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Robbio è uno dei tanti paesini d’Italia la cui fortuna artistica è dovuta in buona parte alla via Francigena. Si trova in Lombardia, proprio al confine con il Piemonte, tra Vercelli e Pavia. Oltre a un piccolo castello (foto in copertina), i suoi monumenti principali sono di tipo religioso. Stiamo parlando delle chiese di San Pietro, San Valeriano e San Michele.
San Pietro a Robbio
Una piccola chiesetta di mattoni rossi. La si può incontrare camminando casualmente nel parco che si è sviluppato attorno a essa, che pure insiste su quel terreno da secoli. La sua storia inizia come ospizio per i pellegrini che andavano e tornavano da Roma. Il suo fiore all’occhiello è un quadro del ciclo di affreschi: la Santissima Trinità. In questo affresco, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono raffigurati alla maniera pretridentina, attraverso tre figure perfettamente uguali. Un codice di raffigurazione messo al bando dopo il Concilio di Trento, appunto, che lo bollò come eretico.
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San Valeriano
La chiesa di San Valeriano sorse, come quella di San Pietro, come un ospizio per i pellegrini. A differenza di quest’ultima, tuttavia, accoglieva viaggiatori ben più facoltosi, spesso messi papali e imperiali. Porta il nome di Valeriano, Vescovo di Avensano (oggi in Tunisia) martire sotto re Genserico nel V secolo. Si trattava, in origine, di un protettorato cluniacense, e la chiesa si articolava in più parti: non solo era dotata di una cupola ricoperta da un tiburio ottagonale, ma era affiancata da un campanile, un battistero esterno e un chiostro sul lato sud.
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Con l’abbandono da parte dell’ordine nel XIV secolo, iniziò però il declino di San Valeriano. La struttura è stata recuperata nel secolo scorso dopo secoli di rovina, durante i quali vide il suo complesso monastico annesso smantellato e fu interessata da alcuni crolli. Quando i proprietari, negli anni Sessanta decisero di donarlo, la chiesa era adibita addirittura a granaio.
San Michele
Non è chiara l’origine di questa chiesa, che si ipotizza essere di fondazione longobarda. Al tempo della loro conversione al cristianesimo, infatti, i Longobardi presero a cuore il culto dell’arcangelo guerriero Michele, che ricordava loro gli antichi dei pagani.
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La chiesa si presenta come un esempio di tardo romanico con influenze gotiche, almeno nella sua struttura originale: soprattutto all’interno, ha subito alcune sostanziali modifiche di epoca ben più tarda, tra cui, all’interno, il coro. Un’altra aggiunta successiva, precisamente barocca, è il campanile, come è possibile notare dallo stile contrastante con il resto del complesso.