Vicenza diventa città longobarda dal 568 dopo Cristo. Nell’autunno di quell’anno i barbari, pro venienti dalla Pannonia e guidati da re Alboino, penetrano senza trovare resistenza entro le mura romane e aggiungono un’altra tappa al loro percorso verso ovest. (qui tutte le puntate di “La Vicenza del passato”, ndr)
La Venetia, antica regione dell’Impero Romano, è divisa in due: la parte settentrionale è in mano ai Longobardi che la hanno sottratta ai bizantini con una penetrazione impetuosa lungo la direttrice della via consolare Postumia; la fascia costiera resta presidiata dagli imperiali, riforniti e rinforzati via mare.
Vicenza è strategica per i Longobardi
Vicenza è in una posizione strategica importantissima. Confina, infatti, con i due caposaldi bizantini di Padova e Monselice e, attraverso le valli a nord, è una potenziale via di calata per i Franchi, cattolici, storici avversari dei Longobardi, alleati dell’Impero. Sono attestati in Baviera e hanno sempre avuto di mira la pianura padana.
La città è, quindi, un caposaldo irrinunciabile: perderla, costerebbe ai guerrieri di Alboino l’isolamento, da un lato, del grosso dell’esercito che è già a Verona e, dall’altro, dei tre ducati creati a oriente (Treviso, Vittorio Veneto e Cividale).
Anche a Vicenza i Longobardi applicano le consuete modalità di occupazione. Lo strumento sono le fare, nuclei armati parentali distaccati in loco dal resto del corpo d’invasione e stanziati non solo entro la cinta muraria ma anche in presidi diffusi nel territorio.
I due presidi urbani creati dai guerrieri di Alboino
A Vicenza – come negli altri centri occupati – i Longobardi si acquartierano fuori dalle mura, probabilmente nella zona al di là del ponte romano sull’Astagus (l’Astico, che allora scorreva nel letto poi occupato dal Bacchiglione). È, infatti, un punto nevralgico della città perché, oltre ad esserci la porta orientale, da esso si dipartono due vie, la Postumia (verso Treviso e i territori occupati in Friuli) e la Gallica (che collega con Padova). E lì c’è il porto fluviale, fondamentale per l’approvvigionamento della popolazione.
All’altro capo della città i Longobardi potrebbero aver insediato un presidio militare intra moenia. Gli studiosi lo deducono, per analogia, da quanto osservato in altre città e da una analisi della mutazione della rete viaria interna rispetto all’ordine ortogonale impostato dai Romani. I guerrieri, infatti, che re Alboino lascia nelle città occupate, si acquartierano sempre in zone prossime alle mura e, nel caso di Vicenza longobarda, la parte meno protetta è quella orientale, dove non ci sono fiumi che fanno da argine naturale. La ipotesi, dunque, di un nucleo longobardo a difesa della porta verso Verona è ben fondata ed avvalorata dalle modifiche apportate a scopo difensivo alla viabilità romana. C’è anche un altro indizio: la creazione di un piazzale al di qua della cinta, che non quadra con la precedente viabilità e che si può ipotizzare (non esistono prove archeologiche) utilizzato come piazza d’armi.
Gli occupanti restano rigorosamente separati dai vicentini
I Longobardi che invadono l’Italia non sono un esercito perché è tutta la popolazione che si sposta. Tutti, infatti, sono guerrieri e le relazioni familiari e parentali s’intrecciano con la organizzazione militare. Vicenza città longobarda è abitata, quindi, non solo da armati ma anche da civili. Gli invasori restano rigorosamente separati dalla popolazione locale. Dove abitano? Anche in questo caso non ci sono riscontri archeologici e si immagina che, come altrove, risiedano fuori dalla città murata sia per mantenere le distanze – anche in senso fisico – dai vicentini, sia per la loro predisposizione al nomadismo. Si vedrà, in seguito, che rientrano nell’abitato solo quando ci sono pericoli all’esterno.
Il duca, nominato dal re e gradito agli arimanni, occupa probabilmente uno degli edifici della città romana. Secondo il Previtali, il primo duca di Vicenza, di cui non si conosce il nome, riceve l’investitura fra il 568 (l’anno della conquista della città) e il 574, in cui ha inizio il decennio di discordie fra i duchi chiamato “interregno”.
I presidi extra urbani: tre gli insediamenti attorno a Vicenza
I Longobardi distribuiscono rapidamente il loro presidio anche fuori città, sia nelle immediate vicinanze di essa che in un più vasto territorio su entrambi i lati della Via Postumia. Mantenere il controllo della consolare è, per loro, fondamentale perché essa mette in comunicazione le zone occupate in Italia.
La esistenza di questi presidi è desumibile, oltre che da ritrovamenti archeologici, anche dalla toponomastica. Oltre alle fare che ancor’oggi ci sono nei nomi di alcune località della provincia, lo si deduce dalla dedica di alcuni siti ai santi guerrieri a cui sono devoti i Longobardi (san Michele, san Giorgio, san Martino).
Attorno a Vicenza città longobarda sono stati individuati tre insediamenti. Uno nell’area in cui poi è stata costruita la chiesa di san Giorgio in Gogna, lungo la via che portava a Lonigo e in prossimità di un guado del fiume Retrone. Nella antica chiesa romanica sono murate alcune sculture di arte longobarda che appartenevano ad un sacello facente parte di un dislocamento di natura militare.
Sempre in coincidenza con un edificio religioso sono state rinvenute tracce di un presidio barbarico. È la chiesetta di san Martino nei pressi del Ponte del Marchese, a sua volta in prossimità di un fiume (in questo caso il Bacchiglione) e, quindi, in posizione strategica.
Un terzo insediamento, di cui però non è certa la localizzazione, è stato individuato in quella che, all’epoca, era periferia sud-est di Vicenza. Il sito era chiamato Vicus Domnani, lungo la Via Gallica e, sulla pianta moderna della città, si può situare all’altezza dell’istituto assistenziale san Giuliano. Vi sorgeva una cappella dedicata a santa Maria e, anche in questo caso, è presumibile la preesistenza di un presidio.