Vienna, quattro morti e ventidue feriti: in primis è un attentato antisemita

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Fiori nella zona dell'attentato a Vienna
Fiori nella zona dell'attentato a Vienna

Ufficialmente sono quattro le vittime, ventidue i feriti. Difficile fare ora la contabilità dei martiri di questo ennesimo atto criminale di matrice islamica. Il conto si farà quando tutti i feriti saranno usciti dall’ospedale e avranno ripreso la loro normale quotidianità. Di fatto, sono morte moltissime persone, tutte quelle che credono nella libertà.

Vienna, l'area ebraica nella zona dell'attentato
Vienna, l’area ebraica nella zona dell’attentato

Quello di Vienna del 2 novembre, è prima di tutto un attentato antisemita, non è una casualità che sia partito dal cuore del Quartiere Ebraico, teso a colpire gli ebrei prima, per estendersi ad altri obiettivi, l’Austria, e l’Europa buonista, colpevoli di rappresentare l’occidente in tutte le sue sfaccettature di peccato e libertà. E’ anche, l’ennesima prova del fallimento dell’integrazione, c’è poco da integrare quando non c’è volontà di condividere stili di vita apparentemente diversi

Si smetta di dire che gli attentatori sono cani sciolti, sono cellule momentaneamente dislocate di un progetto di vendetta senza fine, pronte a ritornare a casa se sopravvivranno e addestrarsi per nuovi attentati.

Polizia nella zona dell'attentato a Vienna
Polizia nella zona dell’attentato a Vienna

Isis ha rivendicato l’attentato di Vienna: “E’ un nostro soldato”. Il terrorista ucciso era un ventenne di origini macedoni, ma nato e cresciuto a Vienna, noto ai servizi e aveva già avuto una condanna a ventidue mesi di carcere per terrorismo. Trovo corretto affermare che non tutti gli uomini sono uguali, che una decina di macedoni sono “Giusti fra le Nazioni” al Museo?ad Vashem di Gerusalemme.

Le forze di sicurezza europee, avvolte nella loro arroganza, non vogliono capire che non ci sono cellule solitarie, a volte preferiscono far ricadere il problema sull’infermità mentale vera o presunta del terrorista piuttosto che affrontare la realtà. Gli avvocati lavorano per difendere i delinquenti (e qui dovrebbero esserci dei paletti), i poliziotti arrestano, i giudici assolvono e si torna a delinquere, ad assassinare persone comuni.

ienna, ebrei in fila per il visto espatrio nel 1938
ienna, ebrei in fila per il visto espatrio nel 1938

Terroristi incapaci di colpire uomini di potere, che si accaniscono su persone normali, padri e madri di famiglia, facili bersagli. Sono delinquenti della peggiore specie, venduti per un posto nel giardino di Allah e un vitalizio ai parenti. A loro non importa nulla di noi e di qualsiasi cosa noi facciamo per cercare un punto d’incontro, non va mai bene, vogliono solo la morte delle persone normali, che vivono con sobria libertà, la libertà di fare quello che vogliono e non quello che vuole Maometto o chi per lui.

Il mondo intero, in primis Europa ed America, sottovaluta (non da ieri) la minaccia crescente dell’antisemitismo, il primo obiettivo assoluto dei terroristi, dal quale portano poi le diramazioni che colpiscono altri obiettivi. Ho apprezzato molto le parole di Monsignor Camisasca durante la trasmissione Quarta Repubblica di Porro, che commentava in diretta le notizie da Vienna, un attentato partito dal quartiere ebraico, che ha colpito sei punti della città, in cui il primo degli obiettivi è stata una sinagoga, l’unica che era uscita indenne dalla Shoah.

Sono dei martiri” – ha detto Camisasca riferendosi alle vittime e ai destinatari di questi attacchi terroristici – Ci sono i martiri anche nel popolo ebraico, che nel secolo scorso è stato martirizzato durante l’olocausto. Il popolo ebraico è sotto attacco in Europa, lo è stato tante volte in Francia e ora a Vienna”. Parole forti quelle del Monsignore (speriamo Papa Francesco non lo voglia trasferire a Gaza…).

Già, negli ultimi vent’anni il 15% degli ebrei francesi ha scelto di lasciare la Francia e rifugiarsi in Israele (https://www.tempi.it/francia-ebrei-antisemitismo-musulmani-radicali-islam/). Due anni fa il funzionario governativo francese, Frédéric Potier, dichiarava «il nuovo antisemitismo è opera dei musulmani radicali, usano i vecchi messaggi che lanciava anche l’estrema destra in passato. Il cuore del problema è l’islam radicale: bisogna dirlo, bisogna dare un nome alle cose. Il governo francese si sta impegnando, ma non sta facendo abbastanza». Ed io aggiungo che l’estrema sinistra non è migliore.

In Italia i cartelli e le scritte con riferimenti a Israele o a Ebrei sono lasciati “in conto visione per l’eternità”, ci si preoccupa di più dei personaggi noti, trascurando completamente quelli che sono i punti cardine dell’antisemitismo: i piccoli segnali, figli dell’ignoranza, il vicino della porta accanto, che son ben peggiori dei messaggi rivolti alle persone conosciute, perché continuano indisturbati nel tempo, nella stessa struttura sociale, tra il menefreghismo politico locale ed il lassismo delle Forze dell’ordine.

E già che ci siamo, guardiamo un attimo all’America: in settembre repubblicani hanno proposto una  integrazione a un disegno di legge sostenuto dai democratici, l’Equity and Inclusion Enforcement Act, che consentirebbe di intentare cause civili private per violazioni delle norme federali che “vietano la discriminazione in base a razza, colore o origine nazionale in programmi o attività che ricevono contributi finanziari federali “. Più di 160 Democratici alla Camera degli Stati Uniti hanno votato contro il rafforzamento di questo emendamento per combattere l’antisemitismo, che è stato comunque approvato, anche senza il loro sostegno (https://www.israelhayom.com/2020/09/27/more-than-160-house-democrats-vote-against-anti-semitism-amendment/).

Aggiungiamo che Erdogan, personaggio che non aiuta l’antiterrorismo e la democrazia, ha rifiutato per la seconda volta l’aiuto non militare, ma umano proposto da Israele per il terremoto nell’area di Smirne. Alcuni paesi mediorientali stanno, grazie anche a Trump, distendendo i rapporti con Israele, nonostante pochi abbiano colto la notizia con gioia, anzi hanno finto di non accorgersene.

Trump non è un personaggio che mi affascina, ma Biden mi angoscia (le mani morte mi hanno sempre trasmesso grande paura): con la sua probabile vittoria (di misura, ben lontana dai pronostici) l’antisemitismo aumenterà e rallenterà i processi di pace.

Al prossimo attentato, tutti lì, a condannare la piaga dell’antisemitismo. Ipocriti, ipocriti, ipocriti… non piangete gli ebrei morti, evitate le passerelle durante il Giorno della Memoria, non avvicinatevi al Muro del Pianto, non chinate il capo davanti alle Pietre di Inciampo, voi che non siete in grado di proteggere gli ebrei vivi. Ma non piangete nemmeno gli altri martiri, il pianto è l’espressione di un sentimento che non vi appartiene. Se dovessi morire in un attentato, non vengano i politici a piangere sulla mia bara, perché ovunque io sarò, io li punirò. Se morirò di morte naturale, politici e ipocriti non sono comunque i benvenuti alle mie esequie.

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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.