Verona, studentessa in DAD costretta a bendarsi durante interrogazione tedesco: scoppia il caso

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Didattica e lezioni a distanza
Didattica e lezioni a distanza

Il preside annuncia che indagherà ed eventualmente prenderà provvedimenti, chiesti a gran voce dalla Rete degli Studenti Medi e la deputata veronese Alessia Rotta (PD) chiede l’intervento del ministro dell’Istruzione Bianchi. I fatti: qualche giorno fa al liceo Carlo Montanari di Verona c’è interrogazione di tedesco, la quale avviene, come la didattica, a distanza, cioè gli studenti sono a casa, per i motivi di emergenza sanitaria che ben conosciamo. Tutti siamo stati a scuola e a molti sarà capitato di copiare, anche in classe. A casa, e con i mezzi che internet mette a disposizione, copiare è ancora più facile. Così la professoressa, insospettita dalle risposte corrette, a suo dire fin troppo precise, ha chiesto alla ragazza 15enne di bendarsi gli occhi con la sciarpa e proseguire l’interrogazione così, bendata, per accertarsi che non stesse barando. Il fatto non poteva passare inosservato tra studenti e genitori.

“Come Rete degli Studenti Medi di Verona siamo sconvolti e amareggiati dalle decisioni repressive prese della professoressa, ma purtroppo non sorpresi – affermano in un post su Facebook i rappresentanti degli studenti – non è la prima docente che, durante le lezioni in didattica a distanza, decide di instaurare un clima del tutto inadatto per la nostra crescita e formazione. La DAD è già di per se uno strumento che allontana lo studente dalla scuola e dal resto della comunità studentesca, non può diventare un pretesto per azioni intimidatorie nei confronti di chi sta sostenendo una prova di valutazione. Offriamo piena solidarietà alla studentessa, a una di noi. Chiediamo che vengano presi dei seri provvedimenti, non è questa la scuola che vogliamo”.

Tra i commenti al post c’è chi scrive che “la docente avrà sicuramente avuto le sue ragioni” ricevendo però una pronta risposta da parte di un docente “sono un docente, so tutte le nostre grandi difficoltà. Però se non stabiliamo dei limiti, rischiamo di cadere in quel “relativismo” che porta a poco. Non puoi far bendare una persona, punto. Non ci sono ragioni per farlo fare, né tantomeno pensarlo. Posso anche capire che stanchezza, altri motivi ti possono portare a sbagliare. Ma cominciare a dire che “avrà avuto le sue ragioni”, oppure parlare come di “eccesso di zelo”, è un errore madornale. Perché siamo educatori, lo saremo sempre, non siamo chiamati a essere infallibili ma semplicemente ad ammettere quando sbagliamo, sì”. “Su Fb e su YouTube girano video dove ti insegnano come caricarti gli appunti per poter leggere durante le interrogazioni e chi ha girato questi video prende in giro i prof. I prof, che sono nati prima di questi furboni e sanno usare i social, non si fanno fregare. Invece di pendere solo da una parte siamo realisti” scrive un altro utente, ma altri scrivono che “non è incluso nelle linee guida che qualcuno si bendi, si può invece far vedere il contenuto della stanza per accertarsi che si sia da soli e non ci siano appunti, quaderni o libri in giro. Secondo è fortemente discriminatorio nei confronti di tutti gli studenti con BES, DSA e vari, a cui devono venire garantite, per legge, pari opportunità. Molti di questi studenti spesso non vengono diagnosticati (o le università fanno le finte tonte e non accettano certificazioni per non perdere “prestigio” a modo loro) quindi da denuncia immediata”.

“È già particolarmente pesante che le nostre ragazze e nostri ragazzi in tante parti d’Italia siano costretti a seguire le lezioni a distanza senza poter usufruire appieno di quella comunità formativa che è la scuola – afferm infine Alessia Rotta -. Sarebbe bene che non venissero aggiunte altre umiliazioni e altri sacrifici a questa situazione. Noi abbiamo bisogno dei nostri ragazzi per uscire in piedi da questa terribile pandemia e ricominciare a camminare su un sentiero che si basi essenzialmente sul rispetto della persona, delle sue inclinazioni e delle sue attitudini. È grave che, in una scuola pubblica, a una studentessa venga richiesto di bendarsi per sostenere una interrogazione. Una forma di umiliazione. La scuola non serve per dare voti ai nostri ragazzi, ma per formare i cittadini di domani. Chiedo pertanto al ministro dell’Istruzione di informare il Parlamento su quanto è avvenuto a Verona e di predisporre una adeguata ispezione al fine di appurare l’esatto svolgimento dei fatti e assumere le eventuali decisioni del caso” conclude la deputata veronese, presidente della commissione Ambiente della Camera dei Deputati, chiedendo l’intervento del ministro Bianchi.