Coloro che non vogliono vaccinarsi sono i convinti e quelli in attesa di capire. Indurre a vaccinarsi i primi è più difficile dei secondi. Ma nulla è perso. Concetto semplice quanto fondamentale per arrivare ad una convivenza col virus più di routine che emergenza. Convivenza tra diversi senza menarsi gli uni con gli altri, magari grazie ad alcune scelte mediatiche di chi crede di vendere di più perché valorizza gli scontri (lo sappiamo, è difficile far capire questo a chi ha prioritariamente la preoccupazione dello scoop, della violenza da sbattere in prima pagina, ma dobbiamo mettercela tutta per indurre anche i media a scelte di servizio della comunità. Ovviamente questo vale per media che credono che vivremo meglio quante più persone sono vaccinate).
Una delle tendenze diffuse secondo il presidente dell’associazione Aduc Vincenzo Donvito è invece quella dello scontro. Anche personaggi autorevoli (come il virologo Roberto Burioni sui social e non solo) usano la messa all’indice e/o alla berlina di chi non è vax. Coloro che sono già convinti stanno già procedendo (con tutte le difficoltà note) a vaccinarsi, ma per convincere i contrari e i dubbiosi non è certo urlandogli contro che si dovrebbe ottenere qualcosa. Far comprendere l’opportunità che vivere in comunità, frequentando liberamente altri esseri umani, comporta una certa responsabilità è compito sia dello Stato che di ognuno di noi. Allo Stato la funzione pubblica: campagne mirate, provvedimenti vari, divieti e sanzioni. Ai singoli la confidenzialità della conversazione, dello scambio di vedute su rapporti che non potranno essere più tali senza vaccini, su un mondo e una socialità che è innegabilmente cambiata ma su cui ogni persona può darsi da fare perché i danni siano limitati. Questa politica dei singoli non è marginale. Ogni vaccinato conosce un non vaccinato, e mai come ora è necessario dare il proprio contributo civile. Argomenti: oltre a quelli che ognuno può dedurre dall’ampia pubblicistica in materia, ci sono le storie e i fatti individuali, le amicizie che è bene si consolidino piuttosto che rompersi, nel palazzo, nel quartiere, nei luoghi di ricreazione e divertimento. Una mobilitazione collettiva degli individui, conclude Donvito, a partire dal fatto che ognuno ha bisogno dell’altro, in un contesto sanitariamente accettabile.