È curioso come il ruolo di Fiumicino sia sempre rimasto lo stesso nel corso dei secoli e persino dei millenni. Oggi la città viene associata ai viaggiatori e all’aeroporto: un tempo, invece, era il porto dell’antica Roma e si chiamava, infatti, Portus. L’impero ha sempre puntato alla realizzazione di arterie che facessero sentire Roma (e, chiaramente, la sua potenza ed influenza) più vicina anche per i centri più lontani; una di queste è la Via Severiana, che collegava proprio Portus con Terracina e, quindi, con il Circeo.
Il tracciato – 118 chilometri (80 miglia romane) ed un percorso parallelo alla costa, la Via Severiana prende il nome dall’Imperatore Settimio Severo, che la fece realizzare nel 198. Probabilmente non si trattava di una strada ex novo, ma di un’arteria ricreata collegando pezzi di strade preesistenti, aggirando sapientemente le paludi. Inizialmente, il suo ruolo era di semplice “allaccio”: erano in corso i lavori per il porto di Ostia ed era necessario far arrivare più comodamente, senza intoppi e rallentamenti, la calce dai Monti Lepini. Col tempo, però, oltre che un importante tassello per i commerci, diventò anche un’efficacissima difesa militare costiera a sud di Roma.
Il tracciato – come emerge dalla Tabula Peutingeriana, copia del XII-XIII secolo di un’antica carta romana che mostrava le strade dell’impero, spingendosi fino al Medio Oriente e All’Asia centrale – partiva da Portus, alla foce del Tevere, e attraversava, tra gli altri, Ostia antica, incluso lo stagno che sarebbe scomparso con la bonifica del 1884, il Vicus Augustanus (borgo rurale con tanto di terme e foro), Laurentum (antica città del Latium vetus già scomparsa nell’età repubblicana), Lavinium (Pratica di Mare), Anzio, Astura (Torre Astura) e Circeios (presso Torre Paola), giungendo infine a Terracina. La difficoltà maggiore fu proprio quella di dover “scavalcare” i corsi d’acqua con iniziative ingegneristiche: l’idea fu di conficcare dei piloni di legno nel terreno e innalzare dei veri e propri terrapieni che si elevavano di un paio di metri sul livello della palude, superandola e consentendo la lastricazione.
Con il passare degli anni, la Via Severiana diventò anche punto di snodo per tutte le sfarzose ville che i notabili romani fecero costruire sul litorale corrispondente all’odierna Riviera di Ulisse (e anche più in alto), potendo sfruttare un’area che, finalmente, si collegava più facilmente a Roma. Lungo il percorso, anzi, compariva un vero e proprio filare di sontuose dimore, molte probabilmente preesistenti alla strada e risalenti al periodo tardo-repubblicano, quando il mare era più distante e lo scenario che si apriva era una piena immersione nella macchia mediterranea circostante.
Oggi – Dell’antica Via Severiana restano pochissime tracce visibili: il percorso attraversa per circa 5 chilometri la pineta di Castel Fusano ed è proprio qui che conserva ancora parte del lastricato di basoli e i muretti laterali. Altri frammenti sono visibili ad Ostia, nella pineta presso il Canale dei Pescatori, e nella necropoli di Isola Sacra. Il tratto meglio conservato è sicuramente quello di fianco Via del Martin Pescatore, in cui si vedono persino le carreggiate laterali.
Se tanto abbiamo potuto capire di questa importantissima arteria dell’impero, però, è merito dell’architetto e storico dell’arte Antonio Muñoz che, dopo l’acquisizione della tenuta di Castel Fusano – che fino ad allora era stata nelle mani del principe Francesco Chigi – da parte Governatorio di Roma (1932), ha fortemente voluto una sua ricomposizione.
Si è persino appurata l’esistenza di un diverticolo che raggiungeva la zona portuale di Torre Paola (Circeios) dove erano presenti vari sepolcri di cui qualcuno ancora visibile in località Selva Piana.
La versione di Riccardo Cuor di Leone – C’è una curiosa versione alternativa sulla lunghezza della Via Severiana. Secondo quanto riportato da Rodolfo Lanciani nel suo “Gli scavi e le collezioni di antichità in Roma” (1902), il cronista della Terza Crociata avrebbe riferito che, nell’agosto del 1190, Riccardo Cuor di Leone (Riccardo I d’Inghilterra) aveva percorso un tratto di strada basolata che attraversava un bosco ricco di selvaggina. Il sentiero venne identificato proprio con quello della Via Severiana, ma la lunghezza sarebbe stata molto inferiore a quella data oggi per ufficiale: solo quater viginti miliaria, cioè ventiquattro miglia; poco più di 35,5 chilometri.