Usa, la propaganda 2.0 si chiama pay-news ed è la morte del giornalismo

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Brian Timpone pay news
Brian Timpone pay news

Roberta Zunini sul Fatto Quotidiano

Dopo alcuni anni trascorsi a fare il giornalista in ambito repubblicano, e altri a tentare di diventare imprenditore sfruttando le nuove tecnologie, l’americano Brian Timpone nel corso di oltre un decennio è riuscito a mettere entrambe le esperienze assieme, aiutato dal declino delle testate giornalistiche locali. A oggi ha costruito una fitta rete di siti web di pseudoinformazione con l’aiuto di uomini d’affari e conduttori di canali radiofonici e tv via Internet. Dai 1.300 siti collegati a Timpone, la propaganda – sempre a vantaggio del Partito repubblicano o di suoi esponenti – viene spacciata per informazione vera e indipendente, pubblicata da inesistenti testate giornalistiche con nomi che simulano quelli dei giornali scomparsi proprio a causa della nascita dei siti Internet. Secondo il New York Times, che ha fatto una lunga indagine prendendo spunto dalla precedente firmata dall’autorevole Columbia Journalism Review, queste fake news, a pagamento per giunta dopo un accesso gratuito, hanno cannibalizzato anche i media locali sopravvissuti.

“L’operazione di Timpone ha le sue radici nell’inganno. In ciò che viene proposto non si riscontra né correttezza né trasparenza”, scrive il quotidiano newyorchese. E infatti lo scopo del cinquantenne Timpone non è informare, ma guadagnare e ingraziarsi i poteri nello Stato dell’Illinois. Timpone è di Chicago, dove all’inizio della sua carriera di affarista aveva provato a creare un sito di ‘informazione’ senza l’uso dei giornalisti. Ora Timpone gestisce numerose società incrociate: una delle più altisonanti è la Local Government Information Services. I suoi clienti pagano come minimo 2.000 dollari per far pubblicare notizie che ne descrivono i successi, omettendo aspetti negativi e frodi. Chi scrive queste fake news sono persone, soprattutto giovani, che ricevono per ognuna una media di 25 dollari. Uno degli esempi più esplicativi della pericolosità del network americano che opera ormai in tutti gli Stati Uniti riguarda un magnate della ricezione turistica (hotel e ristoranti) a cui il Covid ha danneggiato l’attività. Il miliardario si è rivolto a Timpone che ha fatto pubblicare articoli per minimizzare la portata del contagio e accusare la Cina sul DCBusiness Daily. Non contento, l’imprenditore ha chiesto al ‘giornalista’ di scrivere anche della necessità che il governo federale approvi un pacchetto di stimoli favorevole all’industria alberghiera.

In seguito alla pubblicazione, la società di Monty Bennett, questo il nome del magnate di Dallas, non solo è stata quotata in Borsa, ma è diventata anche la più nota e grande beneficiaria di prestiti federali per le piccole imprese, scatenando una reazione pubblica che ha costretto Bennett a restituire alla fine i soldi. Dopo quella cattiva pubblicità, Bennett ha ordinato di pubblicare altri articoli sui siti di notizie locali per rifarsi un’immagine. Nel Texas trumpiano, fin da prima della campagna elettorale per le presidenziali, la testata è zeppa di storie apologetiche sui rappresentanti locali del Gop (Partito Repubblicano) che intervengono nel dibattito sulla riforma della polizia di fronte alle proteste afroamericane in corso da mesi, sostenendo la reazione di Trump. A uscire già vincente da queste elezioni è la manipolazione delle informazioni che semina sfiducia, ulteriori divisioni, caos e conflitto.