Da qualche anno a Vicenza sono comparsi cartelli che invitavano i cittadini ad avere pazienza, la città si fa bella. Uno slogan, degno di chi fa politica da sempre e sa che la parola è un gran dominatore, che “con piccolissimo corpo e invisibilissimo, divinissime cose sa compiere” e ben lo disse Gorgia da Leontini, il sofista, antesignano di molti politici e amministratori anche berici. Sorge quasi immediata la domanda: Vicenza si è poi fatta bella? Quella bellezza che per essa rivendicava Lucrezio Beccanuvoli nel 1539 (Tutte le donne vicentine, maritate, vedove e dongelle; ed.rec. Vicenza, Editrice Veneta 2008, p. 27).
Palladio, poi, rese la città, sulla scia di Vitruvio e Leon Battista Alberti, ancor più bella e Renato Cevese e Franco Barbieri nella loro Guida alla città definivano ” bellissima”. Nel 2016 un libro Documentare Vicenza curato dalla Soprintendenza e dall’Accademia Olimpica in 400 pagine con tantissime fotografie ricordava alla città la sua bellezza, preziosa e unica. Nello stesso tempo però, ma i politici pare non abbiano udito, il volume rammentava quale responsabilità si debba avere per tale bellezza, preziosa e unica. Non mancano quindi nella storia e nel tempo presente richiami precisi alla bellezza della città di Vicenza e lo attesta Guido Piovene: “Appena entro in città mi riprende la meraviglia. Il Rinascimento italiano, specie quello più tardo, quando l’architettura obbediva soltanto alla fantasia ed al piacere, ha qualche cosa di chimerico.”
Possiamo anche oggi ripetere senza retorica o usi strumentali l’affermazione che “Vicenza è bella”. Certo nel ricordo, nei libri che la celebrano, nei visitatori illustri da M de Montaigne a W. Goethe e ai tanti ignoti che l’hanno ammirata, la città è bella, ma nella quotidianità appare ancora tale? A ricercare in internet, Vicenza è detta “bellissima” dalle guide che la propongono per una visita e lo sembra, perché nella pubblicità si mostrano sempre i lati migliori, quelli che non destano sospetto di degrado, ma se si esibiscono delle bellezze, poi come vive la città? Domande impertinenti possiamo fare e constatare di persona come poco o nulla si sia fatto per almeno mantenere la bellezza di questo capolavoro di città. Infatti, il degrado la fa da padrone e in ogni parte della città, dal centro, dove, ad esempio tra i tanti, scritte sul parapetto di una delle scale della Basilica, da poco restaurata, non vengono cancellate e nemmeno viene pulita a dovere, alla periferia dove bestemmie scritte sui tronchi degli alberi non vengono cancellate, nonostante le denunce. Due esempi che però accompagnano tanti, troppi altri e denunciano l’incapacità di operare di una amministrazione che “si fa bella” a parole, ma è incapace nei fatti perfino a conservare la bellezza, come attesta la situazione di Santa Maria Nova del Palladio, abbandonata all’incuria.
Così attraverso una semplice passeggiata di cui vi mostriamo a mo’ d’esempio solo un paio di foto (un dettaglio di Palazzo Chiericati e la via che porta a Monte Berico) si può comprendere come il degrado regni e l’amministrazione della città di Vicenza non abbia nemmeno rispettato quella volontà dei propri padri che la resero “bellissima”. Noi dovremo sapere che c’è bisogno di bellezza nei nostri giorni: troppo a lungo l’abbiamo trascurata, riducendola solo ad un fatto esteriore, a qualcosa che riguarda il piacere sensibile e basta, quando va bene, negando che essa investa tutto l’uomo, tutto ciò che riguarda l’uomo dal modo di pensare, all’oggetto del pensare, dal bene, alla giustizia, all’utile. Ma di questa visione poco esiste nella propaganda politicamente corretta di Vicenza, che mira più al bell’utile della propria “carega”, piuttosto che a quello del bene civile.
Così ricordando un grande classico latino, Cicerone, possiamo parafrasarlo e dire: “Fino a quando dunque Variati abuserai della nostra pazienza?
Per buona fortuna nostra… per poco e speriamo che non abbia continuità alcuna questo modo di amministrare ciò che di bello rimane a Vicenza.