Veneto Banca targata Atlante e Viola riconobbe 16 milioni di euro a gruppo reggiano: chi risponderà? E chi ne risponderà se la transazione rientrasse nel reato di “bancarotta preferenziale”?

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Ha dell’incredibile un documento che riguarda la gestione di Veneto Banca ben dopo l’epoca, criminalizzata da Bankitalia & c., di Vincenzo Consoli e con in sella Atlante, il fondo che, sembra sempre più ipotizzabile, ha aperto la strada all’affare di inizio terzo millennio per Intesa Sanpaolo: è l’atto transattivo tra la famiglia Ferrarini (il gruppo reggiano dei prosciutti) e Veneto Banca. Ai signori Ferrarini la banca riconosce la bellezza di 16,5 milioni di euro (dovuti?) ma la cosa stupefacente è la data dell’atto transattivo: 31 maggio 2017. L’operazione ha dell’incredibile per non poche ragioni che proviamo ad illustrarvi chiedendo chiarimenti a chi è interessato.

Oltre che, quindi e in primis, ai beneficiari della transazione, i Ferrarini, che rientrerebbero secondo la commissione parlamentare di inchiesta sulle banche tra i maggiori debitori di Veneto Banca in come riporta ReggioOnLine, chiediamo delucidazioni anche a chi di dovere, gli ex amministratori nominati da Atlante, tra cui il presidente del comitato strategico e poi commissario liquidatore Fabrizio Viola, e i giudici, civili e penali, sui seguenti punti:

1) l’accordo transattivo del 31 maggio 2017 (qui il testo originale, ndr) è di due mesi successivo alla chiusura dell’OPT (Offerta pubblica di transazione, peraltro escludente le società) che riconosceva 9 euro per ogni azione acquisita dal 2007, di fatto il 15% dell’importo investito.

2) il 17 giugno 2017 con decreto legge viene fatta slittare la scadenza di un Bond Veneto Banca, su “sollecitazione” del board dell’ex popolare montebellunese perché voleva evitare di rischiare la “bancarotta preferenziale” nel caso la banca avesse avuto, come poi è successo, problemi.
3) il 25 giugno 2017 col famigerato decreto legge 99 viene dichiarata la liquidazione coatta amministrativa.

La famiglia Ferrarini, in via personale per parte dei vari membri e tramite proprie società, come da dettagli presenti nella transazione in oggetto, deteneva 1.136.906 azioni per un controvalore di circa 40 milioni di euro di azioni: di quelle  686.874 erano state acquisite con fondi propri per un controvalore all’epoca degli acquisti di 26.904.004 euro mentre 450.012 erano state acquistate tramite “assistenza finanziaria” della banca (erano baciate) per un controvalore di 16.178.157 euro.

La transazione ha, quindi, riguardato in toto le azioni baciate per un importo complessivo di 16.500.000 di euro di cui 16.178.157 finanziati più gli interessi forfettari per 321.843 euro.  Con la transazione, quindi, sembra che la banca abbia complessivamente riconosciuto ai soggetti circa il 40% dell’ammontare totale detenuto a vario titolo a fronte di una Opt del 15%, nel caso e per la parte che fosse applicabile, offerta pubblica a cui contestualmente i beneficiari della transazione ad hoc rinunciano. Domanda: come mai ai soci il 15% e ai signori Ferrarini il 40%?

La seconda domanda è questa: ma se il 21 giugno 2017 c’era il timore di incorrere nel reato di bancarotta preferenziale pagando il bond in scadenza perché mai non c’è stata remora alcuna nel siglare questo accordo transattivo solo pochi giorni prima, il 31 maggio 2017?

Ad abundantiam c’è da rilevare, lo si trova anche semplicemente facendo ricerche su Internet, il sig Luca Ferrarini, il titolare di riferimento del gruppo e tra i beneficiari dell’accordo, era già nel 2002 Consigliere di Amministrazione della Bipop – Carire, una delle prime 10 banche del sistema (che nel 2000 capitalizzava quanto la Fiat). Quindi non certo una persona sprovveduta…

Secondo fonti attendibili, infine, Ferrarini avrebbe “concambiato” azioni Unicredit in azioni Veneto Banca nel lontano 2007 quando Veneto Banca acquistava la Banca Popolare di Intra (di cui i Ferrarini erano clienti) per cui è lecito avanzare qualche dubbio, che sta a interessati e a chi di dovere sciogliere, che le predette azioni “baciate”, in toto o in parte, non fossero effetto di un’assistenza finanziaria ma di un semplice concambio.

Comunque e per concludere: questo accordo transattivo è veramente “esplosivo” e forse classificabile tra le operazioni a rischio di “bancarotta preferenziale” che per i comuni mortali sarebbe un reato.