Di Chiara Carollo. Sudafrica post-apartheid. David Lurie è un uomo di cinquantadue anni, con due matrimoni falliti alle spalle e con una passione che non abbraccia il mestiere di docente universitario a Cape Town. L’uomo è mosso da Eros: non può vincerlo, ma soprattutto non vuole resistere alla pulsione della carne, della curiosità sessuale con la quale convive da sempre. Si infatua di Melanie, una studentessa del corso di comunicazione, la desidera e la ottiene in un gioco di potere che farà cadere in disgrazia l’uomo.
Denunciato, si presenta davanti ad una commissione d’inchiesta in cui si dichiara colpevole dell’intenzione e dell’atto reale, ma rigetta il pentimento richiesto dai colleghi; così viene allontanato dal mondo accademico: «Be’, non ci sarà alcuna confessione. Ho fatto la mia dichiarazione, come è mio diritto. Mi sono riconosciuto colpevole delle accuse che mi sono state rivolte. Più in là non vado»[1].
Si rifugia in campagna, nella parte orientale della Provincia del Capo, dove chiede asilo alla figlia Lucy, ormai una giovane donna, omosessuale, che cerca di adattarsi in un mondo di uomini, lavorando in una piccola fattoria isolata. Fin da subito, risulta una convivenza difficile, infatti, David non comprende le scelte della figlia per una vita così diversa dall’esistenza civilizzata alla quale è abituato.
Il nuovo – benché diverso – equilibrio tra i due viene sconvolto dall’episodio cardine del romanzo: un giorno, vengono derubati e picchiati da tre giovani di colore mentre Lucy riceve il peggiore trattamento che la segnerà per tutto il corso della narrazione. Per David, ora è la figlia stessa a cadere in disgrazia.
La «vergogna» che richiama il titolo è quella provata da David, dapprima, in un mondo gaudente come quello della cittadina universitaria dove non si sentiva totalmente colpevole davanti al proprio misfatto; come ora non si sente interamente innocente di fronte allo stupro della figlia: «Non rifiuto la punizione. Non mi ribello. Anzi, la vivo giorno dopo giorno, cercando di accettare la vergogna come la condizione della mia esistenza. Pensa che a Dio sia sufficiente, se vivrò per sempre nella vergogna?»[2].
Il sentore della vergogna accompagna entrambi i personaggi, ma in modo ampiamente dissimile. Lucy si vergogna della violazione subita, anzi, ritiene di doversene vergognare, quasi giustificando gli assalitori.
Una particolare legge del contrappasso capovolge completamente la visione di David. Mentre, all’inizio del romanzo non riesce a provare ritegno per il proprio abuso di potere – anzi lo giustifica – ora non accetta e non arriva a comprendere l’onta che Lucy sente sulla pelle. David vorrebbe aiutare la figlia, le consiglia di andarsene dalla fattoria ma lei oppone resistenza, la donna vuole cavarsela da sola, rigettando qualsiasi tipo di aiuto da parte del padre. Lucy vuole rimanere nella sua casa, nella sua terra e quello che le è successo le sembra lo scotto da pagare per avere il diritto di rimanere, come se ora i bianchi dovessero risarcire tutti i torti subiti dai neri negli anni della segregazione sudafricana.
È un libro disturbante, che destabilizza il lettore, ma nel leggerlo non si deve cercare di prendere le parti di nessun personaggio: non è presente alcuna verità assoluta, solo cruda realtà.
Con una prosa asciutta, semplice e scarna, Coetzee riesce a descrivere una complessa rete di relazioni sociali, il rapporto con l’Eros, il pentimento – e l’assenza di esso – ma allo stesso tempo, l’autore ci fa strada in un paese come il Sudafrica che risulta ancora fortemente marchiato dalle lacerazioni dell’apartheid.
J. M. Coetzee, Vergogna, Einaudi, Torino 2014.
[1] J. M. Coetzee, Vergogna, Einaudi, Torino 2014, p. 53.
[2] Ivi, p. 181.
Chiara Carollo è laureata in Lettere Moderne all’Università degli Studi di Padova. Ha avuto l’opportunità di lavorare nel mondo della biblioteca civica e nella sfera privata delle librerie della città. Vive in provincia di Vicenza dove coltiva la passione per la lettura e la scrittura.
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a cura di Michele Lucivero
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