Prosegue il reportage che ha portato al libro Vicenza (quasi) bellissima con una serie di aggiunte di luoghi che sarebbe il caso di sistemare.
Il quartiere San Francesco a Vicenza confina con Saviabona, Anconetta, Sant’Andrea e Astichello. Negli anni ’50 e ’60 c’era una zona che comprende l’attuale Saviabona, Astichello e in parte San Francesco che era chiamata la Cayenna di Vicenza, con riferimento al penitenziario della Guyana francese che ha ispirato anche il film Papillon. Sostanzialmente era un quartiere malfamato, abitato da brutti ceffi.
Un quartiere recente, nato con il Giubileo
La chiesa di San Francesco d’Assisi in via Pagani è stata costruita negli anni ’70, con un design discutibile, come tutte le chiese postconciliari e da quel momento la zona limitrofa ha iniziato a chiamarsi quartiere San Francesco. Alla fine degli anni ’90, con finanziamenti in gran parte legati al Giubileo del 2000, sono stati costruiti degli edifici moderni e un centro commerciale chiamato appunto Parco città, per cui oggi il quartiere è noto come San Francesco-Parco Città.
Il confronto con Padova
La zona mi ricorda due zone di Padova, una si chiama, fatalità, Padova 2000, e una si trova in un quartiere che già dal nome è tutto un programma: Mortise. In questo secondo caso si tratta di una zona molto antica, residenziale, dove si è provato a costruire un piccolo polo commerciale. Il secondo è invece un quartiere moderno con edifici architettonicamente eclettici. Almeno, nel caso di Padova 2000, è stato costruito un centro polisportivo e una piscina.
Segnali di vita
Il tentativo di creare un polo commerciale a San Francesco, pur non essendo naufragato del tutto, ha avuto dei risultati diversi da quelli sperati, evidentemente perché ha prevalso la zona commerciale che si è sviluppata a Vicenza Est (Palladio) e Torri di Quartesolo (Piramidi). Ogni tanto la zona rivive quando viene organizzata una piccola fiera, del disco, del fumetto, dell’elettronica, dell’usato, etc.
Un enorme edificio abbandonato
A parte questo, dentro la galleria spiccano posti vuoti, ma soprattutto, fuori, a parte la strana modernità degli appartamenti, spicca ancora di più un’immenso edificio incompiuto, tutt’ora transennato, che poteva essere una fabbrica, un centro commerciale, una sede per uffici. Il blocco resta lì, monolitico, come una lapide commemorativa di ciò che poteva essere e non è stato, di un’ambizione troppo grande, di un’idea abbandonata e dimenticata.