È stato un brutto risveglio. Dopo la sbornia della promozione, dopo le 14 giornate consecutive di imbattibilità in Serie C, dopo la difesa meno battuta d’Europa, dopo un precampionato niente male contro squadre di rango superiore (Udinese, Lazio, Milan) o più attrezzate (Monza). Il debutto in B, segnato da una sconfitta evitabile e magari non me-ritata a Venezia, ha fatto tornare il Vicenza fra i comuni mortali. E ha fatto capire che, salvo exploit agonistici oggi imprevedibili o acquisti last minute altrettanto imperscrutabili, questa squadra potrebbe non avere vita facile nel campionato del ritorno dopo due anni fra i Cadetti.
Perdere in trasferta a sant’Elena poteva starci. Ma perdere così, no. Perché la squadra allenata da Paolo Zanetti, ex centrocampista con tanta A e B in carriera e solo mezzo campionato in B alla guida dell’Ascoli nel curriculum di tecnico, è stato un avversario alla portata dei biancorossi. Primo tempo meglio il Venezia, il secondo tutto del Vicenza (qui le foto Lr Vicenza, ndr). Statistiche in pari: possesso palla (51/49), tiri in porta (10 per parte), palle-gol (6/5). Però ha vinto il Venezia perché ha segnato e il Vicenza no. Banale, certo, ma il punto è proprio questo: la squadra di Di Carlo non è riuscita a sfruttare nemmeno una delle occasioni che pur è riuscita a creare. Da notare: grazie a difensori (Padella, Cappelletti, Beruatto) e centrocampisti (Pontisso) e non per merito degli attaccanti.
Anche i neroverdi hanno sprecato assai in zona gol ed hanno segnato solo su rigore (dubbio? In diretta sembrava ci fosse). Ma davanti sono sembrati più consistenti, più dotati. Cosa ha avuto il Venezia per meritarsi i tre punti? Più malizia, direi, più esperienza della categoria, più capacità di gestire la partita.
Il Vicenza ha avuto a disposizione 55 minuti per cercare il pareggio e lo ha fatto con tenacia e continuità ma il gol non lo ha messo in porta. Un copione che, nel prosieguo, potrebbe riproporsi per i biancorossi perché, al netto della sfortuna e delle persecuzioni arbitrali (per carità: già alla prima di campionato sui social si sono sprecati gli insulti a Meraviglia e le paranoie, vecchia abitudine dei tifosi vicentini), la squadra di oggi manca indubbiamente di qualcosa in tutti i reparti.
Al Penzo, dei 15 giocatori utilizzati da Di Carlo, tre erano debuttanti in categoria (Beruatto, Vandeputte e Grandi, migliore in campo) e altrettanti erano semi-esordienti: Pontisso (5 presenze nella Spal nel 2016-17), Gori (9 fra Foggia e Livorno nel 2018-19) e Zonta (3 a Pisa nel 2017). Altri due giocatori mancavano dalla B da anni: Guerra da ben 9 e Marotta da 6. Più di metà della rosa insomma non aveva adeguata esperienza della categoria. Un difetto sanabile, ma ci vorrà tempo.
È curioso però che i biancorossi che hanno meno convinto siano stati quelli che invece hanno maggiore dimestichezza con la Cadetteria: Cappelletti (6 campionati), Padella (5) e Bruscagin (8). Tutti difensori, tutti titolari l’anno scorso del reparto migliore del continente. Cos’è successo?
Ci sono poi anche troppe “scommesse” in questa squadra. Giocatori di cui c’è una fondata aspettativa che “esplodano”. Prima di tutti Jari Vandeputte. Ha 24 anni, quindi non rientra più nella categoria dei giovani, non ha mai giocato oltre la C, ha la dote della velocità e la pecca della discontinuità. Quest’anno per lui è decisivo: se non emerge, rischia di perdere il treno.
Un’altra “scommessa” è Simone Pontisso. Anche lui ha ormai 23 anni e deve decidersi a venir fuori. Ha superato i problemi fisici dopo l’infortunio di due stagioni fa e ha a disposizione un campionato in cui può confermarsi o meno un centrale di centrocampo di valore. Se lo diventa, il reparto è a posto. Sennò Magalini deve cercare un altro regista.
E che dire di Leonardo Zarpellon? Un trequartista che farebbe comodo a Di Carlo. Ha 21 anni, indubbiamente talento ma un limite -la fragilità- che ne ha finora limitato l’utilizzo e il lancio in prima squadra.
L’ultima “scommessa” è il secondo portiere (o, almeno, quello che finora è l’unico vice di Grandi): Semuel Pizzignacco ha appena 19 anni e zero esperienza fra i professionisti. Le sue indubbie doti non bastano per puntare su di lui come portiere di riserva. I rischi sono doppi: bruciare una risorsa e indebolire la difesa.
I punti di domanda, dopo la prima di campionato, restano tanti. A compensarli c’è la constatazione che la squadra ha assimilato e mette in campo la qualità che più piace (e su cui, realisticamente, più conta) il suo allenatore: il carattere. Lo si è visto proprio a Venezia, dove i biancorossi sono stati in partita fino all’ultimo e non si sono scoraggiati né di fronte alla difficoltà di segnare né alla accorta rete di contenimento che Zanetti ha predisposto nella ripresa.
È un buon punto di partenza ma, palesemente, non basta per farsi valere in Serie B. Come ha dimostrato proprio il Venezia, in categoria serve anche la qualità, complessiva e individuale. E, sotto questo profilo, al Vicenza serve una crescita e qualche aggiunta.
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