Vicenza – così inizia la prima puntata della nuova rubrica “La Vicenza del passato” (qui tutte le puntate, ndr) da noi affidata a Gianni Poggi che è non solo esperto di calcio biancorosso, qui i suoi articoli firmati su ViPiù, ma che ha anche scritto per noi con successo di bellezze meno note e di alcuni “orrori” di Vicenza, ndr) diventa formalmente romana a metà del primo secolo avanti Cristo. Le è concesso lo status di municipio in premio alla fedeltà a Giulio Cesare nella Guerra Civile: diventa “municipium optimo iure” e ai vicentini quindi spettano tutti i diritti civili e politici. Da questo riconoscimento si origina una crescita della città che dura per tutta l’età imperiale.
Chiariamo subito un punto: Vicenza non è stata conquistata da Roma, la sua è stata piuttosto una “dedizione” che, in qualche modo, ricorda quella del 1404 a Venezia e conferma la vocazione della città al gregariato e alla incapacità di autonomia che ritroveremo lungo tutta la sua storia (alcune foto seguenti non sono strettamente connesse al testo ma danno un’idea di cosa parleremo nelle prossime puntate, ndr).
Tutto il Veneto, è vero, è stato vassallo di Roma e il collaborazionismo con l’Urbe risale ad almeno due secoli prima e passa attraverso forme sempre più avanzate di integrazione fino a diventarne, sotto Ottaviano Augusto, la Decima Regio con il nome di “Venetia et Histria”.
Niente “Roma ladrona”, quindi, nella storia dei veneti e dei vicentini, nessuna pretesa di autonomia e, anzi, gradita sottomissione e riconoscenza per i cospicui vantaggi che ne derivano. Proprio com’è successo mille e cinquecento anni dopo con la Serenissima.
Quando Roma fa capolino nella “Gallia Cisalpina” Vicenza esiste già da trecento anni. La fondazione della città risale al sesto secolo A.C., quando gli abitanti delle colline circostanti scendono a valle e creano il primo insediamento sulle alture che stanno alla confluenza fra l’Astico e il Retrone. Chi sono questi protovicentini? Sono veneti, i “venetkens” che si sono sovrapposti alle primitive popolazioni autoctone.
Altro brutto colpo per i venetisti: i veneti sono turchi! Arrivano infatti dall’Anatolia e prendono possesso di tutto il territorio regionale. E anche le successive contaminazioni con altre popolazioni parlano straniero: etruschi e celti sono altrettanto “foresti” e forse è da rivedere qualche idea sulla purezza del lignaggio dei veneti. L’arrivo dei romani accentuerà ulteriormente l’ibridazione.
Perché i “montanari” scendono dai Berici e scelgono l’attuale Centro Storico per fondare Vicenza? Per motivi economici, evidentemente, visto che agricoltura, allevamento e commercio certo non prosperano sulle pendici e nei boschi delle colline. Invece la pianura sottostante è attraversata dai grandi percorsi, che vanno dal mare agli incroci con le strade verso l’Europa settentrionale e ci arrivano anche le Vie del Nord, che seguono le valli dell’Astico e della Brenta.
Sono i fiumi a determinare la scelta logistica per l’insediamento: difesa naturale, fornitura di acqua e cibo, a loro volta vie di comunicazione. Retrone e Astico (il Bacchiglione nemmeno esiste fino al dodicesimo secolo) proteggono il nuovo centro su tre fronti e, a nord ovest, ci sono laghi e paludi. Le alture all’interno della loro confluenza sono il sito ideale, sufficientemente in alto sia per evitare la contaminazione con le malsane zone acquitrinose che per creare bastioni naturali.
Ci sono già altre nuove città in Veneto: Padova e Este, Treviso e Oderzo, Concordia, Oppeano. Per Vicenza l’asse viario più importante è quello su cui, nel 148 avanti Cristo, si sovrapporrà la Postumia, la grande via costruita da Roma per collegare Genova ad Aquileia, il Tirreno con l’Adriatico. I collegamenti con Padova e con il mare sono invece fluviali.
Sono poche le tracce lasciate dai primi vicentini. La città si è sempre ricostruita su se stessa, strato su strato, e quel poco che è stato trovato è frutto di ricerche occasionali e parziali. Gli storici dell’urbanistica sono arrivati alla conclusione che la civis romana si sia sovrapposta pari pari a quella venetica: lo dimostra il reticolato viario, che non segue l’ordine rigidamente ortogonale tipico delle città romane, e l’irregolarità dell’orientamento stradale, che è dovuto a una urbanizzazione precedente.
Sull’economia protovicentina ci sono solo supposizioni visto che dal passato è tornato alla luce solo un insediamento artigianale. Probabile che i fiumi fornissero l’energia per le attività manufatturiere.
Fra i resti, molto importanti quelli di un santuario dedicato a Reitia, la principale divinità della religione venetica, che sorgeva in pieno centro e a pochi passi dalla Postumia. Duecento laminette votive, rinvenute al suo interno, hanno fornito notizie e dati sulle usanze e sull’alfabeto dei vicentini prima di Roma.
Vicenza, però, non si chiamava Vicenza, ma Berga (da cui deriva il toponimo Berico) e il nome definitivo è assurto in epoca romana. Vicetia (o Vincentia o Vicentia) deriverebbe dal latino “vincens” (cioè vincente) o dal greco Oniketia (terra dei Veneti).