Nel 2020 sono state 3110 le donne vittime di violenza prese in carico dai centri antiviolenza in Veneto, in gran parte di nazionalità italiana (68 su 100), di età compresa tra i 31 e i 50 anni, coniugate o conviventi, con titoli di studio superiori o laurea, nella metà dei casi occupate. I telefoni della rete regionale antiviolenza hanno ricevuto 7127 tra contatti e segnalazioni. I dati arrivano del report annuale sull’attività svolta dalla Regione Veneto per prevenire e contrastare alla violenza contro le donne, secondo quanto previsti dalla legge regionale 5/2013. La Commissione Sanità e Sociale del Consiglio veneto, presieduta da Sonia Brescacin (ZP) ne ha preso atto, in sede di vigilanza e controllo, approvando all’unanimità la rendicontazione 2020.
“Si tratta di un lavoro importante – commenta in un comunicato la presidente Brescacin – che dimostra che, a otto anni dall’approvazione della legge regionale 5/2013 contro la violenza maschile sulle donne, il Veneto ha strutturato una rete articolata di 48 strutture, ha investito sulla professionalità degli operatori dei servizi e ha avviato nuovi progetti, come il sostegno ai Comuni per pagare le rette per donne e minori accolti nelle case rifugio o l’individuazione, attraverso le Ater, di una riserva di alloggi per i percorsi di autonomia e reinserimento delle donne che escono dalle case rifugio. I risultati del lavoro di rete si evincono in particolare in questo periodo di emergenza pandemica: mentre a livello nazionale il numero di chiamate al telefono antiviolenza 1522 è crollato del 71 per cento nel 2020 in conseguenza degli effetti del lockdown, in Veneto chiamate e segnalazioni, dopo la flessione del primo trimestre, sono tornate alle media degli anni precedenti. Un dato che può essere interpretato alla luce della capillare campagna informativa e della capacità di intervento e tenuta della rete territoriale, nonostante l’emergenza sanitaria”.
Il report regionale segnala che il 48 per cento delle donne che hanno preso contatti con i centri antiviolenza e le case rifugio è stata inviata dai servizi territoriali. Circa la metà delle segnalazioni riguardano la violenza psicologica, seguono le segnalazioni di violenza fisica, in crescita la violenza economica.
La rete veneta dei ‘punti’ di accesso per le donne vittime di violenza conta 25 centri antiviolenza, con 35 sportelli decentrati nel territorio, e 23 case rifugio, dove hanno trovato protezione e sostegno 289 donne e minori. In media risulta attivo 1 sportello ogni 41 mila donne residenti (nel 2018 la percentuale era di 1 a 53 mila), con una distribuzione tuttavia non omogenea. Nelle province di Padova e Vicenza la presenza di posti letto nelle case rifugio è superiore alla media regionale, ma a Verona, Treviso e Venezia l’offerta di strutture protette è inferiore agli standard regionali; Rovigo e Belluno risultano invece nella media.
Lo scorso anno la Regione ha finanziato la rete dei centri e delle strutture con 700 mila euro, in pratica 14.500 euro a struttura, che si reggono grazie al volontariato, all’autofinanziamento e ai finanziamenti pubblici, statali e regionali, che convergono in una programmazione unitaria. La quota 2020 dei finanziamenti statali destinati al Veneto ammonta a 2,3 milioni: di questi quasi 1,6 sono destinati alla gestione dei centri di accoglienza e delle case rifugio (con una media di finanziamento per struttura tra i 30 e i 37 mila euro, a seconda della tipologia), e 728 mila euro a specifiche linee di intervento, come i corsi per operatori sanitari dell’area urgenza ed emergenza organizzati dalla Fondazione di Sanità Pubblica, gli interventi educativi nelle scuole, la campagna di sensibilizzazione ‘Mai da sola- affidati alla rete’, i contributi ai Comitati dei Sindaci per sostenere le rette nelle strutture di protezione per donne e minori, e il sostegno alle 7 strutture attive nel territorio regionale per uomini ‘ maltrattanti’.
Il Veneto è capofila, infatti, di un progetto europeo di partenariato per percorsi per uomini autori di violenza e di prevenzione degli abusi nelle relazioni affettive e di contrasto alla cyberviolenza.
La commissione ha inoltre approvato, sempre con voto unanime, la relazione 2020 sull’attività del Garante regionale per i diritti della persona.