Veneto sul podio delle morti sul lavoro, Thibault (Rsu-Usb-Ato Vicentino ambiente): “vite sacrificate in nome del profitto”

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Lunga lista di morti sul lavoro
Lunga lista di morti sul lavoro

Luc Thibault del sindacato Usb Alto Vicentino Ambiente solleva il tema dei morti sul lavoro in un comunicato in cui accusa pesantemente il sistema attuale. “Nella sola provincia di Vicenza ci sono stati nel corso dell’ultimo anno numerosi “incidenti” mortali o gravi – si legge nel comunicato -. Morti sul Lavoro in Veneto: 98 vittime nel 2019. Il Veneto è ancora una volta sul podio delle morti bianche nel Paese. Con 98 vittime è al terzo posto insieme al Lazio, dopo solo l’Emilia Romagna (106) e la Lombardia (171). Una maglia nera che, purtroppo, la nostra regione continua ad indossare da diversi anni». Questo il primo commento dell’Ing. Mauro Rossato, Presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, alla più recente mappatura dell’emergenza delle morti sul lavoro, elaborata dal proprio team di esperti sulla base di dati Inail”.

«Un’indagine dettagliata relativa a tutto il 2019 in cui il Veneto emerge nuovamente con dati a dir poco sconfortanti. E, sebbene rispetto al 2018, si evidenzi un decremento della mortalità in regione (- 15 %), “il miglioramento in percentuale non può certo far dimenticare i numeri assoluti – sottolinea Mauro Rossato – Non possiamo dimenticare come dietro ad ogni numero ci sia una vita spezzata e altrettante famiglie distrutte dal dolore per la perdita del proprio caro».

“Rimanere uccisi a causa delle tremende condizioni che il capitalismo impone ai salariati sembra essere la normalità ottocentesca che in Italia conta sempre i suoi 4 morti al giorno (sono ufficialmente più di 1300 l’anno, senza contare tutti i casi non denunciati relativi al lavoro sommerso e in nero). Le statistiche dimostrano che precari e giovani, donne e stranieri, sono le categorie di lavoratori più esposte agli “infortuni”. Dunque, sono sempre i proletari peggio pagati, più deboli e ricattabili, a rischiare la pelle con più frequenza – prosegue ancora Thibault -. Non a caso, in Italia all’eccessivo e cronico numero di morti da lavoro corrisponde un salario medio tra i più bassi in Europa, e che negli ultimi 5 anni è aumentato solamente di poco più del 10%. Come mai allora si parla solo adesso dell’allarmante questione salariale e del conseguente potere d’acquisto dei lavoratori dimezzatosi in pochi anni?”

“Quale maggiore “prevenzione” e “formazione”, quale maggiore “controllo” e migliore “applicazione delle leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” per cercare di limitare le dimensioni di questo massacro nelle fabbriche, nei cantieri e in ogni ambiente lavorativo? Questi sono i soliti rimedi proposti da sindacalisti e politicanti che con lacrime da coccodrillo non vanno alle radici del problema e parlano spesso solo di “tragiche fatalità e di negligenze”, nascondendo volutamente che questa è invece la terribile e quotidiana realtà del capitalismo, con la sua logica del profitto e dell’immancabile “riduzione dei costi”! I capi sindacali delle tre confederazioni, assieme ai politici e agli alti papaveri istituzionali, continuano a ripetere alla noia che “non è più tollerabile questo continuo stillicidio e che ognuno deve assumersi le proprie responsabilità”.

Lo facciano loro per primi allora, che spalleggiando servilmente il padronato sono da decenni i garanti della competitività italica sul mercato mondiale, contribuendo a loro volta al pauroso abbassamento del costo del lavoro e dunque del salario reale e delle stesse condizioni di vita e di lavoro degli operai, che giornalmente si confrontano sempre di più con quelle dei proletari dell’est e del sud del pianeta.  In regime capitalistico anche il lavoro umano è una merce come tutti gli altri “beni prodotti”, ma una merce che in un mondo “globalizzato” senza più barriere è sempre più abbondante e per questo motivo viene scambiata ad un prezzo sempre più basso. Nel capitalismo dunque si “produce” sempre più pure la forza-lavoro, e a costi sempre minori. Per essere concorrenziali con il capitalismo cinese o indiano occorre sfruttare così a ritmo cinese e indiano i proletari europei e a maggior ragione quelli italiani, abbassando la soglia di sicurezza e di conseguenza continuando ad ammazzare operai indiscriminatamente. Quella della competitività delle merci è una legge economica, di fronte alla quale cozza ogni “rivendicazione” a tavolino proposta dai bonzi sindacali di Cgil-Cisl-Uil e diventa insopportabile l’abbraccio mostruoso fra i proletari che sopravvivono e le “autorità addolorate per l’ennesimo incidente”.

“Contrapponetevi ai dirigenti sindacali che frantumano le lotte, che indicano obiettivi in difesa delle aziende, dell’economia nazionale e dello Stato, che rifuggono dall’uso di classe dell’arma dello sciopero, che favoriscono la divisione degli operai con la crescente differenziazione dei salari e dei contratti, che si alleano coscientemente o non con i padroni, con i borghesi, col loro stato di oppressione e sfruttamento – conclude il sindacalista -. Combattette questa drammatica e concreta realtà, in cui vi si opprime e vi si uccide in nome del profitto, e la cui responsabilità cade sulle spalle di tutti coloro i quali continuano a negarla o a nasconderla”.