Un’ordinaria storia di sfruttamento e schiavitù

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Il contenuto di un breve articolo* del “ilmattino.it” pubblicato oggi è la dimostrazione di uno sfruttamento che non ha limiti. Viviamo in una società sempre più spietata nella quale i lavoratori, specie se immigrati, vengono considerati meno di schiavi, “cose” che non hanno alcun valore. L’importante è il profitto, il guadagno personale, di fronte al quale si annulla qualsiasi umanità. È la cancellazione, di fatto, della nostra Costituzione, la negazione dei suoi principi e dei suoi valori. E quel che è peggio è che le istituzioni si fanno da parte.
Gli omicidi si derubricano in “morte naturale”. Non si indaga o, quando lo si fa, sono indagini lunghissime che portano sempre alla prescrizione. Così mai nessuno è colpevole o responsabile.

La Repubblica democratica fondata sul lavoro diventa una “matrigna” che permette che i lavoratori possano essere sfruttati, mal pagati, uccisi. Qualsiasi cosa viene permessa in nome e per conto del profitto e della “produttività”, feticci di un sistema spaventoso che ha un nome: capitalismo. Un sistema che non può essere “aggiustato” o “corretto” ma che deve essere abbattuto.

 

_*4 agosto 2018 (ilmattino.it)
Abbandonato, agonizzante, lo scorso 5 luglio, da un’automobile alla stazione di Caserta. Sul corpo estese scottature. Alcuni clochard lo notarono, chiamarono aiuto. Quel giorno Narinder Singh, indiano di etnia Sikh, fu ricoverato in ospedale dove è morto lo scorso 26 luglio. Ora si vuol far chiarezza sulla sua morte, si vuol capire se il suo sia stato un decesso naturale o se dietro ci sia, piuttosto, un caso di sfruttamento. Un esposto, a tal fine, è stato depositato alla Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere dal legale Giancarlo Pezzuti per conto della Flai-Cgil, in cui si chiede all’ufficio inquirente di fare, appunto, chiarezza. Il «sospetto più che fondato – spiega Giovanni Mininni, segretario nazionale della Fial-Cgil – è che dietro la morte di Narinder vi possa essere una delle tante storie di sfruttamento lavorativo e di riduzione in schiavitù. L’uomo aveva estese scottature sul corpo, e non aveva con sé il cellulare, che probabilmente gli è stato sottratto dai suoi sfruttatori. Per questo auspichiamo che la Procura disponga almeno l’autopsia sul corpo, per fugare ogni dubbio. Anche perché lo stesso Narinder, prima di morire, ha raccontato che lavorava presso un’azienda agricola e di allevamento di Castel Volturno, dove curava gli animali, in particolari cavalli e vacche». Fu la responsabile dell’associazione di volontariato L’Angelo degli Ultimi, Antonietta D’Albenzio, quel 5 luglio ad intervenire. Sulla salma non è stata fatta alcuna autopsia, ma la morte è stata derubricata come decesso naturale; il corpo è ancora alla sala mortuaria dell’ospedale, in attesa che dall’India arrivi il nipote del 38enne per riportarlo in patria. «Anche la morte nel 2015 di Paola Clemente, la bracciante tarantina morta nei campi di Andria – afferma Mininni – inizialmente fu trattata come un decesso naturale, ma poi si è capito che l’arresto cardiaco era stato causato dalle orribili condizioni di lavoro cui era sottoposta ogni giorno».