riproduzione il 5 e 6 dicembre prossimo
I PFAS riducono la fertilità: non solo perché riducono il numero e la motilità degli spermatozoi, ma anche perché interferiscono direttamente nel meccanismo della riproduzione. Sono questi i risultati di una scoperta dell’Università di Padova che verrà presentata al Bo il 5 e 6 dicembre prossimo al convegno sul tema “La denatalità e la sessualità tra ambiente e aging”. L’inquietante rivelazione, che si aggiunge alle tante ragioni di preoccupazione per la contaminazione da Pfas nelle falde acquifere, in particolare in provincia di Vicenza, arriva da una ricerca sperimentale condotta dal professor Carlo Foresta, presidente della Fondazione Foresta ETS, in collaborazione con il professor Alberto Ferlin del Dipartimento di medicina dell’università di Padova e il professor Diego Guidolin del dipartimento di neuroscienze. In base alla ricerca, i Pfas si legano a una specifica proteina sulla membrana dello spermatozoo, la cosiddetta “Izumo-1”, modificandone la struttura e impedendone il legame con la sua corrispettiva omologa sulla membrana dell’ovocita, la proteina “Juno”. “Izumo-1” e “Juno” sono proteine fondamentali nel processo di fecondazione, poiché rendono possibile il riconoscimento e la fusione tra lo spermatozoo e l’ovocita: in parole povere è solo dopo dopo l’incontro e il legame tra le due proteine che le membrane dello spermatozoo e dell’ovocita si fondono, permettendo l’ingresso del nucleo dello spermatozoo nell’ovocita e quindi la fecondazione vera e propria. Infatti la loro importanza nel processo riproduttivo è stata dimostrata da uno studio su topi con geni mancanti per Izumo1 o Juno, che sono risultati completamente infertili.
Il prof. Carlo Foresta ha spiegato che i risultati della sperimentazione hanno reso comprensibile il meccanismo che porta infertilità nelle popolazioni esposte ai PFAS: “Dopo le pluriennali ricerche che avevano evidenziato diverse alterazioni a carico degli spermatozoi – ha dichiarato il prof. Foresta – , quest’ultimo tassello permette di comprendere come queste sostanze non solo portino alla riduzione del numero di spermatozoi, e legandosi ad essi ne riducano la motilità, ma anche qualora uno spermatozoo riuscisse a raggiungere comunque l’ovocita, per via naturale o tramite tecniche di fecondazione in vitro, la sua capacità di fecondarlo sarebbe comunque significativamente ridotta per effetto del legame dei PFAS alla proteina Izumo1”.
Il convegno
Come detto, la scoperta dell’Università di Padova sarà presentata ufficialmente al XXXIX Convegno di Endocrinologia e medicina della riproduzione del 5 e 6 dicembre prossimi. Nel corso del convegno si confronteranno figure di eccellenza nel campo della medicina, della biologia, della statistica, e delle scienze ambientali. Durante la due giorni di studi verrà affrontato il tema della denatalità e i molteplici fattori che la influenzano. All’evento parteciperanno ginecologi, andrologi, endocrinologi, urologi e medici di base nonché biologi, embriologi e tecnici di laboratorio, che affronteranno un tema cruciale per il futuro: “L’Organizzazione Mondiale della Sanità – ha infatti ricordato il prof. Foresta – stima che l’infertilità oggi colpisca una coppia su sei e siamo giunti ad un vero inverno demografico. Il nostro dovere è quello di indagare le possibili cause e ci confronteremo su quali potranno essere le strategie di intervento per mitigare questo fenomeno esplorando le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale e la sessualità. Ma ci focalizzeremo anche sull’obesità e le nuove frontiere terapeutiche, il papilloma virus, l’infertilità e l’aging. Le sfide sono molte e vanno affrontate subito”.