La bozza del decreto attuativo del Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR) sembrava avesse impostato la soluzione di un po’ di problemi dando qualche risposta, attesa da anni e promessa in campagna elettorale, permanente, dai vice premier Di Maio e Salvini, alle vittime di Banca Popolare di Vicenza, di Veneto Banca e delle quattro banche risolte (le altre 5 che sarebbero rientrate nella legge sono state esplicitamente cassate nella stesura definitiva della norma approvata nella manovra di bilancio 2019)
Il 27 dicembre 2017, facciamo un po’ di storia prima di passare alla cronaca dolente di oggi, era passata, col voto di tutti i partiti e movimenti politici, la legge 205 con pochi fondi iniziali, 25 milioni all’anno per 4 anni a partire dal 2018, ma col richiamo esplicito ai ben più consistenti fondi dormienti pari a 1.575.000.000 di euro a fine 2017 a favore delle vittime di Banca Popolare di Vicenza, di Veneto Banca e delle quattro banche risolte.
Col sostegno fuori confini del Veneto di Letizia Giorgianni (NO Salvabanche, vedi Etruria…) e, dalle nostre parti e altrove, di vari gruppi di interesse, due associazioni venete in particolare si sono battute acerrimamente e con ogni arma, a partire da quella dell’ostacolo proprio… all’informazione, contro quella legge.
Eppure la 205 fissava per la prima volta il principio rivoluzionario che se qualcuno non informa correttamente chi affida i propri risparmi ad azioni e/o obbligazioni bancarie, costui ha diritto ad essere in qualche modo indennizzato.
Le due associazioni con i loro tre show men e i loro sostenitori integralisti (e ciechi, spiace dirlo) hanno, quindi, più e più volte bloccato ogni azione per far partire massivamente la 205, che nel frattempo, però, ha già consentito di soddisfare, parzialmente ma concretamente, oltre 500 risparmiatori per giunta senza le obiezioni ora temute della Commissione Europea.
A bloccare tutto e a promettere un accesso super agevolato al Fondo Indennizzo Risparmiatori da istituire, e poi normato all’interno della legge di bilancio 2019 grazie al governo dei Vice premier Di Maio e Salvini (a oltre un anno di distanza dal primo passo fatto) e con l’esplicitazione fin dall’inizio di quel miliardo cinquecento settantacinque milioni di euro, sono stati Luigi Ugone (Noi che credevamo nella BPVi) e Andrea Arman (Coordinamento Banche di don Enrico Torta)
A benedirli c’è sempre stato il prete di Dese, ex Pd convertito ai 5 Stelle e sulla via, forse, della nuova, più conveniente folgorazione per la Lega ora vincente come gli sussurra in entrambi i lobi auricolari il suo suggeritore di sempre, l’ex candidato pentastellato Arman, l’avvocato sospeso in passato dal suo Ordine per usura.
Tutto bene?
Davanti ai tre scudieri locali più la Fratelli d’Italia Giorgianni, impegnati a scatenare le folle plaudenti, tutto bene è stato detto il 9 febbraio a Vicenza dai vice premier Di Maio e Salvini, che hanno promesso anche loro tutto e di più, checché ne dica l’Europa brutta e cattiva (lo è di certo, ma i nostri vice premier con le loro gaffe, se stupide o volute lo sanno loro, non fanno che farsene solo scudo rendendola meno attaccabile concretamente se non a fini elettorali).
Solo che quel “tutto bene” delle promesse richiede ora un atto di serietà che non risulta, oggettivamente, dalla rilettura sotto una luce meno fideistica della legge istitutiva del FIR e dalla lettura attenta della bozza del primo decreto.
Avevamo scritto che l’avremmo commentata solo dopo averla… ruminata pubblicandola, però, subito, interamente e in real time con lo svolgimento della cabina di regia, che consiglia sempre ma viene, poi, sistematicamente bypassata dai capi delle due associazioni venete, come confermato a Vicenza dai vice premier Di Maio e Salvini: “bravi, avete scritto voi la legge!“.
Allora riletta le legge e letta la bozza del decreto, se non arriveranno chiarimenti definitivi e incontrovertibili almeno dal “povero” Alessio Villarosa, anche lui vittima di qualcosa di più grande del suo indiscutibile impegno, ci sentiamo di dire che quella del 9 febbraio a Vicenza è parsa l’ennesima recita messa in scena dai vice premier Di Maio e Salvini come preludio a un decreto ancora non emanato (e che ne prevede un altro entro 45 giorni dopo il quale, se tutto passerà, scatteranno 180 giorni per…), ma soprattutto ingannevole per le vittime delle banche.
Leggiamo insieme, infatti, due passaggi contraddittori e molto preoccupanti, a dir poco, della legge griffata dai vice premier Di Maio e Salvini, che dovrebbe attuare il decreto o meglio la serie di decreti evidentemente dilatori visto che la norma, approvata in un Parlamento che conta sempre meno, ne prevedeva solo uno e entro il già passato 31 gennaio 2019.
Articolo 493 del Fondo Indennizzo Risparmiatori
Per la tutela del risparmio e per il rispetto del dovere di disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), con una dotazione iniziale di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021…
Bene, direte, ecco il miliardo cinquecento settantacinque milioni di euro “promesso” (525 milioni all’anno per tre anni).
Ma…
Articolo 503 del Fondo Indennizzo Risparmiatori
… Le risorse della contabilità speciale di cui all’articolo 7-quinquies, comma 7, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33 (alias fondi dormienti, ndr), sono versate per l’importo di 500 milioni di euro all’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 marzo 2019 e restano acquisite all’erario. Le somme non impegnate al termine di ciascun esercizio finanziario sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate negli esercizi successivi.
Domande a Di Maio e Salvini
Dopo le promesse (facilone?) di Ugone, Arman, don Torta, Giorgianni & c. cari, seri vice premier Di Maio e Salvini, al di là della complessità e delle tagliole dell’accesso tutt’altro che facile e massivo al FIR (ne abbiamo accennato qui grazie a un socio, ci torneremo a breve) sono stanziati 525 milioni all’anno per tre anni come faceva capire (sperare?) l’articolo 493 o la cifra ad oggi certa e a bilancio è quella tout court di 500 milioni come scritto e scalpellato nel successivo articolo 503 contabile, ben più serio della previsione?
È solo un, ennesimo, errore di formulazione o, sotto sotto, i vice premier Di Maio e Salvini puntano ad utilizzi diversi delle risorse promesse e, perciò, sperano che magari bastino e avanzino quei 500 milioni, forse informando poco i possibili beneficiari e riducendone enormemente la platea visto che la motivazione dell’indennizzo, il misselling massivo, sarà difficilmente applicabile a chi, tra i risparmiatori ante 2013, anno dopo il quale è acclarata la truffa informativa generalizzata, farà un’enorme, se non impossibile fatica a dimostrare quello subito prima, singolarmente e non previsto dalla legge?
Europa contenta
Non ce lo auguriamo, ovviamente speriamo di non aver capito bene noi, ma, se le nostre domande avessero un esito negativo o nessun esito, visto che promettere per avere voti è facile, mantenere le promesse per dimostrare che erano serie è più complesso, la tanta bistrattata Europa sì che sarebbe contenta e non muoverebbe obiezioni a pochi soldi, magari non tutti spesi, a favore di una platea ridotta.
Ma a quel punto ridotti dovrebbero diventare anche i consensi ai politici del governo del cambia…faccia.