Veneto Banca, Vincenzo Consoli impugna la sentenza di fallimento: chiesta una consulenza tecnica sui numeri dell?istituto perché “quel maxi-buco non c?era”

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Una consulenza tecnica per verificare i numeri effettivi di Veneto Banca al momento della sua messa in liquidazione. Perché il contestato buco di 538 milioni di euro rilevato dai magistrati trevigiani, sarebbe in realtà decisamente inferiore. Con questa motivazione l’ex direttore generale di Veneto Banca Vincenzo Consoli ha presentato ricorso alla Corte d’Appello di Venezia contro la sentenza della Sezione fallimentare del tribunale di Treviso che lo scorso giugno ha dichiarato il fallimento della ex Popolare.

L’impugnazione dell’ex manager che verrà discussa il prossimo 18 ottobre davanti ai giudici Mario Bazzo e Paola Di Francesco, riapre i giochi sulla questione – tanto complessa quanto ricca di conseguenze giudiziarie – dello stato di insolvenza di Veneto Banca.  

Perché se gli avvocati di Consoli (lo studio Giliberti Triscornia di Milano) porteranno a casa il risultato, allora, ci saranno inevitabili contraccolpi per l’inchiesta per bancarotta aperta dalla Procura di Treviso all’indomani della dichiarazione di fallimento.

La consulenza

Per i legali di Consoli, Veneto Banca non era insolvente alla data della sua messa in liquidazione e la valutazione della Sezione fallimentare del tribunale trevigiano è stata fatta in difetto di istruttoria. Serviva, spiegano gli avvocati nel loro ricorso, una consulenza tecnica affidata a esperti in materia. In pratica, secondo tale posizione, Treviso doveva seguire la strada percorsa da Vicenza che ha affidato a un ctu l’incarico di studiare nel dettaglio i numeri di Bpvi per stabilire se al 25 giugno 2017 l’istituto era o meno insolvente. Troppo delicata e complessa la materia, troppo importanti le conseguenze della decisione, per non procedere con un incarico a specialisti del settore, è la conclusione dei legali.

Il buco

C’è stato dunque un problema di metodo a cui si collega strettamente uno di merito. Perché Consoli è convinto che il passivo rilevato dai magistrati trevigiani con riferimento a Veneto Banca, vada in realtà ricalcolato. «La liquidazione si chiude con una passività di 538,5 milioni di euro e quindi con una evidentissima e rilevante mancanza di liquidità da destinare ai creditori chirografari», aveva sottolineato in sentenza il tribunale. I legali dell’ex dg mettono in discussione i criteri di liquidazione applicati e conseguentemente il risultato finale del buco milionario. Viene chiamato in causa, tra molti altri elementi, l’effettivo ammontare dei crediti deteriorati. Il fatto che lo scorso novembre, in appena tre mesi, i liquidatori siano riusciti a riportare in bonis 800 milioni di euro di crediti deteriorati, dimostrerebbe come alcuni calcoli debbano essere rivisti. In sostanza ci sarebbe stata una svalutazione eccessivamente prudenziale. Il 18 ottobre l’avvocato Sirio D’Amanzo dello studio Gilberti Triscornia sarà a Venezia per chiedere pertanto un nuovo accertamento sulle condizioni patrimoniali e di liquidità di Veneto Banca.

Ottobre caldo

E sempre a ottobre è prevista un’altra tappa giudiziaria veneziana per l’ex Popolare: la discussione davanti al tribunale delle Imprese dell’azione di responsabilità promossa dal nuovo Cda nei confronti della gestione Consoli, con richieste di danno milionarie agli ex amministratori. Sempre che non si vada all’ennesimo rinvio.

di Sabrina Tomé, da NordESt Economia